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Giovedì 18 Marzo 2021 15:03

Alla ricerca dell’amore esclusivo

Raffaella Mammone è una scrittrice molto attenta ai temi sociali e risoluta nell’esporli. Sull’argomento “amore” non solo quello che “move 
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Raffaella Mammone è una scrittrice molto attenta ai temi sociali e risoluta nell’esporli. Sull’argomento “amore” non solo quello che “move il sole e l’altre stelle ”, ha pubblicato il libro “L’amore è uno soltanto” (edizioni Terra del Sole). Leggerlo è come vedere un film grazie ad uno stile di scrittura immediata.

Si tratta di una storia in cui i personaggi con distinte personalità e differenti gradi sociali e culturali, si muovono ognuno per la propria strada, ma con l’esclusivo desiderio di appagare qualcosa di individuale. Un sequestro finito in tragedia pone la protagonista davanti al quesito se e sino a che punto tutti coloro che vivono la vicenda concepiscano l’unico sentimento che potrebbe salvare il genere umano, ossia l’amore, come davvero vitale.

Ecco una breve intervista che abbiamo fatto per il nostro giornale

Domanda – Cosa le ha suggerito scrivere questo libro?

Risposta – Come sosteneva la grande Oriana Fallaci, “c’è sempre dell’autobiografico nei nostri scritti”, e così posso dire che è stato il mio vissuto a fare da “suggeritore”. Tra le esperienze cito uno stalking subìto cui non è ancora stata resa giustizia, esperienze con narcisisti perversi e la sperimentazione della dipendenza affettiva. Le parole si sono spontaneamente incamminate intrecciandosi in quello che solo via via ha assunto le sembianze del romanzo psico-noir, nel quale diversi sono i temi sociali legati all’educazione sentimentale moderna che vengono affrontati: il primo è la violenza di genere. Non a caso nella copertina del libro la mano raffigurata è femminile e le catene cingono un uomo in ginocchio: ho voluto in qualche modo sovvertire le parti e disegnare una speranza, lasciando passare il messaggio che se le donne afflitte da dipendenza affettiva riuscissero a comprendere che non è amore sentirsi annientate psicologicamente, non è amore rinunciare a sé stesse per un altro e che l’amore è invece condivisione e corrispondenza, potrebbero smettere di essere prede.

D – Tra i personaggi ai quali ha dato un ruolo, chi è il migliore e chi il peggiore?


R – Il peggiore è sicuramente l’uomo in catene, Pietro, crudelmente tenuto in ostaggio “in un anfratto buio e puzzolente” da uno spietato carnefice. Pietro, il criminale emotivo, aveva avuto con la protagonista, Clara, una relazione dove tutti i canoni della manipolazione narcisistica erano stati adoperati per impoverirla emotivamente.

Il migliore, senza ombra di dubbio, è l’Ispettore Capo della Polizia Penitenziaria che conduce le indagini, Noah Corr. Irlandese dalla carnagione scura e magnetici occhi neri, bello da togliere il fiato, appena arrivato in città, è il personaggio che fa di nuovo innamorare Clara. Ed è a lui che lei cede e si abbandona quando, a metà della storia, trova consolazione solamente nella sua dolce e rassicurante presenza. Tuttavia anche Noah è un anaffettivo, dalla personalità codipendente come Clara, un uomo che fa fatica a provare emozioni perché le emozioni sono una parte molto problematica da gestire, per cui si difende da quel mondo emotivo ritraendosi.

D – L’amore è uno soltanto, ossia esclusivo, dopo varie esperienze?

R – Da Saffo a Shakespeare scopriamo che l’amore resta il sentimento più difficile da spiegare. Tutti gli scrittori, prima o poi, hanno provato a raccontare l’amore, in molti casi lasciando ai posteri citazioni celebri. Mi piace citare un dialogo tratto dal film “Il Primo cavaliere” quando Ginevra risponde ad Artù, che le ha appena detto: “Sposa il re, ma ama l’uomo” dicendo: “conosco un solo modo di amare, mio signore. E cioè con il corpo, con il cuore e con l’anima.”

Quindi no, l’amore è uno soltanto non perché esclusivo, ma perché esiste un solo modo di amare, se si è persone capaci di amore. L’amore ha una sola forma, un unico modo.

D – In questa storia “L’amore è uno soltanto”, l’omicida non paga per l’atto compiuto: è un’apoteosi della vendetta nel nome dell’amore?

R – Potremmo leggerla in questa chiave, si. L’omicida, per spezzare lo schema della dipendenza affettiva che aveva caratterizzato il suo rapporto con la vittima, sceglie la vendetta espressa come violenza sadica e inumana. Potremmo dire che la sua è una vera e propria “danza della rabbia”, la dimostrazione di come la relazione perversa e l’amore malato possano trasformarsi in una discesa verso l’inferno.

D – E possibile continuare a leggere questa vicenda dopo la parola fine?

R – “Ogni omicida è probabilmente il vecchio amico di qualcuno.” scriveva Agatha Christie.

Clara è rimasta nascosta, ma non è sola…preparatevi, il seguito sta per arrivare.

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