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Venerdì 1 Gennaio 2021 18:01

L’eredità di Raffaello nella tutela del patrimonio culturale: suggerimenti per un laboratorio di legalità

L’eredità di Raffaello nella tutela del patrimonio culturale: suggerimenti per un laboratorio di legalità


La nostra associazione, in virtù di una ormai consolidata esperienza professionale di collaborazione con le scuole, ha voluto far conoscere Raffaello agli studenti più giovani attraverso una nuova chiave di lettura, per conoscere il Raffaello non solo pittore e architetto, ma anche curatore delle antichità, “protoarcheologo” impegnato nel recupero e nella tutela delle rovine della […]

L’eredità di Raffaello nella tutela del patrimonio culturale: suggerimenti per un laboratorio di legalità


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L’eredità di Raffaello nella tutela del patrimonio culturale: suggerimenti per un laboratorio di legalità


La nostra associazione, in virtù di una ormai consolidata esperienza professionale di collaborazione con le scuole, ha voluto far conoscere Raffaello agli studenti più giovani attraverso una nuova chiave di lettura, per conoscere il Raffaello non solo pittore e architetto, ma anche curatore delle antichità, “protoarcheologo” impegnato nel recupero e nella tutela delle rovine della Roma antica. A tale scopo abbiamo pensato a un laboratorio didattico destinato alla scuola secondaria di primo grado, durante il quale riflettere su concetti già presenti, in nuce e/o in forma esplicita, nella prima età rinascimentale e portati a compimento proprio dal lavoro di Raffaello: beni culturali, tutela del patrimonio culturale (sia esso artistico, paesaggistico, storico, di tradizioni,…), fruizione, valorizzazione, legalità.

Abbiamo preso spunto dalle celebrazioni in onore di Raffaello Sanzio, in occasione del cinquecentenario dalla morte del celebre artista nel 2020. Una bella occasione, questo secolare anniversario, che le istituzioni hanno saputo mettere a frutto nonostante le restrizioni imposte dalla pandemia, basti pensare al tutto esaurito registrato, alla riapertura dopo la quarantena primaverile, dalla mostra romana allestita presso le Scuderie del Quirinale.

Per progettare il nostro laboratorio di legalità abbiamo preso le mosse dagli esordi romani di Raffaello, quando l’artista, venticinquenne (siamo nel 1508), giunge a Roma già preceduto dalla propria fama, chiamato dal papa Giulio II a decorare i nuovi appartamenti pontifici (le celebri Stanze). L’Urbinate si muove in una città le cui antichità, sepolte sotto secolari cumuli di terra, affiorano dal sottosuolo e dal passato lontanissimo suscitando meraviglia e alimentando il mito della perfezione aurea del mondo classico; due esempi fra tutti, la scoperta, alla fine del ‘400, della Domus Aurea (nelle cui sale fra l’altro Raffaello era solito recarsi per osservarne le splendide decorazioni da allora denominate “grottesche”), e il rinvenimento nel 1506 del gruppo scultoreo del Laocoonte. Con cotanto patrimonio storico intorno, sotto i propri piedi e davanti ai propri occhi, Raffaello nel giro di pochi anni seppe portare a maturazione la sua già raffinata sensibilità culturale, sviluppando definitivamente un profondo senso di appartenenza tanto alla Roma dell’antichità quanto alla civiltà del proprio tempo, erede appunto di quel mitico passato. Fu così che nel 1515 egli venne nominato dal pontefice Leone X a capo del cantiere allestito per la ricostruzione della basilica di San Pietro: scrisse il papa medesimo che avendo spesso

constatato di persona la tua abilità artistica e la tua onestà, ti incarico di vegliare sugli scavi che da ora in poi si faranno, in Roma e nell’arco di dieci miglia, e sulle pietre che ne verranno tratte, e di acquistare per mio conto tutti i materiali utili alla costruzione di San Pietro. Pertanto ordino a chiunque scavi tali marmi di informartene entro tre giorni […]. Inoltre poiché mi vien detto che molti marmi e pietre recano iscrizioni, che talora conservano informazioni degne di nota e meritano di essere conservate anche per lo studio e l’eleganza della lingua latina, ordino che i marmorarii specializzati nel tagliare le pietre non possano distruggere nessuna pietra iscritta senza il tuo ordine e permesso.

