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A la sora Teta che pijja marito

Gioacchino Belli

Coll’occasione, sora Teta mia,
d’arillegramme che ve fate sposa,
drento a un’orecchia v’ho da dí una cosa
pe’ rregalo de pasqua bbefania.

Nun ve fate pijjà la malatia

come sarebbe a dí d’esse gelosa,
pe’ nun fà come Checca la tignosa
che li pormoni s’è sputata via.

Ma si piuttosto ar vostro Longarello
volete fà passà quarche morbino
e vedello accuccià come un agnello;

dateje una zeccata e un zuccherino;
e dorce dorce, e ber bello ber bello,
lo farete ballà sopra un cudrino.

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