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Venerdì 14 Gennaio 2022 14:01

Patanè, linea C: prima di richiedere risorse MIMS, risolvere contenzioso

“O chiudiamo il contenzioso o non si va avanti”, questo è quanto dichiarato sulla Linea C dall’Assessore Patané all’agenzia DIRE, a margine del XII Congresso della Fit-Cisl Lazio, relativamente alla possibilità che Roma acceda al fondo da 3,7 miliardi per cinque città, messo a disposizione dal Governo, per proseguire con la realizzazione delle metropolitane. “Di questi 3,7 miliardi speriamo di intercettare una fetta importante per proseguire con la tratta T2. Il rapporto con il Mit è ottimo e il dialogo è costante, l’ultima riunione è stata fatta la settimana scorsa”, ha proseguito l’Assessore. “L’obiettivo è andare avanti ma affinché queste somme possano essere concesse a Roma […] dobbiamo prima risolvere questo contenzioso. Non è una minaccia ma lo stato dell’arte. Lo dobbiamo risolvere anche per salvare Roma Metropolitane. Quindi risolviamolo, poi potrò chiedere le risorse che il Mit, entro un mese, più o meno, dovrebbe distribuire alle varie città.” Il tema del contenzioso tra Metro C scpa e Roma Metropolitane è infatti, ormai da 8 anni, il tema che più di tutti assilla i palazzi romani relativamente al prosieguo dell’opera. Un contenzioso monstre da circa 750 milioni, sebbene, come ha ricordato l’assessore, solo una minima parte di tali somme sia stata riconosciuta nei tribunali. Nei fatti, le numerose relazioni tecniche commissionate dai giudici hanno riconosciuto a Metro C scpa, in media, appena il 9% del petito. Si tratterebbe di circa 70 milioni, a fronte di un’opera dal valore, sino a Clodio, di oltre 5 miliardi.  Mettere a rischio un finanziamento miliardario del Ministero a fronte di un rischio così basso, in rapporto al valore dell’opera, ci sembra un assurdo. Pensare di risolvere prima il contenzioso e poi procedere al finanziamento è assolutamente irrealistico, perché non ci sono i tempi per risolvere il contenzioso prima del riparto del finanziamenti, che avverrà non oltre il primo semestre del 2022. Il problema del contenzioso esiste, semmai, in relazione alla sopravvivenza di Roma Metropolitane ed al rapporto, tutto interno al Campidoglio, tra il Comune di Roma e la sua società partecipata. La convenzione del 2005 tra Comune di Roma e Roma Metropolitane scarica infatti su quest’ultima, una minuscola s.r.l., tutto il rischio legato alla realizzazione delle opere, motivo per cui anche il più piccolo contenzioso innesca il blocco totale della stazione appaltante. Non a caso le varie crisi di insolvenza di Roma Metropolitane non sono mai state causate, neanche una volta, dal contenzioso delle Linea C, ma dai contenziosi ben più piccoli relativi ai corridoi filoviari. Ciò che quindi va riordinato, nell’immediato, è proprio il rapporto tra il Comune e la sua partecipata, che deve uscire quanto prima dalla liquidazione, e che deve essere preservata dal rischio, per essa insostenibile, del contenzioso. Senza il riordino di questo rapporto, per giunta, il Comune non può proprio intervenire nel contenzioso tra Metro C e Roma Metropolitane, che sulla carta è un contenzioso tra un appaltatore e una società che pur essendo del Comune è dotata di una personalità giuridica totalmente distinta dal Comune. Il Comune, nei fatti, si troverebbe a trattare su un giudizio di cui non è una parte direttamente coinvolta e da cui, oltretutto, è espressamente manlevato dalla convenzione del 2005, come ribadito anche dalla Corte dei Conti. Ma una via d’uscita c’é, immediatamente eseguibile e già sperimentata in altri casi. Il Comune di Roma deve semplicemente aggiornare la Convenzione di Roma Metropolitane, contestualmente alla necessaria ricapitalizzazione, nelle stesse identiche modalità con cui il Comune di Milano ha aggiornato il contratto di servizio di Metropolitana Milanese. Non bisogna inventarsi nulla, basta copiare da chi negli ultimi anni le metropolitane le ha costruite davvero. Con Delibera di Giunta Comunale n. 178/2019, infatti, il Comune di Milano ha ridefinito i rapporti con la propria partecipata, inserendo una clausola semplicissima: “il Comune rimborserà – previa acquisizione di adeguata documentazione – alla Società i soli costi sostenuti a titolo di pretese risarcitorie e/o contenziosi con le imprese appaltatrici”.  Possibile che a Roma non siamo neanche in grado di copiare? Possibile che ciò che ovunque è possibile a Roma diventi impossibile?  

