Servizi > Feed-O-Matic > 320050 🔗

Martedì 6 Dicembre 2022 15:12

Perché il termovalorizzatore è una buona notizia per le metro

Cosa c’entra un termovalorizzatore con le metropolitane? Teoricamente nulla. Tuttavia, la procedura adottata dal Comune di Roma per la realizzazione del nuovo impianto costituisce, senza dubbio, un precedente amministrativo importante anche per le metropolitane. Infatti, si tratta della prima volta in cui Roma Capitale adotta, per un’opera così ampia e complessa, l’istituto del cosiddetto “Project Financing d’iniziativa privata”, come definito dall’art. 183 comma 15 del D.Lgs. 50/2016. La procedura adottata prevede la pubblicazione, da parte del Comune, di una “Manifestazione di interesse”, che contiene alcuni elementi essenziali del progetto di concessione. Il Comune definisce quindi cosa gli “interessa”, richiedendo ai privati la presentazione di un Progetto di Fattibilità Tecnico Economica, nonché altri documenti fondamentali, tra cui un’ipotesi di contratto di concessione. Secondo dei criteri stabiliti, il Comune seleziona il PFTE favorito e lo approva, con opportune modifiche, designando quello che a questo punto diviene il privato “promotore”. Il promotore acquisisce così un “diritto di prelazione” sulla realizzazione dell’opera, la quale viene messa a gara: se altri privati dimostrano di poter realizzare l’opera più economicamente rispetto al promotore, vincono l’appalto, salvo che il promotore non eserciti la prelazione, dimostrando di poter realizzare l’opera alle condizioni economiche più vantaggiose proposte dagli altri partecipanti alla gara. Nel caso di opere “fredde” come le metropolitane, cioè di opere che non sono sostenute da ricavi commerciali, il finanziamento è garantito di fatto integralmente dal Comune, che finanzia l’opera prima tramite un contributo massimo del 49% dei lavori e poi, successivamente, mediante un canone di concessione che include sia i costi del servizio sia un canone di disponibilità dell’opera. IL CASO DELLA LINEA D Un esempio di finanza di progetto per le metropolitane romane in realtà già esiste, si tratta della Linea D. Nel 2005, infatti, stante l’assenza di finanziamenti per la quarta linea della metropolitana di Roma, il Comune fece ricorso alla disciplina introdotta dagli artt. 37 bis e ss. della legge 11 febbraio 1994, n. 109, praticamente identica a quella dell’attuale finanza di progetto di iniziativa privata. Tuttavia, la scarsa chiarezza sulle modalità di finanziamento dell’opera penalizzarono pesantemente il progetto, vedendo da un lato scemare l’interesse politico e, dall’altro, vedendo l’opera finire, prima ancora della fine della gara d’appalto, sotto il mirino dell’allora Autorità di Vigilanza dei Contratti Pubblici, oggi confluita nell’ANAC. Ma cosa è cambiato rispetto ad allora?  Nel 2021 l’ANAC e la Ragioneria Generale dello Stato hanno definitivamente sdoganato la legittimità del contratto di disponibilità, rendendo quindi applicabile efficacemente, anche alle opere fredde, il modello della concessione. Il rischio per il costruttore, quindi, non va più ricercato nell’attività commerciale in favore degli utenti, o in altre attività commerciali a rischio, ma può essere legato anche alla sola utilizzabilità dell’opera. Nel caso della Linea D, una serena applicazione di questa modalità di finanziamento avrebbe permesso di evitare le mille ipotesi di messa a disposizione di aree edificabili per cofinanziare la realizzazione dell’opera, che hanno determinato il blocco della gara a causa dell’aleatorietà della modalità di finanziamento immaginata. Nonostante ciò, siamo dell’idea che non sia il caso di utilizzare la formula della finanza di progetto per opere di dimensioni superiori al miliardo, come sarebbe la Linea D. Il privato infatti, anche con un contributo pubblico considerevole, si troverebbe a dover anticipare ben il 51% del costo dell’opera, con i costi che verrebbero ricoperti solo a partire dalla fine dei lavori e solo nell’arco di una concessione che può durare anche 30 anni. Un meccanismo di finanziamento troppo poco appetibile per il privato e troppo pesante sulle spese correnti del trasporto pubblico di un Comune. PROLUNGHIAMO LE LINEE ESISTENTI Se da un lato le nuove linee di dimensioni considerevoli risulterebbero problematiche da realizzare e finanziare con la procedura di cui al 183 comma 15 del D.Lgs. 50/2016, d’altro canto i prolungamenti di linee esistenti potrebbero essere agevolmente realizzati proprio con questo tipo di procedura. Si potrebbe immaginare, infatti, di separare il gestore dell’infrastruttura dal gestore del servizio, che rimarrebbe sempre ATAC. Così facendo, il privato che realizzerebbe il prolungamento si troverebbe da subito a percepire il canone di disponibilità ed il canone di gestione dell’infrastruttura, garantendo un flusso di cassa appetibile già all’avvio dei lavori. Peraltro, l’individuazione di un gestore dell’infrastruttura in uno schema di concessione siffatto permetterebbe di inserire, nei lavori, anche una ristrutturazione complessiva delle linee esistenti, prevedendo nello schema anche la possibilità di affidare al concessionario i lavori di adeguamento e ammodernamento delle linee.  Approfondiremo con un prossimo articolo la possibilità, ad esempio, di finanziare la Linea C fino alla Giustiniana. NON SOLO METRO PESANTI Ad oggi il Comune di Roma si è concentrato, nella pianificazione e nella realizzazione, sulle sole metro pesanti. La stessa Linea D viene spesso impropriamente definita “metropolitana leggera”, ma è tutt’altro che leggera. La norma UNI 8379 definisce metropolitana leggera, infatti, quel mezzo di trasporto a guida vincolata, in sede propria, protetta e riservata, avente una capacità di trasporto intorno agli 8000 pax/h, con treni tra i 400 ed i 200 posti. La Linea D, che sarebbe la più “piccola” delle metro pianificate a Roma. avrebbe una capacità di trasporto, con treni da 800 posti, di 32000 pax/h per direzione. La Linea D, in pratica, avrebbe ben 4 volte la capacità di una metropolitana leggera standard. Non deve sorprendere quindi che le metro romane siano costose e complesse da realizzare: sono dei giganti del trasporto pubblico. Esistono tuttavia alcune relazioni trasportistiche a Roma, meno indagate perché meno rilevanti, ma comunque compatibili con la domanda di una metropolitana leggera, che risulterebbe utilissimo alla cittadinanza se venissero coperte con nuove e veloci infrastrutture.  La procedura di finanza di progetto d’iniziativa privata potrebbe essere perfetta proprio per questo tipo di infrastrutture. Pensiamo ad esempio a linee simili alla Metropolitana di Brescia, con treni da appena 39m, il cui costo complessivo, per più di 13 km e 17 stazioni, è stato pari a quello della sola stazione Venezia della Metro C.     

