Servizi > Feed-O-Matic > 197967 🔗

Venerdì 21 Gennaio 2022 17:01

Caravaggio e Artemisia, la sfida di Giuditta

Giuditta e Oloferne (Caravaggio)
Giuditta e Oloferne (Caravaggio)
La mostra a Palazzo Barberini mette a confronto celebri dipinti di artisti sulla figura dell’Antico Testamento

L'articolo
Caravaggio e Artemisia, la sfida di Giuditta
proviene da
RomaSette
.

leggi la notizia su RomaSette



Giuditta e Oloferne (Caravaggio)
Giuditta e Oloferne (Caravaggio)
Violenza e seduzione, inscindibili e parimenti carichi di pathos, emergono in modo dirompente nella raffigurazione dell’episodio biblico di Giuditta e Oloferne; tema che ha ispirato i capolavori di Caravaggio, Artemisia e Orazio Gentileschi, Tintoretto e tanti altri artisti che una bella mostra a Palazzo Barberini mette a confronto.

Non occorre essere storici dell’arte o intenditori per apprezzare tali dipinti; né è da temere la ripetitività del tema: le virtù, l’eroismo della vedova ebrea, della città di Betulia, che salvò il popolo d’Israele dalle armate del generale assiro Oloferne, sono chiaramente declinate in ambientazioni e suggestioni che riflettano i tempi di composizione e l’interpretazione dell’episodio da parte dei vari artisti. Episodio riportato nell’Antico Testamento, in cui si racconta come Giuditta finse di schierarsi col generale, per poi decapitarlo in un banchetto che ne avrebbe dovuto celebrare la vittoria.

La mostra a Palazzo Barberini si snoda in quattro sezioni, ma è indubbio che la tela di Caravaggio domini sulle altre. Peraltro, la collocazione all’interno della mostra, rispetto a quella abituale, ne esalta ancor più la teatralità della rappresentazione. Come in uso nel teatro del’600, il pittore, a differenza di Tintoretto, non indulge nei dettagli: affida la potenza della raffigurazione ai tre soggetti – Giuditta, Oloferne e la fantesca Abra – in primo piano a 3/4.  La veemenza della decapitazione e la sensualità di Giuditta – “una fornarina del Naturalismo”, come la definì Longhi – costituirono un modello iconografico di rottura con la tradizione, anche nella scelta del formato orizzontale.

Formato imitato dai pittori coevi, come si evince nella mostra. Tutto concorre ad aumentare, nell’immaginario collettivo, il fascino del pittore: per secoli, fino al ritrovamento nel 1951, si perse memoria del capolavoro, custodito gelosamente dal committente Costa. Pico Cellini, uno dei massimi restauratori del ’900, lo riscoprì in un palazzo romano di via Giulia, sporchissimo e con un buco.

Trent’anni dopo (la tela gli era stata mostrata come un Gentileschi) il restauratore ne inviò le foto al critico Longhi, che ne confermò l’attribuzione al Merisi. La tela fu acquistata negli anni ‘70 dal Ministero per 250 milioni e oggi è patrimonio della Galleria Barberini.

È probabile che Artemisia Gentileschi, date anche le frequentazioni del padre Orazio con Caravaggio, ebbe accesso all’atelier del pittore e ne ammirò l’opera. La scelta di priviliegiare il momento culminante della decapitazione è in generale contestualizzabile: nel 600  le decapitazioni erano pubbliche per disincentivare i crimini. Tuttavia, con scetticismo si accoglie la tesi che Caravaggio si sia ispirato all’esecuzione di Beatrice Cenci, di cui nelle collezioni della Galleria si segnala il celebre ritratto di Guido Reni.  Il caso della fanciulla, rea, insieme alla matrigna, di aver assassinato il padre, per la compostezza e delicata bellezza aveva scosso l’opinione pubblica romana. E Caravaggio sicuramente ne aveva notizia e forse aveva anche assistito all’esecuzione. È accolta invece con favore l’interpretazione psicoanalitica secondo cui la raffigurazione di Artemisia dell’episodio biblico dalla parte dell’eroina, exemplum virtutis , sia dovuta allo stupro subito da Agostino Tassi, condannato in tribunale.  La seconda tela di Artemisia cerca di normalizzare il soggetto in un altro momento del dramma.

La “pittora” per antonomasia più volte si cimentò con il soggetto e grazie a lei divenne un genere richiestissimo nelle corti europee. Alcuni artisti fondono elementi delle rappresentazioni di artemisia e di Caravaggio, altri come Guido Cagnacci e Mattia Preti si discostano dai precedenti modelli, rappresentando Giuditta mentre porge la testa di Oloferne ad Abra e rivolge lo sguardo verso il cielo in muta preghiera di ringraziamento.

Offre spunti di riflessione la sezione conclusiva dedicata al confronto tra il tema di Giuditta e Oloferne e quello di Davide e Golia, accomunati dalla lettura allegorica della vittoria della virtù, dell’astuzia e della giovinezza sulla forza bruta del tiranno, che finisce decapitato.  Confronto esteso anche alla decapitazione di Giovanni Battista, in  cui si nota l’ambigua associazione tra le figure di Giuditta e Salomè.

 

Caravaggio e Artemisia: la sfida di Giuditta. Violenza e seduzione nella pittura tra 500 e 600 c/o Palazzo Barberini, via delle Quattro Fontane, 13, Fino al 27 marzo 2022. Curatore: Maria Cristina Terzaghi. Orari: da Martedì a Domenica dalle 10.00 alle 18.00. Obbligo di prenotazione nei week-end.  Solo mostra: Intero 7 € – Ridotto 2 € (ragazzi dai 18 ai 25 anni).   Mostra e museo: Intero 15 € – Ridotto 4 € (ragazzi dai 18 ai 25 anni). Solo museo: Intero 12 € – Ridotto 2 € (ragazzi dai 18 ai 25 anni).

 

21 gennaio 2022

L'articolo
Caravaggio e Artemisia, la sfida di Giuditta
proviene da
RomaSette
.

Questo sito utilizza cookie tecnici, anche di terze parti, per migliorare i servizi offerti e ottimizzare l’esperienza dell’utente. Si prega di leggere l'informativa sulla privacy. Chiudendo questo banner si accettano le condizioni sulla privacy e si acconsente all’utilizzo dei cookie.
CHIUDI