Servizi > Feed-O-Matic > 254103 🔗

Martedì 7 Giugno 2022 19:06

Un nodo metro-ferroviario per l’area di Roma


Indirizzi e proposte concrete per il PUMS della Città Metropolitana   Roma, 7 giugno 2022 Il presente documento è il frutto di un lavoro congiunto tra l’associazione Roma Ricerca Roma, che ha lo scopo di socializzare e rendere operative le tante ricerche che la comunità scientifica ha prodotto in questi anni sulla città, e il […]

L'articolo
Un nodo metro-ferroviario per l’area di Roma
proviene da
La Metrovia
.

leggi la notizia su La Metrovia




 

Roma, 7 giugno 2022

Il presente documento è il frutto di un lavoro congiunto tra l’associazione Roma Ricerca Roma, che ha lo scopo di socializzare e rendere operative le tante ricerche che la comunità scientifica ha prodotto in questi anni sulla città, e il team di Metrovia, che propone fattivamente un cambiamento radicale nella mobilità romana.

Il documento vuole rappresentare un insieme di proposte utili alla stesura del PUMS metropolitano.

 

Con il PUMS della Città Metropolitana si apre l’occasione, forse l’ultima, per dare al comprensorio della Capitale un futuro davvero risolutivo nel campo della mobilità.

Il PUMS di Roma Capitale, recentemente approvato dal Consiglio Comunale, può essere un primo riferimento di partenza, purché si abbia piena consapevolezza delle sue carenze e criticità.

In particolare, quel PUMS trascura molte opportunità legate alla rete del ferro; manca a volte di coerenza con il PRMTL (piano mobilità della regione Lazio) e con i piani di FS; non si cura di coniugare la mobilità con la sfera urbanistica; si profila spesso come assemblaggio di singoli progetti preesistenti, privo di una visione di sistema più larga e funzionale.

Insomma, al di là delle apparenze, si tratta di un piano “di minima”, che non osa spingersi su soluzioni decisive per adeguare la mobilità romana a quella di una grande metropoli.

D’altronde è il PUMS metropolitano che dovrebbe offrire le linee guida a quello urbano, e non viceversa.

Ma il processo è stato avviato in modo inverso. E occorre quindi ottenere un risultato ottimale con un percorso a ritroso, che da un lato mantenga le opere del PUMS di Roma che sono già avviate, ma al tempo stesso, nel tratteggiare uno scenario più largo, intervenga su quelle ancora passibili di modifica, beneficiando dello sguardo prospettico che lo strumento metropolitano possiede: perché questo PUMS, di ordine superiore, prevale su quello urbano.

A Roma la popolazione della città consolidata è diminuita sensibilmente negli ultimi anni: circa un terzo degli abitanti non vive più nella città che funziona meglio (e più servita dal trasporto pubblico). Nel frattempo sono raddoppiati gli abitanti della periferia anulare, cioè la città che funziona peggio (scarsamente servita). Con il risultato paradossale di ottenere, citando l’efficace definizione di Walter Tocci, da una parte una città senza abitanti e dall’altra tanti abitanti senza città.

Si assiste inoltre anche a un esodo dalla Capitale, che ha prodotto da un lato la crescita dei piccoli centri nella cintura di Roma e dall’altro un’espansione disordinata e frammentata dell’abitato nella campagna romana. Nell’insieme, una “corona” diradata sul territorio, perfino più grande della Greater London ma con la metà della popolazione, con caratteristiche qualitative decisamente inferiori rispetto alla città consolidata e in stretta dipendenza con essa
[1]
.

Malgrado il rapporto simbiotico con Roma, la “corona” è ancora largamente priva di servizi di trasporto e di collegamenti adeguati.

D’altra parte anche la città di Roma è molto lontana dagli standard di mobilità delle grandi capitali europee: il traffico, i lunghi tempi di percorrenza e l’inadeguatezza dei servizi di trasporto rendono la capitale non appetibile per gli operatori economici, poco fruibile per i turisti e invivibile per i cittadini.

È la seconda città più estesa d’Europa e manca di una rete di trasporto di massa davvero efficace, che faccia fronte alle esigenze di carico, frequenza, regolarità e copertura del territorio. Fino ad oggi il trasporto pubblico si è fondato principalmente sui tradizionali autobus, cioè i mezzi meno capienti, più lenti e inquinanti, che patiscono inefficienze anche per le difficoltà gestionali di una rete così capillare. Con la conseguenza che la mobilità è demandata soprattutto al mezzo privato, favorito dalla costruzione di grandi cinture e arterie di comunicazione (il GRA, l’Olimpica, il Muro Torto etc.).