Leggi tutto
L'articolo
Perché il termovalorizzatore è una buona notizia per le metro
sembra essere il primo su
Comitato Metro X Roma
.

leggi la notizia su Comitato Metro X Roma



Cosa c’entra un termovalorizzatore con le metropolitane? Teoricamente nulla. Tuttavia, la procedura adottata dal Comune di Roma per la realizzazione del nuovo impianto costituisce, senza dubbio, un precedente amministrativo importante anche per le metropolitane.

Infatti, si tratta della prima volta in cui Roma Capitale adotta, per un’opera così ampia e complessa, l’istituto del cosiddetto “Project Financing d’iniziativa privata”, come definito dall’art. 183 comma 15 del D.Lgs. 50/2016.

La procedura adottata prevede la pubblicazione, da parte del Comune, di una “Manifestazione di interesse”, che contiene alcuni elementi essenziali del progetto di concessione. Il Comune definisce quindi cosa gli “interessa”, richiedendo ai privati la presentazione di un Progetto di Fattibilità Tecnico Economica, nonché altri documenti fondamentali, tra cui un’ipotesi di contratto di concessione.

Secondo dei criteri stabiliti, il Comune seleziona il PFTE favorito e lo approva, con opportune modifiche, designando quello che a questo punto diviene il privato “promotore”. Il promotore acquisisce così un “diritto di prelazione” sulla realizzazione dell’opera, la quale viene messa a gara: se altri privati dimostrano di poter realizzare l’opera più economicamente rispetto al promotore, vincono l’appalto, salvo che il promotore non eserciti la prelazione, dimostrando di poter realizzare l’opera alle condizioni economiche più vantaggiose proposte dagli altri partecipanti alla gara.

Nel caso di opere “fredde” come le metropolitane, cioè di opere che non sono sostenute da ricavi commerciali, il finanziamento è garantito di fatto integralmente dal Comune, che finanzia l’opera prima tramite un contributo massimo del 49% dei lavori e poi, successivamente, mediante un canone di concessione che include sia i costi del servizio sia un canone di disponibilità dell’opera.

Un esempio di finanza di progetto per le metropolitane romane in realtà già esiste, si tratta della Linea D. Nel 2005, infatti, stante l’assenza di finanziamenti per la quarta linea della metropolitana di Roma, il Comune fece ricorso alla disciplina introdotta dagli artt. 37 bis e ss. della legge 11 febbraio 1994, n. 109, praticamente identica a quella dell’attuale finanza di progetto di iniziativa privata.

