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Lunedì 30 Novembre 2020 10:11

Denatalità, «è tempo di osare»



Parla Gianluigi De Palo, presidente del Forum famiglie: «È la nuova questione sociale che dovrebbe unire tutti, non una sterile questione economia»

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La conferma dell’assegno unico universale per figlio nella nuova legge di bilancio 2021 «è una vittoria che va celebrata». Non è la soluzione a tutti i problemi delle famiglie «ma è un primo passo per fare in modo che chi decide di fare un figlio non si senta abbandonato». Per questo la prestazione a beneficio di 11 milioni di famiglie italiane rappresenta «un grande risultato politico» che ha visto la decisione unanime di tutte le forze del Paese. Ma se da un lato «c’è da gioire» per una riforma «oggettivamente importante dopo anni di bonus», dall’altro il presidente del Forum nazionale delle associazioni familiari Gianluigi De Palo avverte che «bisognerà continuare a monitorare costantemente la situazione» perché secondo i calcoli dell’Ufficio parlamentare di bilancio i fondi stanziati non bastano.

Dal prossimo mese di luglio, infatti, le famiglie riceveranno mensilmente fino a 250 euro per ogni figlio under 21 a carico. Nella legge di bilancio per l’assegno unico e universale per le famiglie è previsto uno stanziamento aggiuntivo pari a 3 miliardi per il 2021, per arrivare a 6 miliardi nel 2022. «Secondo l’Upb servirebbero 10 miliardi», dice De Palo, confermando che l’obiettivo del Forum resta quello di «monitorare la situazione affinché l’assegno unico universale si traduca in un assegno che arrivi nelle tasche delle famiglie italiane. Nessun nucleo familiare deve perdere nulla o percepire meno rispetto a oggi». Ragionando sulla nuova finanziaria, De Palo osserva che «come spesso accade nella manovra di bilancio si sta commettendo il solito errore italiano. Ancora una volta si pensa che la somma degli interessi particolari faccia il bene comune ma non è così. Il bene comune si raggiunge se si ha una visione di Paese e non se si somma l’interesse particolare dei disoccupati, cioè il reddito di cittadinanza, con l’interesse particolare dei sindacati, vale a dire il cuneo fiscale, e quello dei pensionati, la quota cento».

Ricordando che solo pochi giorni fa il presidente dell’Istat Gian Carlo Blangiardo ha lanciato l’allarme su un possibile “irrigidimento” dell’inverno demografico, De Palo rimarca che in Italia «il tema della denatalità è la nuova questione sociale che dovrebbe unire tutti». Il calo delle nascite produce effetti a cascata su tutta la società come il crollo del welfare, dei consumi e delle pensioni. All’elenco De Palo aggiunge la sanità, che «oggi è gratuita ma se non si
he risolve la questione denatalità potrebbe diventare a pagamento perché aumenterà il numero degli anziani non autosufficienti, diminuirà la forza lavoro e le tasse non basteranno più per pagare il sistema sanitario al fine di lasciarlo gratuito per tutti».

Il presidente del Forum nazionale delle associazioni familiari sottolinea che non si può limitare il problema denatalità a una sterile questione economica. Riveste un tema sociale perché ha a che fare «anche con l’aspetto culturale e in più infonde speranza. Chi decide di allargare la famiglia ha una visione più rosea del futuro. Basti pensare che la crescita di tutti i Paesi emergenti procede di pari passo con l’aumento delle nascite». Questo è il tempo «di osare» anche per l’Italia. «Con i 209 miliardi del Recovery Fund next generation e i 100 miliardi dei decreti già stanziati – prosegue – si può mettere fine a questa gravosa questione sociale».

De Palo si sofferma anche sulla lettera scritta a quattro mani con Alberto Gambino, presidente di Scienza & Vita, e indirizzata al presidente del Consiglio Giuseppe Conte per chiedere all’AgCom di oscurare in Italia i siti web che pubblicizzano la pratica dell’utero in affitto. «È una battaglia che unisce tutti, nessuno escluso, perché non può esserci qualcuno ideologicamente favorevole allo sfruttamento del corpo delle donne per fini procreativi altrui», conclude De Palo, che non nasconde lo «stupore per la dichiarata impossibilità di Agcom ad intervenire per fermare una pubblicità su un’attività illecita come l’utero in affitto in mancanza di una legge espressa».

30 novembre 2020

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