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Domenica 2 Agosto 2020 05:08

Quello che è mancato alla giunta Raggi è un pensiero politico

Il film francese "Alice e il Sindaco", spunto per riflettere sulle gravi mancanze degli ultimi quattro anni di amministrazione romana. Nessuna visione e tanta propaganda

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A Roma negli ultimi anni abbiamo assistito ad uno svilimento del dibattito politico, sia da parte delle forze al governo cittadino sia da parte di un’opposizione silente che, giorno dopo giorno, si è ripiegata su se stessa accelerando un processo di depauperamento delle istituzioni.

In quattro anni, la capitale italiana è stata privata di attori politici in grado di progettare la città futura, di interagire con i cittadini in modo sano e renderli partecipi alla discussione sugli spazi sociali e abitativi.

Tutta la dialettica si è ridotta ad un autocongratularsi sulla semplice amministrazione ordinaria: dallo sfalcio del verde pubblico, al rifacimento del manto stradale o a quello delle strisce pedonali. Gli uffici stampa del Campidoglio e l’entourage politico del sindaco hanno avuto l’incarico di comunicare ai cittadini, quotidianamente, lo svolgimento dei lavori ordinari, spacciandoli per lavori straordinari. I singoli assessori poi hanno coadiuvato il sindaco con ripetuti messaggi pubblici allegando foto del “prima” e “dopo” i lavori effettuati. Ci chiediamo dunque se in una capitale europea esista un altro sindaco al di fuori di Roma che si preoccupi così tanto di un semplice attraversamento pedonale o dell’illuminazione di una strada ed eviti tacitamente di parlare del futuro della città.



In questo meccanismo di propaganda quelli che hanno pagato il prezzo più alto sono stati proprio i cittadini, che già uscivano devastati da anni di cattiva gestione. I romani hanno sperato in un cambiamento che non è arrivato, perché se da una parte in passato è mancata anche l’amministrazione ordinaria, dall’altra “il vento del cambiamento” avrebbe dovuto progettare una nuova Roma e proiettarla nell’immediato futuro.

È subentrata, così, una metamorfosi che ha solamente incattivito i romani: da una parte, i primi sostenitori del Movimento Cinque Stelle si sono trasformati in fans sfegatati che, pur di difendere l’amministrazione, non riescono a vederne la totale mancanza di lungimiranza e di contatto con la realtà; dall’altra, chi è contro il Movimento ne vuole solo la fine e non riesce a puntare il dito anche contro un’opposizione inesistente, che in quattro anni avrebbe potuto far cadere l’attuale sindaco o rimpolpare il dibattito e mostrare una via alternativa.

Gli unici attori attivi si sono così mostrati i cittadini, scagliati gli uni contro gli altri in una guerra fratricida, condita di insulti, denunce, attacchi sessisti e molto altro. L’amministrazione non ha fatto nulla per evitare tutto questo, anzi non perde occasione per gettare benzina sul fuoco con frasi del tipo “siamo qui solo da pochi anni”, “qualcuno si dimentica di mafia capitale”. Ma frasi di questo tipo sono sufficienti a ripulire con un colpo di spugna quattro anni di inefficienza?

Bisogna dire che governare Roma è un compito difficilissimo, soprattutto dopo le tristi vicende legate al malaffare, ma si deve avere l’onestà intellettuale di ammettere che anche quello che si poteva fare non è stato fatto. Molti finanziamenti pubblici sono rimasti chiusi nel cassetto per l’inesperienza dell’amministrazione, per i ritardi della burocrazia, per i molti tecnici che non sono riusciti a redigere bandi di gara, e molto altro.



Dunque qual è veramente il problema che attanaglia la città di Roma? La risposta la possiamo trovare nella seguente espressione: “La mancanza di una dedizione politica e di un pensiero politico”.

