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Domenica 10 Gennaio 2021 06:01

Salviamo la Fornace Veschi, simbolo della storia operaia di Valle Aurelia

La struttura, ristrutturata nel 2018, è già devastata dai vandali. Annegata nel centro commerciale, dovrebbe diventare l'unico spazio a disposizione dei cittadini della zona

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Tutta la Roma moderna è nata qui. O meglio, i mattoni con i quali è stata costruita la città del novecento. In questa valle c’erano 18 fornaci che producevano laterizi, tavelloni, foratini con i quali sono stati edificati palazzi, chiese, scuole, ospedali. Un lavoro continuo, 24 ore al giorno, perché i forni non si devono spegnere mai, altrimenti riaccenderli è un’impresa.

Il fumo bianco e pesante invadeva giorno e notte l’aria del quartiere a pochi chilometri da San Pietro, un’area concava, circondata dal Monte Ciocci e dalla ferrovia. Tanto che i romani l’avevano chiamata “Valle dell’Inferno”. Secondo gli storici, il nome sarebbe precedente, risalirebbe addirittura alla metà del ‘500 quando i Lanzichenecchi fecero strage delle truppe pontificie. Fu una carneficina , anzi “un inferno“. Ma non è detto che il vecchio toponimo si sia risvegliato proprio a causa delle grandi fornaci della Valle.





 

Di quelle 18 strutture giganti, oggi ne resta solo una: la Veschi. Rimasta come simbolo del passato, è stata inglobata nello sfavillante centro commerciale Aura. Un pezzo di archeologia industriale nel cuore di un mall all’americana. Il contrasto è gustoso e anche l’uso della fornace sarebbe divenuto un simbolo presente della gloriosa storia industriale della Valle. I residenti del quartiere sognavano di farne uno spazio polifunzionale, con una biblioteca e strutture a servizi dei cittadini.



 

E invece il degrado si è impossessato di questa bella costruzione, completamente restaurata solo tre anni fa a spese della società proprietaria del centro commerciale. Gli interni sono stati devastati dai vandali, il cartongesso distrutto e preso a calci. Alcuni angoli sono pieni di immondizia e in estate è luogo di ritrovo di sbandati e baby gang.







 

Nel luglio del 1981, l’intera Valle dell’Inferno fu spianata dalle ruspe. Il Comune voleva realizzare qui case popolari, ambulatori e concedere il terreno a costruttori privati. Il Comitato dei residenti, all’epoca, si pose di traverso alla distruzione della Fornace Veschi. Voleva che restasse a futura memoria di quello che era stato quel quartiere di mattoni e operai. E per la Veschi si era immaginato di tutto ma non certo l’abbandono che c’è oggi.

Quando fu concessa l’autorizzazione a edificare il centro commerciale, l’unica opera di interesse pubblico chiesta ai costruttori fu proprio il restauro della Fornace. I privati hanno mantenuto l’impegno, hanno consegnato al Campidoglio e al Municipio una struttura messa a nuovo, con il tetto rifatto e l’antico splendore valorizzato. Ma il Comune non ha saputo come usarla e i vandali se ne sono impossessati.

Scriveva
il Comitato di Quartiere Valle Aurelia nel 2018: “Mantenere oggi la fornace Veschi incompleta e inutilizzata sarà domani la scusa con cui si chiederà di affidarla al privato. Il comitato di quartiere non permetterà che la fornace diventi appannaggio del centro commerciale e continuerà a battersi nelle sedi istituzionali e tra le strade del quartiere affinché l’unico spazio pubblico destinato ai cittadini resti tale”.

In seguito, il Cdq assieme a Pinacci Nostri, Trionfalmente 17, Associazione La Valle, Comitato Monte Ciocci e Associazione Villa Carpegna, presentò una proposta per rendere gli 800 mq “bene comune”. Come destinazione d’uso si pensò a sala prova musicale, sala lettura, area per esposizioni, sala per conferenze e corsi. Per la sua gestione i cittadini avevano pensato all’Istituto delle Biblioteche di Roma.



 

Il progetto è rimasto sulla carta non solo per la cronica mancanza di fondi, ma soprattutto per la consueta incapacità del Comune di trovare sponsor in grado di sostenere le spese. Purtroppo, come più volte abbiamo raccontato nella rubrica “Città in rovina”, i progetti sociali sono eccellenti ma non si realizzano senza una vera guida pubblica. E a Roma la guida pubblica non c’è da tempo. La giunta Raggi non ha certo invertito questa tendenza.

Cosa succederà alla Fornace Veschi non è facile prevederlo. La sua distruzione potrebbe essere completa al punto da doverla risistemare da capo. E questo vorrebbe dire condannarla all’oblio. Oppure si può intervenire in fretta, salvando quanto ancora è in buone condizioni e coronare il sogno del quartiere di farne un luogo del ricordo e della storia recente.

 

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