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Venerdì 11 Giugno 2021 17:06

Di ritorno dal funerale di C.

Oggi, alle 14,00, si sono svolti, nella chiesa di San Barnaba, i funerali della tredicenne che, domenica scorsa, a Torpignattara 
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Oggi, alle 14,00, si sono svolti, nella chiesa di San Barnaba, i funerali della tredicenne che, domenica scorsa, a Torpignattara (precisamente nella zona di Villa Certosa), si è tolta la vita in circostanze e per motivi che gli inquirenti stanno vagliando con attenzione e con molta cautela.

L’adolescente, di nome C. (uso soltanto l’iniziale per ovvi motivi di rispetto), non lasciava affatto trapelare, all’esterno, intenzioni suicide: me la ricordo come una ragazzina piena di vita, sempre sorridente, molto somigliante alla madre; le piaceva scherzare, correre per le stradine di Villa Certosa e nel giardino “liberato” di via Galeazzo Alessi, stare all’aria aperta in compagnia delle sue amiche, partecipare con interesse alle iniziative sociali che si svolgevano nel quartiere.

Un quartiere che ha appreso con sgomento la notizia della sua scomparsa e che si è stretto con affettuoso cordoglio intorno alla mamma e ai suoi familiari. È sempre molto triste apprendere la notizia di un’improvvisa scomparsa; lo è ancora di più quando la persona che ci lascia è nel fiore della vita e non ha ancora alcuna esperienza di tutte le opportunità che essa ci riserva.

Gli antichi affermavano – di fronte alla morte di un giovane o di un bambino – che la causa era da ricercarsi nell’invidia degli dei, sempre pronti a corrucciarsi alla vista della bellezza e della gioventù degli umani. Noi moderni, invece, avendo constatato l’indifferenza della divinità nei confronti delle umane faccende, credo che abbiamo il dovere di chiederci, con sgomento e preoccupazione, in che cosa abbiamo errato, che cosa abbiamo trascurato o minimizzato, perché un giovane, avendo di fronte a sé un futuro più o meno luminoso – ma comunque da vivere – sia stato costretto a togliersi l’esistenza.

Forse, senza neanche accorgercene, stiamo costruendo un mondo nel quale i giovani fanno fatica a collocarsi, a costruire relazioni positive con gli altri; stiamo edificando (o lo abbiamo già fatto) una società che dà la massima importanza al presente, al qui ed ora, senza chiedersi che ne sarà del nostro comune avvenire e, soprattutto, del futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti. Stiamo degradando e mandando in rovina un ambiente naturale che dovrebbe essere considerato la “casa comune” non solo per noi presenti, ma anche per le generazioni future.

Viene in mente, a questo proposito, quell’imperativo “ecologico” coniato sessant’anni fa da uno scomparso filosofo tedesco (un certo Jonas) che recita: “Agisci sempre in modo che le conseguenze delle tue azioni non debbano mettere a rischio la possibilità di una vita degna di essere vissuta dalle future generazioni”. Se fossimo davvero convinti della verità di questo imperativo, dovremmo, ciascuno di noi, cominciare a prenderci una “cura” di gran lunga maggiore, rispetto a quella finora manifestata, nei confronti dei nostri giovani e del mondo in cui si muovono. Perché non è affatto vero che “ognuno sta solo sul cuor della terra, trafitto da un raggio di sole, ed è subito sera”, come dice il poeta. Non siamo affatto soli, abbiamo bisogno ciascuno dell’altro, siamo interdipendenti e “connessi” (in senso autentico, non telematico) gli uni agli altri. Rimane, nel fondo della nostra anima, insieme a queste amare riflessioni, il dolore immedicabile per una giovane vita spezzata, così come lo abbiamo stentatamente e pudicamente espresso oggi con l’affettuoso abbraccio offerto alla mamma e ai suoi familiari.

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