Mercoledì 19 Gennaio 2022 11:01
Filastrocche della nera luce
26/01/22 Teatro Palladium Filastrocche della nera luce Cronache della Shoah con Lorenzo Macrì, Evelina Meghnagi e Giuseppe Manfridi di Giuseppe Manfridi Ninnananna ninnaò, questo bimbo a chi lo do? Così comincia una delle tante versioni della filastrocca più bella, quella sussurrata dalla mamma al bambino che si sta addormentando.Già, che si sta addormentando. Addormentarsi vuol dire entrare nel buio, nel […]
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26/01/22
Teatro Palladium
Filastrocche della nera luce
Cronache della Shoah
Cronache della Shoah
con Lorenzo Macrì, Evelina Meghnagi e Giuseppe Manfridi
di Giuseppe Manfridi
Ninnananna ninnaò, questo bimbo a chi lo do? Così comincia una delle tante versioni della filastrocca più bella, quella sussurrata dalla mamma al bambino che si sta addormentando.
Già, che si sta addormentando. Addormentarsi vuol dire entrare nel buio, nel mistero, nell’assenza di sé; vuol dire abbandonare le certezze per l’ignoto; vuol dire, con buona probabilità avere paura, forse terrore. In quel gesto ancestrale sta tutto il senso della filastrocca: addolcire, attutire, proteggere da un male, da un dolore, da una rinuncia. Da questo punto di vista, le Filastrocche della nera luce (Cronache della Shoah) rivelano già nella lancinante contraddizione del titolo le due nature all’apparenza inconciliabili del racconto: la tragedia dell’Olocausto in forma di filastrocche. Ma come? Una materia così grave accomodata in una forma che si usa per le fiabe dei bambini? Esattamente. Di fronte agli abissi del male siamo tutti bambini e ci mettiamo in ascolto pieni di speranza e di paura.
Lo spettacolo si compone di un intarsio di canti del repertorio ebraico e di filastrocche tratte dall’omonimo libro di Giuseppe Manfridi la cui interpretazione è affidata, con un intervento dello stesso autore, a Lorenzo Macrì ed Evelina Meghnagi.
Già, che si sta addormentando. Addormentarsi vuol dire entrare nel buio, nel mistero, nell’assenza di sé; vuol dire abbandonare le certezze per l’ignoto; vuol dire, con buona probabilità avere paura, forse terrore. In quel gesto ancestrale sta tutto il senso della filastrocca: addolcire, attutire, proteggere da un male, da un dolore, da una rinuncia. Da questo punto di vista, le Filastrocche della nera luce (Cronache della Shoah) rivelano già nella lancinante contraddizione del titolo le due nature all’apparenza inconciliabili del racconto: la tragedia dell’Olocausto in forma di filastrocche. Ma come? Una materia così grave accomodata in una forma che si usa per le fiabe dei bambini? Esattamente. Di fronte agli abissi del male siamo tutti bambini e ci mettiamo in ascolto pieni di speranza e di paura.
Lo spettacolo si compone di un intarsio di canti del repertorio ebraico e di filastrocche tratte dall’omonimo libro di Giuseppe Manfridi la cui interpretazione è affidata, con un intervento dello stesso autore, a Lorenzo Macrì ed Evelina Meghnagi.
Il programma potrebbe subire variazioni
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