Tutto questo concorre a cronicizzare il problema del traffico e dell’inquinamento ambientale e richiede, sia a livello urbano che di area vasta, delle risposte adeguate.

Le soluzioni agiscono su entrambi i fronti, con interventi che rispondono a finalità contrapposte, ma del tutto complementari.

Da un lato occorre venire incontro a questo fenomeno dispersivo sul territorio che, seppur nocivo, è ormai una realtà concreta cui bisogna offrire più servizi e una migliore accessibilità. E questo si può fare anzitutto attraverso una “cura del ferro regionale”, quale asse portante di una mobilità ecologica e funzionale, su cui imperniare altri interventi infrastrutturali, specie alternativi alla gomma.

Dall’altro il fenomeno dispersivo occorre arginarlo recuperando il deficit infrastrutturale di Roma, così da riportare o trattenere la popolazione entro i confini urbani. Con un progressivo, tangibile miglioramento della mobilità capitolina che, al pari delle altre grandi città europee, non può prescindere da un netto incremento della rete urbana del ferro. Come? Avviando la realizzazione delle moderne tranvie presenti nel PUMS urbano, ma soprattutto moltiplicando la rete di metropolitane, rimasta al palo da troppo tempo (con due linee all’attivo e una terza ancora incompleta e con scarsa frequenza), portandole da Roma fino a importanti comuni della Città Metropolitana come Ciampino, Guidonia e, con l’ausilio di un tram, Fiumicino, Pomezia e i Castelli Romani.

A riguardo, i ritardi accumulati e i tempi imposti dalla transizione ecologica richiedono un cambio di passo veloce, che eviti un’attesa di decenni. Urge pertanto una soluzione concreta, risolutiva e ricca di vantaggi, che risiede nel riutilizzo delle infrastrutture ferroviarie esistenti e previste.

Questo significa riuso non solo dei binari, ma anche delle stazioni, che devono diventare la base di un assetto urbanistico integrato, policentrico e sostenibile, come ci insegnano le principali città internazionali.

Da semplici spazi di transito accessoriate con i servizi ai viaggiatori, le stazioni metropolitane devono diventare spazi polifunzionali, dove concentrare parcheggi, negozi, bike-center, officine, sportelli postali e bancari. E poi perfino uffici, ambulatori e asili nido (sull’esempio di Francia e Giappone), al fine di favorire la concentrazione delle attività terziarie proprio sui nodi della mobilità urbana, secondo l’idea della “stazione da abitare”
[2]
.

Questo fa anche da volano per una rigenerazione urbana, sia per i vuoti che isolano dal tessuto consolidato, sia per tutti quegli insediamenti privi di identità (per esempio i paesi “dormitorio”) dell’area metropolitana che devono essere rivitalizzati con nuovi servizi e luoghi da vivere (spazi pubblici, biblioteche, teatri, ospedali etc.).

Il riuso ottimale di questa “maglia” fatta di linee (i binari) e nodi (le stazioni) è la chiave per dotare finalmente l’intera area metropolitana di un sistema di trasporti sostenibile nella qualità e nella quantità: frequenze adeguate, elevato numero dei passeggeri, maggiore copertura del territorio, minimo impatto ambientale e conseguente diminuzione delle automobili. Il tutto con costi e tempi relativamente contenuti.

D’altronde oggi tutto questo è possibile.

L’avvento dell’Alta Velocità ha infatti liberato dal traffico nazionale diversi binari, lasciando piuttosto scariche alcune linee e aumentando le tracce disponibili. Inoltre la tecnologia ad Alta Densità ferroviaria, che sarà implementata nel nodo di Roma, offre la possibilità di frequenze molto maggiori rispetto ad oggi
[3]
. Sono entrambe novità che aprono nuove prospettive per la mobilità urbana e regionale, e vanno còlte. Sia pensando a un servizio di metropolitane di superficie per la città, sia potenziando il trasporto pendolare per l’area vasta.

Per comprendere come impostare i servizi ferroviari sul nodo di Roma, occorre partire da un dato: Roma è una città centripeta. Gli spostamenti di gran lunga prevalenti nell’area metropolitana, avvengono tra l’hinterland e la Capitale.

