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Venerdì 16 Ottobre 2020 16:10

Roma non ha tempo. (‘Na panda e du’ scontrini)

Tremilacentosettantanove giorni. Che a leggerlo così mette una certa ansia, ma anche scrivendolo coi numeri la situazione non migliora granché: 
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Tremilacentosettantanove giorni. Che a leggerlo così mette una certa ansia, ma anche scrivendolo coi numeri la situazione non migliora granché: 3179. Ecco, appunto.

Roma non ha tempo, e invece sono passati ben 3179 giorni, di cui 1576 (millecinquecentosettantasei) sotto la sindaca Virginia Raggi.

L’argomento è Tor di Valle. Lo stadio di Tor di Valle. Il progetto stadio della Roma a Tor di Valle, per essere precisi. Un iter iniziato sotto Alemanno col presidente James Pallotta e il proprietario dei terreni Luca Parnasi. Dopo 3179 giorni questi nomi sono cambiati tutti: il sindaco è appunto Virginia Raggi, il presidente è Dan Friedkin e il proprietario dei terreni è diventato, dal 14 ottobre, Radovan Vitek. E da lui partiranno in seguito i ragionamenti che hanno portato a questo articolo. Ma prima occorre spiegare perché Roma non ha tempo.

In realtà, a meno di alieni tra i lettori, i motivi sono già chiarissimi. Ma proviamoli a riassumere.

Roma è la capitale europea meno metropoli di qualunque altra. Traffico, sporcizia, disoccupazione. Ad oggi contiamo solo tre linee metro per coprire un’area grande sette volte Milano che di linee ne ha quattro, più una in costruzione e un’altra in progettazione. L’ultimo quartiere nato, l’EUR, risale al periodo fascista (il Villaggio Olimpico, datato 1958, non fu terminato). Il colpo definitivo all’economia l’ha dato il Covid causando, ad esempio, la chiusura di tanti negozi, alcuni dei quali al centro.

Ma Roma ha, da 3179 giorni, un asso nella manica, un jolly da giocare. O meglio: avrebbe. Questo jolly porterebbe, in un colpo solo, la riqualificazione di un intero quadrante che è da anni una discarica a cielo aperto, nuove infrastrutture, il potenziamento di una linea ferroviaria e nuovi posti di lavoro. Tutto questo a spese dei privati, non un euro sulle spalle dei cittadini. Aria per Roma. E invece…

E invece in questi anni abbiamo assistito ad una narrazione malata. Si è partiti col rischio idrogeologico, che merita un capitolo a parte per chiarirlo una volta per tutte. In base al PAI (Piano Assetto Idrogeologico) elaborato dall’Autorità di Bacino del Tevere e consultabile sul sito del Dipartimento di programmazione e attuazione urbanistica del Comune di Roma, l’area di Tor Di Valle è a rischio zero (R0), mentre invece la zona adiacente, Vallerano, è interessata da un rischio medio (R2), elevato (R3), e in un’area ristretta addirittura molto elevato (R4). Detto che la maggior parte degli stadi europei sorge su zone a rischio R4, è comunque previsto nel progetto stadio che la suddetta zona venga messa in sicurezza idraulica. Ossia: non solo Tor di Valle diventerebbe un quartiere all’avanguardia ma anche Vallerano verrebbe migliorata. Ci sarebbe comunque da precisare che, nonostante questa detta criticità, degli anni in cui Tor di Valle ha ospitato le corse non si ha notizia di cavalli annegati… Si è poi parlato di colate di cemento e di skyliner. Altra assurdità. In primis per l’uso di improprio del termine “speculazione edilizia” (soldi pubblici che finiscono nelle tasche di privati) quando invece si trattava di “compensazione” (un imprenditore che mette tot per le opere pubbliche, può mettere lo stesso tot per le opere private), e la differenza è enorme perché la prima è reato mentre la seconda è normale procedura. Poi perché le famose tre torri sarebbero state progettate da Daniel Libeskind, ossia l’architetto del World Trade Center, quindi forse non il peggiore in circolazione, e che nessun occhio umano sarebbe mai stato in grado di scorgere dall’alto della cupola di San Pietro, trattandosi di una distanza di circa 10 km in linea d’aria. Ma soprattutto a rallentare il progetto fu l’inchiesta “Rinascimento” che vide protagonista Luca Parnasi. E qui, ovviamente, apriti cielo: nonostante lo stesso PM dell’inchiesta, Paolo Ielo, dichiarasse la totale estraneità ai fatti del Club giallorosso e la possibilità a procedere con l’iter del progetto stadio della Roma, per gran parte della stampa l’inchiesta Rinascimento era diventata l’inchiesta sullo stadio. La narrazione, appunto.

Tralasciando altre storture burocratiche come la richiesta della mobilità al Politecnico di Torino (…) o la doppia due diligence, siamo arrivati ai ragionamenti che hanno portato a questo articolo. Ossia all’uscita di scena in maniera definitiva di Luca Parnasi e l’entrata di Radovan Vitek. Ora nessuno ha più scuse. La figura più discussa è svanita, quella che era inviso ai puristi (che si ricordano di essere tali solo quando gli fa comodo, ma stranamente non li vede nessuno quando spuntano centri commerciali nel nulla come funghi o si iniziano piscine enormi mai completate) se ne è andata. Dunque di motivazioni reali per tergiversare oltre non ce ne sono. E non è più accettabile sentirsi apostrofare che “Roma ha altre priorità”, perché non essendo soldi pubblici ma privati, provenendo da un investitore straniero, e favorendo i tre punti di cui sopra (posti di lavoro, riqualificazione area e infrastrutture), in questo periodo nero sono soldi benedetti che vanno presi al volo. Perché gli investitori stranieri, che già hanno atteso 3179 (tremilacentosettantanove) giorni, potrebbero stancarsi e andarsene, e a quel punto chi la riqualifica Tor di Valle? Chi la mette in sicurezza Vallerano? Chi provvede ai lavori per la via Ostiense, la via del Mare, il ponte pedonale dalla metro B e il miglioramento della Roma Lido? Non sono forse queste priorità?

Ma c’è dell’altro. Le elezioni sono prossime, e la Raggi, che da protocollo del Movimento 5 Stelle, ricordiamolo, non avrebbe potuto candidarsi di nuovo, se vuole avere speranze deve presentarsi con qualcosa di concreto. Perché, anche questo va ricordato, lei è il sindaco che ha detto no alle Olimpiadi, e non le basteranno certo le piste ciclabili o i monopattini elettrici (…) per avere di nuovo la fiducia dei romani. Perché le strade continuano ad allagarsi (tranne, incredibilmente, Tor di Valle), gli alberi continuano a cadere, i servizi pubblici continuano a non funzionare (e vanno pure a fuoco ogni tanto), e l’immondizia fuori dai cassonetti aumenta. E visto che furono loro a chiedere a gran voce le dimissioni di Marino per una panda e due scontrini, ora sarebbe bene che si dessero una mossa nel “fare”. Perché nulla vieta di pensare che, con Marino, già da due anni avremmo una Tor di Valle moderna, delle infrastrutture potenziate, dei nuovi posti di lavoro e uno stadio all’avanguardia in cui giocare. E magari con tre torri belle fiammanti…

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