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Lunedì 25 Maggio 2020 08:05

Schiavon: scoprire nuovi orizzonti della fede

Paolo Schiavon, Sant’Agnese in Agone, 24 maggio 2020
La Messa celebrata dal vescovo nella chiesa di Sant’Agnese in Agone, in onda su Rai1 nella prima domenica di liturgie con il popolo

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Paolo Schiavon, Sant’Agnese in Agone, 24 maggio 2020
«Credenti e non credenti provengono da una esperienza collettiva mai vista prima, fatta di privazioni e di angoscia» ma in questo contesto la solennità dell’Ascensione del Signore «è fonte di speranza». Così monsignor Paolo Schiavon, vescovo ausiliare emerito della diocesi di Roma e rettore della chiesa Sant’Agnese in Agone, nell’omelia della Messa celebrata ieri, domenica 24 maggio, nella basilica di piazza Navona e trasmessa da Rai1.

La festa celebrata ieri ha coinciso quest’anno con la data della prima liturgia domenicale in presenza del popolo dopo le Messe a “porte chiuse” per rispettare le misure restrittive al fine di contenere la pandemia da coronavirus. Non sono mancate però le liturgie in diretta tv o in streaming sui social per permettere agli ammalati o a chi è impossibilitato ad uscire di casa di celebrare la festa che segna l’inizio della storia della Chiesa.

Tra queste la Messa trasmessa da Rai Uno dalla chiesa che sorge sul luogo in cui, secondo la tradizione, Agnese fu martirizzata all’età di dodici anni nello stadio di Domiziano durante la persecuzione dei cristiani sotto Diocleziano. Nella domenica che precede la Pentecoste si celebra anche la Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali, l’unica “giornata” istituita dal Concilio Vaticano II, giunta alla 54ma edizione, e all’inizio della liturgia monsignor Schiavon ha ricordato quanti operano nel campo delle comunicazioni e nel mondo delle nuove tecnologie.

Prima di salire al Padre, Gesù invita i suoi apostoli ad essere testimoni e annunciatori del Vangelo e indica «il destino a cui siamo chiamati, il cielo», ha spiegato il presule aggiungendo che nel destino di Cristo «è segnata la destinazione degli uomini». La solennità dell’Ascensione deve essere per il cristiano uno sprono a «guardare lontano, a pensare in grande, a scoprire orizzonti nuovi nella fede» soprattutto nella società odierna caratterizzata dalla concretezza, dal “tutto e subito” e dall’assenza di «mete a lungo raggio». Per monsignor Schiavon «i problemi ecclesiali e sociali non si possono risolvere con idee troppo concrete, bisogna aprire il cuore e l’intelletto». L’invito del vescovo emerito è quindi quello di coltivare ideali e condividere valori profondi quali la solidarietà e la fratellanza in un contesto sociale in cui «sembra ci sia contrazione di fiducia verso il futuro e dove sembra serpeggi la disaffezione a nutrire ideali e spinte di grande valore morale».

Il cristiano è chiamato a vivere questo periodo di pandemia non da «inerte» ma testimoniando «con più intensità e verità» l’attenzione verso il prossimo. Nessuno può salvarsi da solo ed è possibile guardare al futuro solamente proteggendosi a vicenda. «Il dono che potete offrire – ha aggiunto -, consiste nel diffondere intorno a voi quella serenità che nasce dalla percezione del senso della vita. Essere onesti, giusti e sinceri è un primo grande servizio di evangelizzazione». Per il presule un laico può confortare chi gli sta attorno semplicemente credendo in ciò che fa nel campo familiare e professionale e nelle relazioni di amicizia. È urgente testimoniare nel quotidiano i valori che contano nella vita, ha concluso, perché oggi «è molto diffuso il dubbio se valga o meno la pena di vivere con un certo ordine o non sia piuttosto il caso di lasciarsi vivere alla rinfusa e secondo le attrazioni del momento. Questa incertezza esistenziale, questo pessimismo sulla vita è causa di disimpegno, frustrazione, noia, ricerca continua di evasione».

25 maggio 2020

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