Nel caso del traffico automobilistico questo congestiona alcune direttrici radiali su cui si concentrano i flussi di immissione dall’esterno (le strade consolari), specie negli orari di punta. Nel caso dei trasporti ferroviari (le Ferrovie Laziali), si accentua il pendolarismo dei viaggiatori tra Roma e le principali località esterne servite dai treni: dalle stazioni Ostiense e Tiburtina a Civitavecchia, Viterbo, Tivoli, Monterotondo, Fara Sabina; dalla stazione Termini ai Castelli Romani, Anzio, Nettuno, l’area di Pomezia, Colleferro e Cassino.

Roma è dunque raramente una città “passante”, mentre è molto più spesso origine e destinazione del viaggio.

L’attuale trasporto regionale delle FL è nato negli anni ‘90 come parte della celebre “cura del ferro” delle giunte Rutelli, che rappresenta ancora l’unico intervento strutturale per i trasporti romani degli ultimi decenni. Lo scopo meritorio è stato quello di generare un servizio di collegamento importante per molte località del Lazio, prima deficitario, offrendo al contempo un’occasione per estendere la rete di connessioni interne della città attraverso la ferrovia, in alcuni casi anche con una discreta capillarità.

Un passo importante, dunque, per i collegamenti regionali e anche un primo passo significativo per compensare la carenza infrastrutturale capitolina, sia pure adattando un mezzo ferroviario non concepito per il trasporto urbano.

Ma a distanza di anni, questa duplice funzione dei treni (per la regione e per la città) sconta alcuni limiti, soprattutto nel caso dell’area metropolitana di Roma.

Ha piena efficacia in contesti diversi, come ad esempio Milano. Milano (anche intesa come regione più vasta rispetto al solo confine comunale) dispone già di una discreta rete di metropolitane per la mobilità interna e quindi l’integrazione con un servizio ferroviario suburbano che effettua più fermate in città è un ulteriore elemento di connessione utile per fare rete. Inoltre Milano riveste per i viaggiatori sia il ruolo di “destinazione” che quello di “attraversamento”: perché l’obiettivo del viaggio di chi si muove dalla regione può essere il capoluogo stesso, oppure spesso anche una provincia o uno dei centri dell’hinterland densamente abitato, transitando per Milano. Ecco perché in questo quadro il Passante Ferroviario (il servizio di treni suburbani che coniuga il collegamento interregionale con diverse soste all’interno della città) si rivela un servizio assolutamente adeguato.

Invece nell’area metropolitana di Roma, con una scarna rete metropolitana e priva di sufficienti nodi di scambio, le soste urbane dei treni regionali non producono l’effetto rete necessario e quindi finiscono per scontare soprattutto i limiti dei convogli pensati per la media-lunga percorrenza: più lenti sulle tratte brevi, a frequenza limitata, a due piani con scale interne, con meno portelloni, con operazioni più lunghe di imbarco e sbarco e quindi con soste protratte alle stazioni. Tutti fattori che li rendono meno attrattivi per spostarsi in città. Il che non disconosce una loro utilità, ma segnala che, una volta ripensato a dovere, questo servizio offre ampi margini di miglioramento.

Per chi si muove da lontano, invece, le ripetute fermate urbane sono in gran parte inutili, e finiscono solo per rallentare l’arrivo dei pendolari alle destinazioni finali, cioè le stazioni nodali della mobilità.

Quel servizio nato con un compito utile e necessario, appare oggi una soluzione superabile.


I treni regionali che effettuano anche servizio urbano: scale interne, prevalenza di posti a sedere, due soli portelloni per lo sbarco.
Con le nuove tecnologie a disposizione e con le opportunità offerte dalla rete ferroviaria, tenendo conto della preminente forza gravitazionale della città sul suo hinterland, è possibile sdoppiare i servizi e soddisfare due esigenze contrastanti: da un lato quella di muoversi dentro Roma con maggiori frequenze, molte più fermate e convogli adeguati alla mobilità urbana, quindi con vere e proprie metropolitane di superficie; dall’altro quella di accelerare l’arrivo alla destinazione finale per i pendolari, che affrontano un tragitto più lungo e hanno quindi bisogno di recuperare tempo sulla tratta urbana.

Una volta soddisfatte, con lo sdoppiamento del servizio, le due esigenze primarie della mobilità sul nodo ferroviario, è possibile immaginare i trasporti regionali come grandi passanti di attraversamento urbano veloce, che superino il modello centripeto e favoriscano nuove connessioni tra i centri limitrofi dell’area metropolitana ed oltre.