Il sindaco dovrebbe tornare a fare il sindaco, comunicare e parlare con i cittadini della città futura, incontrare le università, le aziende, i commercianti, per mettere in campo le vere forze sociali in grado di pianificare la Roma del 2050, e poi quella del 2100. Dovrebbe tornare a parlare di politica, progresso, assistenzialismo, entrare nelle periferie, incontrare i comitati di quartiere, unire le fasce sociali più deboli, integrare gli esclusi.

Tutto il resto, tutto quello che concerne l’amministrazione ordinaria, spetta agli assessori, ai presidenti dei Municipi, agli uffici tecnici. I romani dovrebbero tornare a confrontarsi sulla politica e sul proprio futuro e come diceva Luigi Petroselli dovrebbero “sognare Roma”.

Perciò in questa prima domenica di agosto, nella nostra rubrica cinema, consigliamo la visione di un film, non solo ai nostri lettori, ma soprattutto a chi siede in Campidoglio, nella speranza che presto si possa tornare a parlare di politica.

La pellicola è “Alice e il sindaco” di Nicolas Pariser, uscito in Italia il 30 gennaio 2020 e finito nel cono d’ombra per colpa della pandemia e della conseguente chiusura delle sale cinematografiche.

La storia narra la crisi interiore del sindaco di Lione, Paul Theraneau, che a pochi mesi dalle elezioni municipali si ritrova senza stimoli e senza “pensieri”. Dopo trent’anni spesi alla causa civile non ha più interessi, si sente come una macchina potente ma priva di benzina. Il suo partito corre ai ripari e recluta una giovane ricercatrice di Oxford, Alice Heimann. Il suo scopo è quello di rigenerare la capacità di pensare del sindaco e la sua visione necessaria all’azione politica. Accettata prima con riserva e timidezza dal vecchio politico, Alice riesce in poco tempo a guadagnarsi la sua fiducia, attraverso lunghe chiacchierate infarcite di citazioni, libri e filosofia, il sindaco inizia nuovamente a dedicarsi alla sua città, abbandona una visione tecnica per tornare a temi di “etica”, intesa come amministrazione del bene pubblico incentrato su un ampio sistema di valori.

 

«Non riesco più a pensare, niente, le è chiaro quello che intendo?».

«No, non esattamente».

«[…] ho sempre avuto idee, all’inizio era il mio mestiere, avevo 25, 40, 50 idee ogni giorno […] ho consigliato a mezzo mondo, le idee venivano da sole […] ho profondamente cambiato la mia città, poi mi sono svegliato una mattina e non avevo più idee […] forse sono addirittura vent’anni che io non penso più, Alice lei deve aiutarmi a pensare».



 

Il regista pone lo spettatore di fronte una realtà duale che potrebbe riguardare chiunque: la giovane ricercatrice precaria e il vecchio politico stanco e navigato, cos’hanno in comune? La voglia di cambiamento attraverso lo scambio intergenerazionale che non avviene questa volta grazie alla tecnologia ma solo grazie allo studio, alla lettura e al ritorno della sana retorica. Potrebbero essere due generazioni in contrasto, ma Alice, nonostante si muova in un ambiente diffidente e arrivista, mette da parte gli stereotipi e i cliché, sapendo benissimo che lei è parte e figlia di quel sistema. Stesso meccanismo vale per il sindaco, fidarsi o non fidarsi della nuova generazione? Certo che deve fidarsi, perché dalla “generazione y” dipende il futuro, e scopre con i suoi occhi che dietro i millennial vi è una grande voglia di politica, di etica e di normalità. Il trucco sta solo nel parlarsi e nel confrontarsi.

A un anno dalle elezioni nella nostra città vogliamo solo augurare, a tutti coloro che si cimenteranno in questa corsa, il ritorno ad un vero pensiero politico, l’unico antidoto per far sentire partecipi i cittadini e non svilirli a meri lettori o guardiani di messaggi propagandistici su lampioni, buche e cantieri.



Buona visione!

 

Il film è disponile in streaming su diverse piattaforme.

 

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