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“Di questi 3,7 miliardi speriamo di intercettare una fetta importante per proseguire con la tratta T2. Il rapporto con il Mit è ottimo e il dialogo è costante, l’ultima riunione è stata fatta la settimana scorsa”, ha proseguito l’Assessore. “L’obiettivo è andare avanti ma affinché queste somme possano essere concesse a Roma […] dobbiamo prima risolvere questo contenzioso. Non è una minaccia ma lo stato dell’arte. Lo dobbiamo risolvere anche per salvare Roma Metropolitane. Quindi risolviamolo, poi potrò chiedere le risorse che il Mit, entro un mese, più o meno, dovrebbe distribuire alle varie città.”

Il tema del contenzioso tra Metro C scpa e Roma Metropolitane è infatti, ormai da 8 anni, il tema che più di tutti assilla i palazzi romani relativamente al prosieguo dell’opera. Un contenzioso monstre da circa 750 milioni, sebbene, come ha ricordato l’assessore, solo una minima parte di tali somme sia stata riconosciuta nei tribunali.

Nei fatti, le numerose relazioni tecniche commissionate dai giudici hanno riconosciuto a Metro C scpa, in media, appena il 9% del petito. Si tratterebbe di circa 70 milioni, a fronte di un’opera dal valore, sino a Clodio, di oltre 5 miliardi. 

Mettere a rischio un finanziamento miliardario del Ministero a fronte di un rischio così basso, in rapporto al valore dell’opera, ci sembra un assurdo. Pensare di risolvere prima il contenzioso e poi procedere al finanziamento è assolutamente irrealistico, perché non ci sono i tempi per risolvere il contenzioso prima del riparto del finanziamenti, che avverrà non oltre il primo semestre del 2022.

Il problema del contenzioso esiste, semmai, in relazione alla sopravvivenza di Roma Metropolitane ed al rapporto, tutto interno al Campidoglio, tra il Comune di Roma e la sua società partecipata.

La convenzione del 2005 tra Comune di Roma e Roma Metropolitane scarica infatti su quest’ultima, una minuscola s.r.l., tutto il rischio legato alla realizzazione delle opere, motivo per cui anche il più piccolo contenzioso innesca il blocco totale della stazione appaltante. Non a caso le varie crisi di insolvenza di Roma Metropolitane non sono mai state causate, neanche una volta, dal contenzioso delle Linea C, ma dai contenziosi ben più piccoli relativi ai corridoi filoviari.

Ciò che quindi va riordinato, nell’immediato, è proprio il rapporto tra il Comune e la sua partecipata, che deve uscire quanto prima dalla liquidazione, e che deve essere preservata dal rischio, per essa insostenibile, del contenzioso.

Senza il riordino di questo rapporto, per giunta, il Comune non può proprio intervenire nel contenzioso tra Metro C e Roma Metropolitane, che sulla carta è un contenzioso tra un appaltatore e una società che pur essendo del Comune è dotata di una personalità giuridica totalmente distinta dal Comune. Il Comune, nei fatti, si troverebbe a trattare su un giudizio di cui non è una parte direttamente coinvolta e da cui, oltretutto, è espressamente manlevato dalla convenzione del 2005, come ribadito anche dalla Corte dei Conti.

Ma una via d’uscita c’é, immediatamente eseguibile e già sperimentata in altri casi. Il Comune di Roma deve semplicemente aggiornare la Convenzione di Roma Metropolitane, contestualmente alla necessaria ricapitalizzazione, nelle stesse identiche modalità con cui il Comune di Milano ha aggiornato il contratto di servizio di Metropolitana Milanese. Non bisogna inventarsi nulla, basta copiare da chi negli ultimi anni le metropolitane le ha costruite davvero.

Con Delibera di Giunta Comunale n. 178/2019, infatti, il Comune di Milano ha ridefinito i rapporti con la propria partecipata, inserendo una clausola semplicissima: “il Comune rimborserà – previa acquisizione di adeguata documentazione – alla Società i soli costi sostenuti a titolo di pretese risarcitorie e/o contenziosi con le imprese appaltatrici”. 

Possibile che a Roma non siamo neanche in grado di copiare? Possibile che ciò che ovunque è possibile a Roma diventi impossibile?

 

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