E Raffaello, responsabile pertanto dell’integrità di ogni frammento che affiorava dal passato, non si limitò (per così dire) alla tutela dei sassi e dei marmi romani in funzione della sola costruzione della nuova basilica di San Pietro, ma piuttosto estese il proprio sguardo al di là del suo tempo presente e concepì il progetto di stesura di una grande Pianta di Roma, una mappa della città antica ricostruita a partire dai medesimi frammenti del passato offerti dalla Roma del primo ‘500, estendendo così l’idea di tutela alla Roma antica nella sua integrità, fisica e storica, materiale ed ideale.

Herman Posthumus, Tempus edax rerum, 1536, Vaduz-Vienna, Licechstenstein, The Princely Collections, Dettaglio
Herman Posthumus, Tempus edax rerum, 1536, Vaduz-Vienna, Licechstenstein, The Princely Collections, Dettaglio
Non più dunque solo un progetto di cura e valorizzazione in funzione di un progetto circoscritto nello spazio e nel tempo (la nuova basilica di San Pietro), bensì un nuovo approccio al passato e un nuovo metodo di lavoro finalizzato a una ricostruzione storica di ampio respiro, quasi assoluta e definitiva, tesa a far rivivere, almeno sulla carta, la città antica, esempio di bellezza e di perfezione anche per il suo tempo presente. E tutto questo avrebbe avuto luogo (la Pianta raffaellesca rimase incompiuta a causa della precoce morte dell’artista) attraverso ruoli («ti incarico di vegliare») e regole («ordino», «non possano», «senza il tuo ordine e permesso»), stabiliti da un’istituzione (il papa) nell’ambito di una normalizzazione di una prassi ormai consueta (il riuso dei marmi antichi), e di un progettualità; qualcosa di molto vicino al concetto di legalità. Qualche tempo dopo, nel 1519, Raffaello si rivolge a Leone X:

[…] quanti, dico, Pontefici hanno atteso a ruinare templi antichi, statue, archi e altri edifici gloriosi! Quanti hanno comportato che solamente per pigliar terra pozzolana si sieno scavati dei fondamenti, onde in poco tempo poi gli edifici sono venuti a terra! Quanta calce si è fatta di statue e d’altri ornamenti antichi! che ardirei dire che tutta questa Roma nuova che ora si vede, quanto grande ch’ella si sia, quanto bella, quanto ornata di palagi, chiese e altri edifici che la scopriamo, tutta è fabricata di calce e marmi antichi.

Queste parole sono estratte dalla celebre Lettera che nel 1519 Raffaello e l’amico Baldassare Castiglione, letterato della corte urbinate, autore del celebre dialogo Il Cortegiano, scrivono al papa Leone X.

Raffaello, Ritratto di Baldassar Castiglione, 1513 circa, Parigi, Louvre
Raffaello, Autroritratto, 1506-1508 circa, Firenze, Gallerie degli Uffizi
Raffaello, Ritratto di Leone X, 1518, Firenze, Gallerie degli Uffizi
Raffaello, Ritratto di Baldassar Castiglione, 1513 circa, Parigi, Louvre Raffaello, Autroritratto, 1506-1508 circa, Firenze, Gallerie degli Uffizi Raffaello, Ritratto di Leone X, 1518, Firenze, Gallerie degli Uffizi
Quasi una lettera d’intenti, prima che una vera e propria missiva, in cui i due umanisti ribadiscono, in una scrittura a quattro mani ma ciascuno secondo le proprie competenze (sono un artista e un letterato) la necessità di preservare le antichità romane, poiché conservandone e valorizzandone la perfezione tecnica e formale se ne tutelano anche i valori che le hanno informate. Quasi un testo programmatico, dunque, che non è certo che sia pervenuto fra le mani del destinatario. Ma comunque, recapitata o meno, la Lettera comunque getta un seme, e il messaggio è chiaro: tutelare le antichità, preservarne l’integrità materiale, a dispetto dell’usura del tempo e dell’incuria da parte dell’uomo,  e coglierne ed ereditarne l’intrinseco valore storico ed ideale, per poterlo poi efficacemente trasmettere ai posteri.

