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Giovedì 2 Maggio 2024 09:05

Il manifesto della poetica di Barnes

Julian Barnes, scrittore britannico
Julian Barnes, scrittore britannico
"Elisabeth Finch" e il ribaltamento ironico della realtà, nella calcolata presa di distanza da ogni illusione palingenetica o consolazione religiosa, fermo restando la fede nell’essere umano

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Julian Barnes, scrittore britannico
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«Ah, recitare – disse -, l’esempio perfetto di come l’artificio produca autenticità »: in questa battuta, pronunciata dalla professoressa, invenzione letteraria, alla quale Julian Barnes dedica il suo ultimo libro (Elisabeth Finch, Einaudi, traduzione di Susanna Basso), si cela il manifesto di una poetica, quella dello scrittore inglese nato a Leicester nel 1946, forse il più importante della sua epoca, tesa al ribaltamento ironico della realtà, nella calcolata presa di distanza da ogni illusione palingenetica, da qualsiasi consolazione religiosa, fermo restando la fede nell’essere umano quale creatura pensante alla continua ricerca sul senso o non senso attribuibile alla vita.

In questa prospettiva Elisabeth Finch era stata la massima eroina. Il romanzo appare diviso in tre parti: nella prima uno degli alunni preferiti, Neil, l’io-narratore, celebra, con suprema nonchalance stilistica, il carisma della sua indimenticabile insegnante, prematuramente scomparsa («non considerava le lezioni come singole porzioni di tempo nel corso delle quali una determinata quantità di nozioni doveva essere trasmessa, discussa e assimilata. Amava che continuassimo a elaborare le idee che aveva messo a nostra disposizione. Di conseguenza il nostro tempo insieme diventava più libero e indefinito»). Nella seconda parte il diarista, dopo aver ricevuto in eredità dalla docente vari appunti e materiali preziosi, compone il racconto su Giuliano l’Apostata che lei avrebbe voluto scrivere e trova conferma, nella rievocazione dell’imperatore romano il quale intese tornare al paganesimo negando il cristianesimo, di molte delle intuizioni di Elisabeth, prima fra tutte la sfiducia nei confronti di qualsiasi visione esclusiva («-Monoteismo… Monomania. Monogamia. Monotonia. Niente di buono inizia con questo prefisso…»).

Nella terza parte Neil non smette di interrogare il fantasma della donna che ha segnato la sua esistenza: approfondisce il rapporto col fratello della defunta, va in Olanda a incontrare una delle vecchie allieve, con cui lui stesso, sposato e divorziato, aveva avuto una relazione, scrive a uno scolaro che invece non l’amava; insomma cerca in ogni modo di scoprire i misteri della studiosa, riservata e tuttavia ferma e decisa ad affermare le proprie idee, fino al punto di aver dovuto fronteggiare una violenta polemica pubblica dopo una conferenza sostanzialmente fraintesa. Non trova niente, resta a mani vuote, come spesso gli è capitato (la figlia adolescente lo ha soprannominato “il Re dei Progetti Incompiuti”), ma questo nulla di fatto, a ben riflettere, s’identifica con la consapevolezza di vanità che Elisabeth gli ha introiettato: «Potremmo lasciare un’impronta sulla sabbia che la prima folata di vento spazzerà via. O magari nella polvere, e potrebbe succedere che ne sopravviva per secoli un calco perfetto perché il caso ha voluto che vivessimo a Pompei».

2 maggio 2024

 

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