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Martedì 6 Dicembre 2022 09:12

L’ascolto, tra orecchio e cuore, che accomuna Dio e l’uomo



La teologa Manes e il rav Carucci Viterbi a confronto, nel secondo appuntamento del cammino promosso da Ufficio diocesano ecumenismo e dialogo e Comunità ebraica

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Ascoltare per entrare in relazione, con Dio e con gli altri. Sulla dimensione dell’ascolto quale “Fondamento della fede e della morale”, e in particolare sulla preghiera della liturgia ebraica “Shemà, Israel” – “Ascolta, Israele” -, si sono confrontati ieri sera, 5 dicembre, la teologa Rosalba Manes e il rav Benedetto Carucci Viterbi, nel corso del secondo incontro del cammino di fraternità per “Comprendere il tempo alla luce della Bibbia ebraica”. Curato dall’Ufficio diocesano per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso e dalla Comunità ebraica, l’appuntamento mensile si è svolto nella Sala Baldini di piazza Campitelli, a due passi dal quartiere ebraico, «che nel tempo della guerra ha visto l’ospitalità di 27 famiglie di ebrei che si sono salvate, e ha quindi un significato particolare», come ha spiegato nel suo saluto iniziale monsignor Marco Gnavi, incaricato dell’Ufficio diocesano.

Illustrando come «la Shemà è il testo più noto presso gli Ebrei, anche quelli meno osservanti e lontani», e che «è un verso che viene recitato due volte al giorno nella preghiera, mattina e sera» nonché «dovrebbe essere recitato dalla persona morente», Carucci Viterbi ha sottolineato come «l’ascoltare ha a che fare con l’identità umana». Di seguito il rabbino è passato ad analizzare l’atteggiamento dell’ascolto in relazione a quello del parlare, «perché sono profondamente correlati», e ha guardato «ad alcune fonti rabbiniche della tradizione che approfondiscono questo tema» per chiarire come «chi ascolta poi diventa tramite per altri e in questo senso la figura di Mosè, archetipo del profeta, è interessante» poiché proprio lui che «non sapeva parlare e definiva se stesso “pesante di lingua” diventa il “parlatore” per eccellenza», a dire che «solamente se si è in grado di ascoltare con le orecchie e con il cuore si arriva a comprendere» e che «solo se ho ascoltato, il mio fare diventa significativo», laddove «ascoltare non è ovviamente solo sentire».

Alla base, per Carucci Viterbi, «c’è l’identità stessa dell’essere umano» dato che «l’uomo è tale in quanto essere parlante, in funzione dello Spirito che Dio ha soffiato nelle sue narici», cioè «l’uomo diventa tale solo quando sa riferire la Parola che ha ascoltato» e «l’ascoltare e il parlare costituiscono un sistema fatto di una doppia dimensione relazionale». Da qui la domanda – provocazione del rabbino rispetto a «quanto la realtà del mondo è il risultato di un ascolto» poiché se «Dio crea con la Sua Parola, la materia è il recettore della Parola che si fa realtà materiale» e dunque «la concretezza del mondo è il risultato dell’ascolto della Parola di Dio, che lo ha trasformato da nulla in realtà». Per questo «il tema dell’ascolto è tutt’altro che accessorio – ha messo in luce Carucci Viterbi – ma è invece ontologicamente costitutivo della realtà stessa». Infine, il rabbino si è soffermato sul fatto che «il ruolo del parlatore e dell’ascoltatore sono sovrapposti anche in Dio», ossia ha affermato, guardando ad una citazione del capitolo 7 del libro dei Numeri in cui «Mosè ascolta il monologo interiore di Dio, che non è chiuso ma è volutamente funzionale all’ascolto di qualcuno», che quella dell’ascoltare per poi parlare è anche «una dinamica intra-divina, per dire quanto l’ascolto è fondamentale».

Nel suo intervento anche la teologa Rosalba Manes ha posto al centro «il valore performante della Parola di Dio, che non è solo fonte di informazione ma ha il potere di avviare dei processi» in quanto «fermento dinamico che muove la storia verso il suo compimento». Ecco allora l’importanza di «renderci vulnerabili al Dio che parla, per permettere alla Sua Parola di mettere radici» dato che «all’ascolto della Parola da parte di chi sa lasciarsi scavare l’orecchio e penetrare il cuore è correlato il conseguimento della felicità». Non basta quindi utilizzare l’organo fisicamente deputato all’ascolto perché «è il cuore, l’atelier dove uomo e donna confezionano le loro scelte, che rende capaci di relazione con Dio e il Signore è attento a questa tessitura di relazione» tanto che «ha creato la creatura umana capace di riconoscere nel suono la voce e nella voce la parola», e quindi il senso e il significato dell’esistenza. In particolare Manes ha osservato come «nella società dei social media si preferisce la parola roboante» mentre «Dio, che parla e non si stanca di intercettare il cuore del suo interlocutore privilegiato, che è l’uomo, viene nel silenzio, che non è assenza di parola ma la conditio sine qua non affinché ci sia l’incontro».

6 dicembre 2022

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