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Lunedì 3 Agosto 2020 13:08

Saxa Rubra, solitaria battaglia contro il killer dei pini

Ma interessa il verde in questa città? La domanda sorge spontanea a fronte del colpevole silenzio, della mancanza di riscontri, della totale assenza di azioni, non dico agite sul terreno, ma neanche minimamente pianificate e comunicate. E’ quanto racconta in una “lettera al direttore” Paolo Salonia, che così scrive. Il fatto Dagli inizi di luglio […]

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Ma interessa il verde in questa città? La domanda sorge spontanea a fronte del colpevole silenzio, della mancanza di riscontri, della totale assenza di azioni, non dico agite sul terreno, ma neanche minimamente pianificate e comunicate.

E’ quanto racconta in una “lettera al direttore” Paolo Salonia, che così scrive.

Dagli inizi di luglio porto avanti una strenua lotta in difesa di una pineta (se non secolare, sicuramente di almeno 90 anni) che sta rischiando, in modo molto serio, di andare perduta, nella migliore delle ipotesi restare fortemente penalizzata, a Saxa Rubra, subito a ridosso dei confini “urbani” del Parco di Veio (questo entra nel Municipio XV e qui si atomizza a macchia di leopardo, forse per non contrastare qualche interesse).

Parliamo dell’area compresa tra via di Quarto Peperino, via Adrianopoli, via Crisopoli, via Calcedonia, via Naisso, via Flaminia e ampie zone adiacenti, fortemente caratterizzate dalla presenza di pini domestici, tanto che un comprensorio residenziale edificato ad iniziare dalla metà della prima decade degli anni 2000 è stato battezzato “I Pini di Roma”.

Da mesi tengo sotto stretta osservazione il fenomeno del loro depauperamento e, non esattamente esperto della materia, ho iniziato a studiare arrivando a consolidare l’ipotesi trattarsi di un attacco della cosiddetta “cocciniglia tartaruga“, nome scientifico Toumeyella parvicornis (ipotesi ahimè poi confermata) e della secrezione (melata) da questa prodotta succhiando la linfa delle piante (per fonti e riferimenti
clicca qui
).

Immediatamente ho investito del problema diversi soggetti che ho ritenuto potessero avere responsabilità e ruoli per affrontare la situazione con interventi risolutivi: dal Parco di Veio ai Dipartimenti Tutela Ambientale del Comune e della Regione Lazio, dall’ARPA all’Assessorato all’Ambiente del Municipio XV e altri ancora.

Ho, così, avuto un lungo scambio telefonico con il Presidente del Parco di Veio, il quale si è detto non responsabile per questa tipologia di problemi.
Ho scambiato email con l’Assessore all’Ambiente del Municipio XV.
Mi sono rivolto anche al Direttore del Servizio Fitosanitario della Regione Lazio.
Fin dall’inizio, la mail-list alla quale invio le mie email si completa sempre con gli indirizzi di moltissimi abitanti della zona e del Consorzio del complesso residenziale.

Considerata la velocità mostruosa di diffusione della cocciniglia tartaruga, l’intero patrimonio arboreo dell’area sta deperendo a vista d’occhio, con un conseguente enorme danno ambientale, oltre che paesaggistico e culturale di proporzioni inimmaginabili.

Ad oggi, questa la situazione.A seguito delle mie sollecitazioni, c’è stato un sopralluogo condotto da un agronomo del Servizio Giardini del Comune di Roma che ha confermato, purtroppo, al 100% la mia diagnosi.
Ho inoltre avuto un lungo incontro con il responsabile di una Ditta abilitata ad eseguire manutenzione ordinaria e straordinaria del verde e che ultimamente, assieme a ricercatori e tecnici dell’Università Federico II di Napoli, ha eseguito numerosi interventi sui pini domestici afflitti dalla stessa cocciniglia tartaruga.
Mi ha confermato che esistono due tipi di trattamento.

Il primo consiste nel cosiddetto “lavaggio delle chiome” con una lancia che manda in pressione acqua mista a saponi contenenti silicato di potassio e azionata da operatori in quota su piattaforme aeree.

Si tratta di un intervento che produce effetti quasi immediati ma non duraturo (basta che una nuova colonia trasportata dal vento passi da queste parti) e difficile da eseguire in ambienti urbanizzati. A Saxa Rubra però potrebbero essere più facilmente fattibili, considerata la bassissima densità urbana e le poche auto in sosta.