Tuttavia, la scarsa chiarezza sulle modalità di finanziamento dell’opera penalizzarono pesantemente il progetto, vedendo da un lato scemare l’interesse politico e, dall’altro, vedendo l’opera finire, prima ancora della fine della gara d’appalto, sotto il mirino dell’allora Autorità di Vigilanza dei Contratti Pubblici, oggi confluita nell’ANAC.


Ma cosa è cambiato rispetto ad allora? 

Nel 2021 l’ANAC e la Ragioneria Generale dello Stato hanno definitivamente sdoganato la legittimità del contratto di disponibilità, rendendo quindi applicabile efficacemente, anche alle opere fredde, il modello della concessione. Il rischio per il costruttore, quindi, non va più ricercato nell’attività commerciale in favore degli utenti, o in altre attività commerciali a rischio, ma può essere legato anche alla sola utilizzabilità dell’opera.

Nel caso della Linea D, una serena applicazione di questa modalità di finanziamento avrebbe permesso di evitare le mille ipotesi di messa a disposizione di aree edificabili per cofinanziare la realizzazione dell’opera, che hanno determinato il blocco della gara a causa dell’aleatorietà della modalità di finanziamento immaginata.

Nonostante ciò, siamo dell’idea che non sia il caso di utilizzare la formula della finanza di progetto per opere di dimensioni superiori al miliardo, come sarebbe la Linea D. Il privato infatti, anche con un contributo pubblico considerevole, si troverebbe a dover anticipare ben il 51% del costo dell’opera, con i costi che verrebbero ricoperti solo a partire dalla fine dei lavori e solo nell’arco di una concessione che può durare anche 30 anni. Un meccanismo di finanziamento troppo poco appetibile per il privato e troppo pesante sulle spese correnti del trasporto pubblico di un Comune.

Se da un lato le nuove linee di dimensioni considerevoli risulterebbero problematiche da realizzare e finanziare con la procedura di cui al 183 comma 15 del D.Lgs. 50/2016, d’altro canto i prolungamenti di linee esistenti potrebbero essere agevolmente realizzati proprio con questo tipo di procedura.

Si potrebbe immaginare, infatti, di separare il gestore dell’infrastruttura dal gestore del servizio, che rimarrebbe sempre ATAC. Così facendo, il privato che realizzerebbe il prolungamento si troverebbe da subito a percepire il canone di disponibilità ed il canone di gestione dell’infrastruttura, garantendo un flusso di cassa appetibile già all’avvio dei lavori.

Peraltro, l’individuazione di un gestore dell’infrastruttura in uno schema di concessione siffatto permetterebbe di inserire, nei lavori, anche una ristrutturazione complessiva delle linee esistenti, prevedendo nello schema anche la possibilità di affidare al concessionario i lavori di adeguamento e ammodernamento delle linee. 

Approfondiremo con un prossimo articolo la possibilità, ad esempio, di finanziare la Linea C fino alla Giustiniana.

Ad oggi il Comune di Roma si è concentrato, nella pianificazione e nella realizzazione, sulle sole metro pesanti. La stessa Linea D viene spesso impropriamente definita “metropolitana leggera”, ma è tutt’altro che leggera. La norma UNI 8379 definisce metropolitana leggera, infatti, quel mezzo di trasporto a guida vincolata, in sede propria, protetta e riservata, avente una capacità di trasporto intorno agli 8000 pax/h, con treni tra i 400 ed i 200 posti.

La Linea D, che sarebbe la più “piccola” delle metro pianificate a Roma. avrebbe una capacità di trasporto, con treni da 800 posti, di 32000 pax/h per direzione. La Linea D, in pratica, avrebbe ben 4 volte la capacità di una metropolitana leggera standard.

Non deve sorprendere quindi che le metro romane siano costose e complesse da realizzare: sono dei giganti del trasporto pubblico.

Esistono tuttavia alcune relazioni trasportistiche a Roma, meno indagate perché meno rilevanti, ma comunque compatibili con la domanda di una metropolitana leggera, che risulterebbe utilissimo alla cittadinanza se venissero coperte con nuove e veloci infrastrutture. 

La procedura di finanza di progetto d’iniziativa privata potrebbe essere perfetta proprio per questo tipo di infrastrutture. Pensiamo ad esempio a linee simili alla Metropolitana di Brescia, con treni da appena 39m, il cui costo complessivo, per più di 13 km e 17 stazioni, è stato pari a quello della sola stazione Venezia della Metro C. 


 

 

L'articolo
Perché il termovalorizzatore è una buona notizia per le metro
sembra essere il primo su
Comitato Metro X Roma
.

Questo sito utilizza cookie tecnici, anche di terze parti, per migliorare i servizi offerti e ottimizzare l’esperienza dell’utente. Si prega di leggere l'informativa sulla privacy. Chiudendo questo banner si accettano le condizioni sulla privacy e si acconsente all’utilizzo dei cookie.
CHIUDI