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Venerdì 17 Giugno 2022 16:06

Alle viste la strage degli innocenti

Secondo quanto previsto dalla Regione Lazio dovranno essere 50mila i cinghiali da abbattere sul territorio regionale, riserve e parchi compresi, al fine di ridurre l’eccessiva pressione esercitata dal soprannumero e ridurre contemporaneamente il rischio di diffusione della peste suina. Si tratta di un numero enorme e che riguarderebbe i due terzi della popolazione di ungulati […]

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Secondo quanto previsto dalla Regione Lazio dovranno essere 50mila i cinghiali da abbattere sul territorio regionale, riserve e parchi compresi, al fine di ridurre l’eccessiva pressione esercitata dal soprannumero e ridurre contemporaneamente il rischio di diffusione della peste suina.

Si tratta di un numero enorme e che riguarderebbe i due terzi della popolazione di ungulati nel Lazio (circa 75.000 capi); probabilmente si è arrivati a questa cifra tenendo conto delle norme previste in materia di contenimento delle epidemie che prevedono un abbattimento pari al doppio degli esemplari cacciati nell’anno.

Una vera e propria strage; ma facciamo subito chiarezza. Titolando questo articolo “La strage degli innocenti” non ci siamo voluti schierare dalla parte degli animalisti né di chi è contro, per principio, agli abbattimenti selettivi. L’eccessivo numero di cinghiali sul nostro territorio li rende senza alcun dubbio “colpevoli” di incidenti (alcuni mortali) e danni notevoli all’agricoltura; ma allo stesso tempo dobbiamo anche considerarli “innocenti” in quanto parliamo di animali che si comportano secondo il loro istinto e la loro biologia.

A conti fatti i colpevoli non sono i cinghiali ma coloro i quali  hanno consentito, per motivi diversi, la loro diffusione abnorme sull’intero territorio nazionale senza adottare nel corso di decenni alcuna misura di contenimento.

Se volessimo solo limitarci a quanto succede a Roma Nord già nel lontano 2009, tredici anni fa, questa testata registrava gli allarmi di chi risiedeva nel Parco di Veio e nei pressi delle Riserve a cavaliere della Via Cassia. Un residente di Roma Nord così infatti scriveva alla nostra redazione: “Vorrei denunciare quello che ormai sta diventando un incubo […]. Abito in una zona splendida, praticamente mi ritrovo in campagna a poche centinaia di metri da Corso Francia […] ora uscire la sera è un rischio, e non per paura di incontrare malintenzionati ma per quella di incontrare i cinghiali. Scendono all’imbrunire, in branchi, si avvicinano alle case […] spaventano i proprietari che portano a passeggio i cani […]”

In tredici anni cosa è stato fatto?  Nulla. Anzi si è lasciato correre tanto da trasformare il fenomeno in emergenza nazionale.

Oggi si cerca di correre ai ripari con una politica degli abbattimenti che per la sua portata suscita infinite perplessità; non solo per il numero altissimo (ma quanti cacciatori o soppressori ci vorranno?) ma anche per le modalità: caccia notturna (?) con sedazione degli animali e successiva eutanasia da parte di un veterinario e infine smaltimento delle carcasse.

Ci chiediamo come sia possibile; in base a norme di legge, solo i veterinari sono autorizzati alla detenzione e trasporto delle sostanze narcotizzanti.  Quindi ogni cacciatore dovrà essere affiancato da un veterinario? Qualcosa ci sfugge.

L’esempio arriva dalla Regione Piemonte dove è stata decretata l’uccisione di 50mila cinghiali autorizzando una “caccia senza limiti” (di giorno e di notte condotta non solo da personale autorizzato e preparato ma anche dai proprietari dei fondi). Ebbene, da gennaio a giugno 2022 i  capi abbattuti sono solo 2mila. Di questo passo ci vorranno quasi 12 anni, un periodo in cui i cinghiali si saranno riprodotti ad un ritmo almeno doppio di quello degli abbattimenti.

Difficile credere che la Regione Lazio oggettivamente riesca a far meglio e quindi se l’abbattimento di 50.000 capi non avverrà in un anno il provvedimento non avrà alcun effetto sulla popolazione degli ungulati capaci di riprodursi a ritmo elevato.

Di fronte a un provvedimento che dal punto di vista della praticità pare essere un flop annunciato, emerge la colpa e l’incapacità di chi ha gestito nei decenni il territorio e la fauna selvatica. Comunque, mentre scriviamo ancora non è chiaro se gli abbattimenti si faranno e se nel numero indicato.  Ma una cosa è certa: a pagare il salatissimo conto saranno, oltre agli innocenti cinghiali, anche gli innocenti contribuenti.

Francesco Gargaglia

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