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Mercoledì 12 Novembre 2025 16:11

Cop30, Wcc: «Giustizia climatica, non prestiti e debiti»



A Belém anche una delegazione del Consiglio mondiale delle Chiese, per chiedere fondi di riparazione ai Paesi ricchi. Bedford-Strohm: «Il pianeta geme, è tempo di responsabilità e azione»

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Incontri e colloqui bilaterali con le delegazioni dei governi, conferenze stampa, momenti di scambio e di preghiera, manifestazioni. Ci sono anche le Chiese e i leader religiosi alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, la Cop30, che si è aperta il 10 novembre al Parco della città di Belém e si concluderà il 21 novembre. Sebbene le iniziative siano diverse così come diversi sono gli organismi che i leader religiosi rappresentano, la loro voce è unanime: chiedere «alle nazioni ricche di fornire finanziamenti per il clima sotto forma di sovvenzioni, non di prestiti, alle comunità più duramente colpite da una crisi che non hanno causato». Si chiama «giustizia climatica». A guidare la delegazione del Consiglio mondiale delle Chiese a Belém, c’è Heinrich Bedford-Strohm, vescovo della Chiesa evangelica luterana in Baviera e moderatore del Comitato centrale del Wcc. Lo abbiamo intervistato.

Può raccontarci l’atmosfera che ha trovato in questi giorni a Belém? Cosa la colpisce di più?
C’è, tra le Chiese, un’atmosfera di determinazione e speranza. Sono arrivate qui persone impegnate nel lavoro per la giustizia climatica e si stanno unendo, per riflettere insieme su quali strategie efficaci lavorare in uno spirito ecumenico di unità. Unisce la comune determinazione a favorire i progressi necessari nella lotta al riscaldamento globale. Il fatto che coloro che hanno causato il cambiamento climatico e coloro che ne sono le prime vittime si riuniscano qui in uno spirito di fratellanza fa una grande differenza.

Qual è il punto?
Come responsabili del riscaldamento globale, ci dobbiamo assumere la responsabilità. In una certa misura, questo vale anche per le delegazioni politiche. Il passo verso una trasformazione ecologica globale è irrevocabile. Nemmeno il negazionismo climatico dell’amministrazione Trump può impedire a potenti attori degli Stati Uniti, come lo Stato della California, con la sua forte economia, di unirsi a coloro che a livello globale stanno adottando misure forti. C’è una diffusa convinzione che il danno causato dall’ignoranza del governo statunitense stia danneggiando principalmente la loro stessa economia nel lungo periodo. La Cina invece sta assumendo sempre più un ruolo di leadership e si appresta a superare gli altri, soprattutto nelle tecnologie ecologiche.

Questa è la prima Conferenza Onu sul Clima che si tiene in Amazzonia. Quali sono le aspettative e, soprattutto, le sfide più urgenti e preoccupanti? Cosa chiedono le popolazioni indigene?
Le popolazioni indigene condividono le storie delle loro sofferenze causate dal cambiamento climatico. Danno un volto ai numeri. Chiunque analizzi onestamente la situazione concorderà sul fatto che è estremamente ingiusto che a soffrire di più a causa del cambiamento climatico siano proprio coloro che hanno contribuito meno. Il fatto di aver organizzato la Cop30 nel delta dell’Amazzonia dà visibilità a quelle comunità indigene che stanno assistendo alla messa in pericolo della foresta pluviale che è la loro casa.

Quale le difficoltà più grave che impedisce un’azione globale per clima?
Una sfida particolarmente urgente è il finanziamento per il clima. In un periodo in cui alcune delle grandi economie sono in difficoltà, non è facile ottenere impegni per le ingenti somme di denaro necessarie. Come chiese, siamo molto chiari sul fatto che sarebbe palesemente irresponsabile scaricare il conto sui nostri figli e nipoti.

Qual è lo stato di salute del pianeta Terra?
Il pianeta Terra è in grave pericolo. «Tutta la creazione geme e soffre», scrive l’apostolo Paolo in Romani 8. Tutti coloro che confessano di essere stati creati da Dio insieme alla natura non umana dovrebbero sentire la responsabilità di prendersi cura e coltivare la terra, piuttosto che sfruttarla e distruggerla.

Come sono presenti le Chiese alla conferenza? Quali iniziative e interventi sono in corso?
Abbiamo una moltitudine di eventi su diversi aspetti del cambiamento climatico. Come Consiglio ecumenico delle Chiese stiamo presentando il “Decennio ecumenico per l’azione per la giustizia climatica”. Cogliamo anche l’occasione per avere colloqui bilaterali con delegazioni governative per sostenere azioni decisive e giustizia per le comunità più vulnerabili.

Quali sono le richieste chiave che le comunità di fede stanno sostenendo?
Stiamo sostenendo la giustizia climatica, e questo significa fondi di riparazione per i Paesi poveri da investire nella trasformazione ecologica e nell’adattamento climatico senza ricadere nella trappola del debito. E naturalmente chiediamo obiettivi di riduzione dei gas serra più ambiziosi, vincolanti e verificabili. (M. Chiara Biagioni)

12 novembre 2025

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