Seme che germoglierà di lì a breve, quando nel 1534 il papa Paolo III Farnese istituirà l’Ufficio di Commissario alle antichità di Roma, e nel 1574 quando Gregorio XIII ribadirà l’ assoluta priorità del bene e del decoro pubblico sulle cupiditates  e sui commoda dei privati, sottoponendo a rigido controllo qualsiasi attività edilizia. Corre l’obbligo, tuttavia, di segnalare che il terreno per tali importanti iniziative e cambiamenti culturali era comunque già fertile e pronto da tempo: già i papi Martino V nel 1425, Eugenio IV nel 1437, e Pio II nel 1462 avevano emanato norme per limitare l’esportazione di antichità a Roma. Con Leone X e Raffaello il processo culturale giunge pertanto a maturazione.

E veniamo dunque al nostro laboratorio, della durata di un paio d’ore.

Lo scenario: affinché gli studenti possano sentirsi più coinvolti da questo denso discorso intorno al patrimonio culturale, stabiliamo prima di tutto quale sia lo scenario più adatto alla rievocazione della Roma rinascimentale che a sua volta rievoca la Roma antica… un bell’affaccio sul Foro Romano (dal Campidoglio, ad esempio, o dalla terrazza a ridosso dell’Arco di Settimio Severo), o il verde e centralissimo Parco di Colle Oppio a pochi passi dall’ingresso della Domus Aurea, saranno perfetti.

Introduciamo l’argomento: una volta accomodatici tutti (prati, scalinate o sedute di vario genere per fortuna a  Roma non mancano mai), raccontiamo dell’arrivo a Roma di Raffaello, del suo ingresso presso la corte pontificia, degli incarichi d infine, dulcis in fundo, dello spunto didattico che animerà il nostro laboratorio, cioè la famosa
Lettera a Leone X
. E poi, per entrare nel vivo della maieutica laboratoriale, poniamo domande per sollecitare il dialogo con gli studenti e trarre conclusioni insieme a loro.

Per rompere il ghiaccio poniamo la prima, semplice ma fondamentale questione: secondo voi come definiamo il concetto di “patrimonio culturale”, e quali elementi lo definiscono e costituiscono? Invitiamo preventivamente i ragazzi a non limitare la loro riflessione alle risposte più prevedibili (il Colosseo, le chiese, una statua). E qui, dopo qualche esitazioni iniziale, le risposte sono state varie e talvolta divertenti: i sampietrini, un parco, un cibo tipico, una specie animale, una pianta, una penna, Un albero molto antico, un insetto conservato nella resina, un fossile, Matera, la taranta, la carbonara, gli zoccoli olandesi, il kilt scozzese, il balcone di Romeo e Giulietta a Verona, un film…

A seguire, la questione successiva: quale è stata una esperienza di fruizione di un bene culturale che vi ha entusiasmati e/o cambiati? Ecco le poliedriche risposte: viaggio in Cina, Amsterdam e le sue tipiche abitazioni lungo il fiume (“sarebbe bello andarci a vivere”, è stato detto), i grattacieli, aver vissuto in Germania, le Maldive, Capo Nord, la carbonara (nuovamente!…), una finale di calcio allo stadio, Il Museo Guggenheim a New York, l’isola di Santorini, le Dolomiti, Pompei ed Ercolano, la veduta paesaggistica marina con il relitto della nave Chrisso a Porto San Paolo (Olbia), il Museo Van Gogh, aver vissuto per un anno a Londra, il Museo di Storia Naturale a New York, aver dormito una notte sulla spiaggia di un’isola greca, la casa di Anna Frank ad Amsterdam, il balcone di Romeo e Giulietta a Verona, le Piramidi, la Casa di Picasso, il Muro del Pianto a Gerusalemme, il viaggio in Giappone, una giornata a Disneyland, il Grand Canyon, il Memorial delle Torri Gemelle, l’aver pregato come i musulmani in una moschea ad Istanbul, il paesaggio della Svizzera.

Dopo avere ascoltato le loro, anche noi a nostra volta abbiamo offerto alcune risposte fornendo esempi concreti di tutela di beni che oggi ormai facciamo rientrare nell’onnicomprensivo concetto di patrimonio mondiale dell’umanità. Tre per tutti: lo 
Svalbard Global Seed Vault
 (“Deposito globale di semi delle Svalbard”), il caveau di massima sicurezza fondato nel 1984 per conservare sementi e specie vegetali, utilissimo in un mondo segnato da conflitti e a rischio collasso ambientale; il romano
Museo delle Arti e Tradizioni Popolari
, perché anche una culla, un setaccio, una vanga, una cassettiera possono diventare patrimonio culturale in quanto testimonianza di usi, costumi, tradizioni che in buona parte sono andati persi; l’
Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano
(), fondato  nel 1984, e  l’annesso
Museo del diario
, istituito nel 2013, preziosi luoghi di tutela della memoria, individuale e collettiva, nati in una città quasi completamente distrutta dalle bombe della Seconda Guerra Mondiale, costituiscono un’interessantissima esperienza di tutela della identità nazionale attraverso un bene culturale molto singolare, quale un diario privato.