Il secondo, invece, estremamente più strutturato e duraturo, consiste in un intervento endoterapico (iniezioni al tronco della pianta), mediante il quale viene introdotto il fitofarmaco che difende il pino dall’interno, con una stabilità che dura per molto tempo.

Oggi la situazione sta vistosamente precipitando e, di giorno in giorno, sono visibili i segni del progressivo avanzamento delle parti seccate nelle chiome delle piante.

Senza dire dei danni che stanno subendo le altre piante sottostanti i pini e lo stesso soprassuolo, interamente ricoperti dalla abbondantissima melata prodotta dalla popolazione di cocciniglie tartarughe.

In molti casi il danno sta diventando irreversibile, per lo meno lascerà sul campo un numero assai ridotto di piante e quelle superstiti vistosamente deturpate ed impoverite nelle loro caratteristiche chiome.

A fronte di questa situazione, che non permette ulteriori perdite di tempo, ho ritenuto fossero necessari senso della realtà e determinazione. La realtà insegna che l’intervento pubblico, fisiologicamente tarderà a manifestarsi per una serie di difficoltà, in termini di burocrazia, di distinguo su proprietà e competenze e, soprattutto, di risorse economiche. Nella più ottimistica delle previsioni si rischia di finire a settembre/ottobre per iniziare a ragionare sul da farsi.

Quindi, consapevole delle difficoltà “pubbliche”, ho proposto a tutti i destinatari dei miei appelli di concertare un’azione congiunta pubblico/privato, dando vita ad una sorta di task-force composta dalla stessa Amministrazione, dal Consorzio esistente e da quanti di noi privati vorranno imbarcarsi in questo salvataggio tramite la stesura di un contratto che stabilisca il chi-fa-cosa e le relative ripartizioni di spesa.

Nulla di diverso peraltro da quanto previsto nel “
Regolamento Capitolino del Verde pubblico e privato e del Paesaggio Urbano di Roma Capitale
”, approvato il 16 gennaio 2019, nel quale esistono diversi livelli di responsabilità: centrali (Dipartimento del Comune), periferiche (Municipi) e partecipate (ruolo attivo dei cittadini).

Dunque, l’ipotesi da me lanciata di un’azione congiunta pubblico/privato non risulta essere così peregrina. Non riesco a comprendere (nè ad accettare), infatti, come ci si possa attardare su questioni burocratiche, catastali e relative alle proprietà, quando la natura e la sue dinamiche biologiche ci dovrebbero imporre tempistiche e approcci ecosistemici.

Ad oggi registro, e qui denuncio, l’attuale assenza di riscontri da parte del Comune, del Municipio XV e della stessa Regione, oltre alla loro miopia burocratica che li limita ad occuparsi di confini e proprietà, mentre solamente i privati e il Consorzio si sono affrettati a rispondere, dicendosi anche disponibili a contribuire ad eventuali spese pur di garantire un intervento sulle piante.

Per questo motivo, ho pensato fosse giunta l’ora di rendere la vicenda di dominio pubblico.

Da una parte per rendere nota questa sciagura della cocciniglia tartaruga che velocemente diventerà un problema ecologico molto serio per tutta Roma, se già non lo è. Provate, infatti, ad alzare il naso e guardare sopra le vostre teste e noterete tutti quanto ingiallimento bruno si sta propagando nelle chiome dei nostri familiari pini.

Dall’altra per fare conoscere quello che è il sistematico ed intollerabile comportamento degli amministratori, dirigenti, tecnici, politici, la loro assenza, il loro continuo silenzio, la loro mancanza di risposte ai cittadini, la loro inazione nei confronti dell’emergenza, dell’ordinario e dello straordinario.

Il tema è sicuramente ambientale, molto di più diventa immediatamente culturale. Da qui il portato dell’indignazione a fronte della totale mancanza di una coscienza ambientale, ancor più civica, finalmente culturale dei cosiddetti “decisori”, qualunque sia il tavolo al quale sono seduti.

E soprattutto per l’assenza (almeno stando ai comportamenti fin qui registrati) della più basilare “cultura della responsabilità e del ruolo” che imporrebbero loro il dovere di “dare risposte” e di assumere iniziative tempestive in difesa del “bene comune”.
Paolo Salonia

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