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Sabato 25 Giugno 2022 09:06

Rosini: «Formare cristiani che vivano il matrimonio, non matrimoni verniciati di cristianesimo»



Il sacerdote, direttore del Servizio diocesano per le vocazioni, è intervenuto al Convegno teologico pastorale, nell'ambito del X Incontro mondiale delle famiglie. Al centro, l'accompagnamento delle coppie e il fidanzamento, «tempo della massima incertezza»

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È ormai evidente da molto tempo che uno dei problemi con cui deve confrontarsi la Chiesa è la preparazione dei giovani alla vita matrimoniale e l’accompagnamento delle coppie. Di conseguenza, la formazione di pastori che sappiano svolgere adeguatamente questo ruolo, in stretta collaborazione con le famiglie. Un tema importante e urgente, che è stato affrontato nel pomeriggio di ieri, 24 giugno, seconda giornata del Convegno teologico pastorale nell’ambito del X Incontro mondiale delle famiglie, dedicata alla vocazione.

Proprio sulla preparazione al matrimonio e sulla formazione dei pastori si è incentrato l’intervento di don Fabio Rosini, direttore del Servizio per le vocazioni della diocesi di Roma, sacerdote molto conosciuto per le sue catechesi sul Decalogo e sui Sette Segni del Vangelo di Giovanni. «Parlare in modo utile della formazione di sacerdoti e seminaristi che possano validamente accompagnare un catecumenato pre-matrimoniale vuol dire mettere il dito nella piaga della formazione sacerdotale, che soffre la lentezza di assimilare il cambiamento di epoca giustamente e opportunamente segnalato da Papa Francesco», ha sottolineato don Fabio. Che ha messo in guardia dal rischio di “fornire informazioni”, dovuto all’impronta formativa dei preti, mentre «l’arte della traditio è l’arte di allevare, verbo che vuol dire molte cose, dal nutrire opportunamente fino al rendere autonomi coloro che vengono guidati. Esattamente come deve fare qualunque genitore».

Dunque, impostare la formazione prematrimoniale «come un corso “istruttivo” composto di belle cose da capire» significa fallire «nella nostra missione di dare sostanza alla formazione al matrimonio. È necessario tornare alla prima sensibilità cristiana, che implicava un sentiero pratico, esperienziale, liturgico e garantito dai confessores, che dall’alto della loro esperienza, assicuravano davanti al vescovo la prontezza dei candidati al battesimo». In sostanza, non basta “istruire”, occorre fare un’esperienza «oggettiva di addestramento alla vita sponsale e alla genitorialità, abbiamo bisogno di una nuova generazione di seminaristi e di preti. Come si può, altrimenti, divenire buone guide di un sentiero mai percorso? La nostra necessità sarà formare in una chiave di apprendistato pragmatico e non solo intellettualistico, coloro che dovranno guidare nel sentiero della conversione il popolo di Dio e i giovani che si preparano al matrimonio». Con un risvolto essenziale per la vita stessa della Chiesa. Non si può, infatti, perdere di vista l’obiettivo: «La costruzione della Chiesa, che è l’unica autentica vocazione di ogni battezzato. Il percorso della formazione sponsale non tende a un semplice abbinamento di matrimoni ma alla formazione di famiglie cristiane ossia di piccole Chiese, di cristiani che vivano il matrimonio, non di matrimoni verniciati di cristianesimo». In questo quadro è fondamentale la collaborazione con i laici: «I buoni maestri non sono i grandi solisti ma coloro che hanno faticato per diventare musicisti, coloro che hanno sperimentato le difficoltà degli apprendisti e sanno aiutare a superarle. Queste sono le coppie che ci servono per guidare un vero sentiero di addestramento al matrimonio, e questi sono i preti che ci servono»,  ha concluso don Rosini.

Ad accompagnare Rosini nella testimonianza c’erano i suoi collaboratori Angelo ed Elisa Carfì, sposati da 15 anni e genitori di 4 figli, che hanno messo in evidenza l’importanza del fidanzamento: «La coppia di laici insieme al sacerdote accompagna i fidanzati attraverso il loro proprio deserto. Il fidanzamento è infatti un tempo della vita caratterizzato dalla massima incertezza in cui la persona è portata a confrontarsi, spesso molto duramente, con le proprie relazioni fondamentali: con sé, la propria storia personale, Dio, la persona amata. Nulla è stato ancora confermato, molto può essere facilmente falsificato». Come ricordava poco prima di morire Chiara Corbella, che conosceva bene questo percorso, «la parte più difficile della sua vita era stata il fidanzamento» perché, hanno detto i coniugi Carfì, «era stato il tempo in cui abbandonare le proprie “strategie di conquista”, il tempo in cui imparare ad aspettare, il tempo in cui davvero fidarsi che il suo sposo Enrico le sarebbe stato donato dalla mano di Dio. Per lei ed Enrico, il fidanzamento è stata la palestra per maturare quell’abbandono in Dio che ha successivamente caratterizzato la loro incredibile esperienza matrimoniale».

Le altre testimonianze sono arrivate da Madrid e da Taiwan. Gli spagnoli Antonio Crespo e Celia Maria Cuevas, impegnati nella pastorale familiare, hanno parlato del disorientamento dei giovani nel comprendere il vero amore e della distorsione nel vivere la sessualità che viene proposta oggi. Spesso, i genitori sono impreparati nell’affrontare la questione con i propri figli. È uno dei motivi che li ha spinti ad avviare, insieme ad altri, Goodlove, «un luogo di incontro e scambio per tutti coloro che sono impegnati a fornire ai giovani un’educazione all’amore in accordo con i valori e l’antropologia cristiana. È rivolto – hanno spiegato – soprattutto ai genitori, primi e principali educatori dei propri figli, ma anche ad altri educatori e istituzioni che collaborano nell’educazione». Goodlove è una realtà di gruppi di lavoro ormai presente in diversi Paesi, tra cui l’Italia.

Clare Jiayann Yeh e Joseph Teyu Chou, sposati da 28 anni, due figli adulti, hanno invece parlato della loro esperienza di accompagnamento. In particolare, hanno sottolineato l’importanza dell’ascolto, che nel periodo della pandemia si è tradotto a Taipei in una “family hotline” con 20 volontari pronti ad ascoltare le coppie al telefono o in via telematica.

25 giugno 2022

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