Un passo avanti nella riflessione di gruppo: pensate che il patrimonio culturale sia un bene comune che deve essere accessibile a tutti? Ovviamente la risposta dei ragazzi è sì, ma, al di là della ovvietà, li invitiamo ad argomentare e riproponiamo loro il concetto di “pubblica utilità”: a tal proposito citiamo le biblioteche pubbliche (con riferimento alla rete romana
Biblioteche di Roma
), la cui fruizione è gratuita e il cui obiettivo è la diffusione della cultura di base. Pensiamo alle biblioteche itineranti di inizio ‘900, oggi Bibliobus, che andavano incontro a chi non poteva spostarsi per i più diversi motivi.

La riflessione collettiva prosegue, seguiamo un filo di pensieri e questa volta chiediamo: chi come e perché tutela il patrimonio culturale che (a questo punto è assodato) è un bene comune? Lo Stato? Gli enti locali? E il singolo individuo cosa può e/o deve fare? È l’immensa opera dello storico dell’arte marchigiano Pasquale Rotondi (1909-1991) ad aiutarci nell’esemplificare il lavoro che il singolo individuo può compiere a difesa del patrimonio culturale, nella dimensione del tempo presente e per i posteri: durante il secondo conflitto mondiale, infatti, il Rotondi letteralmente mise in salvo dalla devastazione della guerra, fra rocamboleschi traslochi e insospettabili rifugi, 7821 opere d’arte, fra cui numerosi capolavori dell’arte italiana del Rinascimento. In nome del suo impegno e della sua figura è stato istituito un premio (
https://premiorotondi.it/
), e sono regolarmente promosse iniziative culturali che si ispirano al suo lavoro. Un esempio preziosissimo ed indimenticabile di cura del patrimonio collettivo.

Il laboratorio giunge ad un impasse, ma un dubbio comunque costruttivo, davanti allo spinoso concetto di “turismo di massa”: risorsa o flagello? Poiché il fenomeno è entrambe le cose (ma in questa sede non apriamo, almeno per ora, la complessa discussione), il confronto  giustamente si anima, senza giungere ad una conclusione definitiva.

Ciò che ha dato frutti, invece, è il pensiero di Raffaello, non a caso raccolto e fatto proprio due secoli e mezzo dopo dallo scultore neoclassico per eccellenza, Antonio Canova. Impegnato nell’autunno del 1802 a scolpire, in Francia, il ritratto di Napoleone, il grande artista ebbe a dire ad un tratto all’imperatore in posa, all’epoca intento a spoliare l’Italia delle sue antichità per portarle in Francia:

In questa occasione gli mostrai come il popolo romano abbia un sacro diritto sopra tutti i monumenti che si discoprono nel suo terreno, e come questo sia un prodotto intrinsecamente unito alla terra, così che né le famiglie gentilesche né il principe stesso potrebbero quelle cose mandar fuori di Roma, alla quale appartengono come eredità dei maggiori e premio di vittoria degli antichi.

Infine, e non a caso, ricordiamo ai nostri giovani interlocutori l’articolo 9 della nostra Costituzione, entrata in vigore il 1° gennaio 1948 e nella quale possiamo ritrovare stessa sensibilità culturale di 400 anni prima: «La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». Vale la pena fornire anche riferimenti al nostro
Codice dei Beni culturali e del paesaggio
(2004) e alla
Convenzione di  Faro
(2005), convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore dell’eredità culturale per la società.

P. S. Questo laboratorio è stato elaborato dalla nostra Associazione nell’ambito del progetto APPasseggio nella storia e sperimentato con 9 classi dell’IC Visconti di Roma durante l’iniziativa di scuola diffusa “Porte aperte al Viscontino” (a.s. 2020-2021).

[Chiara Morabito, storica dell’arte, divulgatrice didattica e guida turistica, 1 gennaio 2021]

L’eredità di Raffaello nella tutela del patrimonio culturale: suggerimenti per un laboratorio di legalità


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