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Giovedì 8 Aprile 2021 07:04

Carcere Casal del Marmo: l’arte come nuova speranza

L’arte all’interno del carcere si pone l’obiettivo di essere uno strumento per il recupero e il reinserimento dei ragazzi, ed 
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L’arte all’interno del carcere si pone l’obiettivo di essere uno strumento per il recupero e il reinserimento dei ragazzi, ed è stata proposta dagli ospiti dell’IPM Casal del Marmo a Roma. Amore e speranza, un saggio di varia umanità, un progetto che si inserisce in un quadro di orientamento formativo dove il carcere non viene considerato un edificio isolato, perché ha un prima e un dopo. I giovani hanno voluto testimoniare la loro ferma intenzione di rientrare presto nei circuiti della società, pensando a chi non li ha dimenticati neanche nei momenti più bui della pandemia: Papa Francesco. Per il Pontefice hanno realizzato un ramo d’ulivo, rivestito d’argento, che arriverà nei prossimi giorni a Santa Marta. L’idea è nata dalla proposta del maestro Maurizio Lauri, fondatore dell’Accademia internazionale arti e restauro, e dal suo collaboratore Rocco Bongarzone, che segue il laboratorio di artigianato interno al carcere attivo da circa tre anni. Qui una ventina di ragazzi lavorano il metallo, restaurano gioielli e icone sacre.

«Il mestiere di creare, nome che abbiamo scelto per la nostra proposta, prevede un ambito sociale che introduce nei programmi di recupero della popolazione detenuta, lo svolgimento di corsi professionalizzanti orientati all’occupabilità e autoimprenditorialità, che possano trasferire agli allievi saperi diversi e abilitino al lavoro in équipe», spiega Lauri, chiarendo che la sua accademia adotta le modalità operative tipiche della scuola diffusa che prevede l’allestimento di unità operative e di cantieri di lavoro nei luoghi ove si presentino emergenze o bisogni culturali. Esemplari a tal riguardo, «sono stati i casi di calamità naturali che hanno determinato l’esodo delle popolazioni con conseguente dispersione scolastica dei giovani, o quelli causati dalla perdita della libertà personale, per carcerazione o per sopraggiunto trauma fisico». Tra le realtà coinvolte, anche la Casa circondariale San Domenico di Cassino e quella di Rebibbia a Roma. Lauri si dice soddisfatto dei risultati ottenuti, definendoli «di massimo interesse» in quanto, secondo lui, «dimostrano come sia possibile qualificare professionalmente la popolazione detenuta attraverso le strade della creatività e dei mestieri dell’arte, garantendo un’offerta formativa adeguata e ricorrente, sviluppata in percorsi modulari, comprensivi di stage applicativo. Nel caso specifico — prosegue — l’aver offerto un’opportunità qualificante ha determinato nei destinatari un forte interesse, una totale partecipazione e un’attesa circa la possibilità di poter sviluppare le competenze e le abilità acquisite attraverso ulteriori esperienze formative e di poterle applicare nella fabbricazione di manufatti destinati alla vendita».

La direttrice dell’Ipm Casal del Marmo, Nadia Cersosimo, rivela: «In questo momento in cui le persone hanno per forza dovuto rinunciare alla relazione con l’altro, alla vita comunitaria, alla condivisione, ci è sembrato giusto che dall’Istituto penale minorile — carcere nel carcere, luogo in cui anche il covid è stato vissuto nel dolore maggiore di quegli abbracci familiari, che non ci sono mai stati per questi ragazzi e che potevano esserci — dovesse partire un messaggio di ripresa, di speranza». La direttrice aggiunge che «così come nel racconto biblico la colomba reca il ramoscello di ulivo in segno di rinnovamento della vita, di riconciliazione tra la terra e il cielo, i ragazzi hanno voluto con il ramo di ulivo, dono simbolico al Papa, rappresentare la loro volontà di essere pronti alla riconciliazione con la società». Sono state necessarie trenta ore di lavoro per la realizzazione dell’opera, segnate da fasi lunghe e delicate: dalla posa in cera del ramo alla plasmatura che rende unico ogni pezzo trattato, poi il bagno nel rame, nell’argento e per, finire, la lucidatura. «Ciò ha reso possibile una contestuale riflessione anche sul percorso di ognuno di loro. Sul valore della pena e su quanto la vita di ogni ragazzo possa essere plasmata, bagnata nei metalli preziosi e lucidata per essere vissuta al servizio di una comunità da cui si sono allontanati per il danno causato», precisa la direttrice. Allora il ramo di ulivo «ha rappresentato per i nostri ragazzi un dono augurale per il Santo Padre e per tutti il simbolo di Cristo che con il suo sacrificio diventa strumento di riconciliazione e pace per l’umanità e per i nostri giovani che, per la grande attenzione che Papa Francesco ha loro concesso sin dall’inizio del suo pontificato, si sono sentiti amati con il cuore di un Padre che ha rivolto loro lo stesso sguardo di tenerezza che Dio ha rivolto a Gesù attraverso san Giuseppe».

A ispirare il ramoscello dei ragazzi di Casal del Marmo sono state le fronde che provengono dalla potatura di una pianta secolare dono del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu a Benedetto XVI, messa a dimora nel 2011 nei Giardini vaticani.

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