Alla luce di questo quadro prendono dunque forma alcune importanti direttrici che riteniamo possano guidare la revisione della rete del ferro nel nuovo PUMS metropolitano. Ne segnaliamo tre (e una quarta in appendice).

Due legate ai “servizi metropolitani”, che rispondono a logiche tra loro antitetiche, ma entrambe necessarie e complementari, orientate appunto a servire meglio l’hinterland e la stessa città di Roma. E una terza orientata ai temi delle merci e della logistica: “la rotta commerciale”.

 

Scavare nuove linee metropolitane, che richiedono prolungate indagini archeologiche preliminari, è un’opzione sempre necessaria, ma per il lungo periodo. Inoltre Roma è troppo estesa e diradata e il costo delle linee sotterranee diventa molto meno conveniente rispetto alle altre grandi capitali.

Su questo fronte si può dunque rimanere sullo schema delle 4 metropolitane ipogee previste, cui si potrebbe valutare l’eventuale aggiunta di una quinta linea, di cui trattiamo in appendice.

È possibile invece raggiungere un risultato decisivo ricavando le nuove metropolitane in superficie, sulle infrastrutture ferroviarie che attraversano Roma.

Il progetto Metrovia
[4]
(
www.metroviaroma.it
) ha previsto la possibilità di realizzare 6 linee metropolitane sul tracciato urbano delle ferrovie: 2 sulle ex concesse (Roma Lido e Roma Nord, come prevede anche il PUMS urbano); 4 su binari dedicati a trasporto regionale e lunga percorrenza (esclusa l’Alta Velocità).

Un servizio da prevedersi con treni allestiti per un trasporto urbano (quindi in tutto simili alle metropolitane, es. le S-Bahn di Berlino) che effettuano un vero servizio da metropolitane in termini di fermate, frequenza, portata, velocità commerciale.


La conformazione urbana delle S-Bahn di Berlino, treni che circolano sulle linee ferroviarie, in superficie

 Moltiplicando le interconnessioni tra il “sopra” e il “sotto”, si ottiene un sistema omogeneo e integrato fra le metropolitane esistenti e le nuove linee metropolitane di superficie. Una maglia di trasporto su ferro efficace che, senza avventurarsi in opere decennali, avvicina Roma agli standard di Parigi, Londra, Berlino e Madrid.


Le linee metropolitane attuali e, in grigio, il sistema delle ferrovie regionali (FL) che attraversano Roma.

Il sistema delle metropolitane comprensivo di quelle di superficie previste dal progetto Metrovia.
 

 

Il sistema sfrutta gli interventi da tempo previsti da FS sul nodo di Roma (adeguamento tecnologico all’Alta densità ferroviaria; nuova stazione Pigneto; chiusura dell’anello ferroviario; quadruplicamento parziale della linea da Ciampino; bretella Maccarese-Ponte Galeria; quadruplicamento Ponte Galeria-Fiumicino; raddoppio della Guidonia-Tivoli) che vanno solo adeguati e predisposti alla compresenza di un servizio urbano
[5]
. Ad essi si devono aggiungere: interventi minori sui binari (bivi, scavallamenti); la moltiplicazione delle connessioni con le metropolitane ipogee; la creazione di numerose nuove fermate. Il progetto Metrovia prevede fino a 26 nodi di scambio complessivi e la possibilità di 50 nuove fermate.

Inoltre questo sistema è studiato per essere compatibile col trasporto regionale. A seconda delle linee, servizio urbano e servizio FL possono viaggiare in parallelo (quindi su binari differenti) oppure sullo stesso tracciato dotato di nuove fermate con “binari di precedenza”: un raddoppio dei binari in prossimità delle stesse, per deviare il treno metropolitano ed effettuare la sosta, lasciando libero il passaggio per il treno regionale.

Oltre al trasporto urbano, il fenomeno dispersivo che caratterizza l’area di Roma richiama l’importanza sempre crescente di incrementare l’offerta di servizi per il trasporto regionale, con particolare attenzione per l’hinterland che gravita sulla Capitale.

Ecco dunque la seconda direttrice di intervento: potenziare e arricchire l’offerta di questi collegamenti, facendo leva sia sui servizi della rete ferroviaria, sia su tutti quegli strumenti in grado di contenere e fornire alternative al trasporto su gomma, che è la principale causa di congestione e di inquinamento.

Sotto il profilo della rete del ferro, questo significa aumentare la qualità e l’offerta dei treni regionali, sulla base di quanto previsto dal protocollo d’intesa tra FS e Regione Lazio, a cominciare dal raddoppio delle linee ancora a binario singolo.

Grazie alla capillarità interna assicurata dal servizio urbano delle metropolitane di superficie, le ferrovie laziali possono eseguire dentro Roma le sole fermate nelle stazioni hub (a seconda dei casi Termini, Tiburtina, Ostiense, Pigneto), riducendo quindi le soste attuali, e intercettare qualche nuova fermata lungo il percorso esterno. Ad esempio, sulla FL1 sarebbe possibile avere una seconda stazione per il comprensorio di Monterotondo (40.000 abitanti e un polo produttivo), grazie all’estensione lineare della frazione scalo, con possibilità quindi di diversificare l’accesso al ferro e con beneficio per l’attrattività del servizio per tutto il comune.

Da un lato quindi, una rete di superficie che copra Roma in modo molto più capillare, dall’altro treni regionali passanti, di collegamento dell’hinterland con soste di solo scambio a Roma, che intensificano la capillarità sul territorio suburbano e regionale e mettono in connessione diretta, da un capo all’altro della regione, i centri più importanti.

Oltre al sistema ferroviario, occorrerà poi integrare i collegamenti con strade, piste ciclabili, parcheggi di scambio, tutti elementi fondamentali di adduzione che possono combinarsi con la ristrutturazione delle vecchie stazioni, così da trasformarle in nuovi piccoli hub di interscambio modale.

In particolare bisognerà dotare il GRA della Capitale di una serie di parcheggi di scambio in prossimità delle stazioni della rete del ferro, per favorire l’abbandono dell’auto ai margini della città e l’utilizzo del sistema metro-tranviario per la mobilità urbana.

Infine, da non sottovalutare le potenzialità di servizi ibridi come il tramtreno. Un convoglio tranviario a lunga percorrenza assai flessibile, capace di percorrere linee ferroviarie e al tempo stesso di instradarsi nei tessuti abitati per raccogliere l’utenza più in profondità. Un sistema che si può ben adattare alla distribuzione “a macchia di leopardo” che caratterizza il modello insediativo di questo territorio
[6]
.



Si ricapitolano di seguito i principali interventi sul sistema ferroviario, per una rete del ferro integrata con le metropolitane, con coabitazione dei servizi urbano e regionale.

  • Interventi tecnologici per consentire frequenze dei treni fino a 3-4 minuti. Questa innovazione (HD Ertms) è già programmata da Rfi e prevista nel PUMS di Roma, nel Piano Regionale e anche nel Recovery Plan. E consente di triplicare l’offerta di posti-passeggeri (la Regione la prevede sulle linee Roma- Civitavecchia e Roma- Nettuno entro il 2030).
  • Realizzazione in via prioritaria dei nodi mancati, di scambio metro-ferrovia. Tra questi si segnalano: stazione Tuscolana e fermata Pontelungo di MA; stazione Nomentana e fermata Libia di MB; stazione Pigneto e fermata di MC; nuova fermata ferroviaria Acquedotto Felice in prossimità della fermata MA Porta Furba; recupero stazione Pineto sull’anello ferroviario da connettere con fermata FL3 Balduina; nodi di Tor di Quinto e di Statuario.
  • Nuove stazioni, alcune dotate di una coppia di binari aggiuntivi (quando possibile e quando previsto, per consentire il sorpasso dei treni) per moltiplicare l’accesso al servizio sul territorio urbano ed extraurbano.
  • Riqualificazione funzionale delle stazioni/fermate esistenti e degli intorni per adeguarle al maggior flusso passeggeri e all’interscambio modale. Nei nodi esterni, stazioni hub (porte) per il trasbordo dei passeggeri da treno a metropolitana di superficie, comprensive di parcheggi per bus, auto e biciclette, nonché di servizi di zona ed eventuali attività terziarie e commerciali di livello locale, urbano o regionale-nazionale (a seconda della stazione).
  • Rinnovamento del materiale rotabile per le linee metropolitane di superficie, con prestazioni e caratteristiche per il trasporto urbano (peso, velocità e sistemi frenanti; numero di portelloni per vagone; pianale unico; prevalenza di posti in piedi) che risponde ad esigenze di capienza e maggiore rapidità in tutte le fasi (trasbordi, soste, tempi di accelerazione e di frenata).
  • Realizzazione di parcheggi di interscambio nelle aree periferiche di Roma e nei pressi delle stazioni dell’hinterland, quali elementi di adduzione al sistema del ferro e di filtro del traffico veicolare.
  • Intermodalità tra sistema del ferro e mobilità attiva e condivisa (ciclabilità, sharing, servizi MaaS etc.) sia a livello urbano che di area metropolitana.
 

Attualmente il nodo di Roma riceve le merci lungo due direttrici: l’asse nord-sud, sulla ferrovia proveniente da Orte, incanalata sui binari per Val d’Ala fino a Tiburtina, vallo del Pigneto e poi in direzione sud, lungo la linea per Pomezia-Santa Palomba; l’asse ovest-sud, proveniente da Civitavecchia, passante per le stazioni di Trastevere-Ostiense-Tuscolana e poi nuovamente in direzione sud, sempre verso Pomezia-Santa Palomba.

Con la chiusura dell’anello ferroviario, il traffico merci da nord verrà incanalato sul nuovo circuito anulare, ma per entrambe le direttrici continuerà a percorrere il tracciato urbano Trastevere-Ostiense-Tuscolana e quindi la ferrovia verso sud.

Eppure le merci provengono dal centro-nord, attraversano Roma senza effettuare scali (Roma Smistamento è inattivo da molto tempo, San Lorenzo è stato dismesso) e si fermano fuori città, al deposito di Santa Palomba, appendice ferroviaria di Pomezia.

Considerando quindi che Roma non è più una meta per le merci ferroviarie, ci si domanda per quale motivo esse debbano continuare a transitare per Roma, occupando i binari con cadenza sporadica e irregolare, con treni molto lunghi, lenti, pericolosi (si pensi al caso Viareggio), e soprattutto impattanti sulla circolazione ferroviaria, complicando la riconversione delle linee per un efficace trasporto urbano di superficie.

Per facilitare il riuso del nodo di Roma in chiave urbana, occorre invece deviare all’esterno il traffico merci, liberando il circuito dentro la città. A questo scopo è utile riprendere il progetto della cosiddetta “gronda sud”, un vero asse strategico di primaria importanza, sotto molti punti di vista.



Realizzare la gronda significa evitare da Civitavecchia il passaggio per Roma prolungando il collegamento ferroviario tra Maccarese e Ponte Galeria, per condurlo in direzione di Pomezia. Questo nuovo asse ferroviario avrebbe numerosi vantaggi.

  • Diventa il corridoio tirrenico delle merci, dove far confluire sia i carichi da Civitavecchia e oltre, sia anche quelli da nord, deviati sull’anello ferroviario, liberando molte tracce sulle ferrovie urbane della Capitale.
  • Offre nuovi collegamenti per i viaggiatori tra i centri del sud del Lazio (Gaeta, Formia, Latina, Aprilia, Anzio, Nettuno e Pomezia) con il litorale nord (Santa Marinella, Ladispoli, Civitavecchia) senza passare per Roma.
  • Consente a tutti questi centri di raggiungere in modo molto più agevole l’aeroporto di Fiumicino.
  • Crea un nodo di scambio con la Roma Lido per l’Eur e il quadrante sud della capitale (e anche Ostia, in direzione inversa). Un approdo alternativo a Roma, che evita di dover arrivare sempre su fino a Termini e poi scambiare per tornare giù con la metropolitana.
Per i viaggiatori quindi grandi opportunità che ampliano e velocizzano le connessioni, favorendo l’uso del ferro e decongestionando il traffico su Appia e Pontina.

Per quanto riguarda invece la logistica delle grandi catene di distribuzione, si può avanzare una prima considerazione generale. L’avvento dell’e-commerce è un fenomeno positivo per la mobilità, perché riduce i veicoli dalle strade: lo shopping on-line si fa a tavolino. Oggi la sua distribuzione cammina principalmente su gomma, ed è uno scotto da pagare che attenua solo parzialmente il beneficio complessivo, in termini di traffico e di ambiente.

In ogni caso i depositi merci Amazon di Passo Corese e quello del Centro Agroalimentare (CAR) di Guidonia rappresentano i due grandi smistamenti logistici della zona di Roma.  Sono molto vicini alla rete del ferro. Si può valutare la realizzazione di due scali ferroviari in prossimità, al fine di trasferire sui treni merci una quotaparte delle forniture.

 

 

Riguardo le linee ipogee, riteniamo utile valutare un’opzione particolarmente vantaggiosa in termini di costi-benefici: l’estensione in sotterranea della Roma-Lido (futura linea E) verso il centro storico.



La grande convenienza risiede anzitutto nella brevità: solo 4 km di scavi.

E poi nei consistenti vantaggi che questo tratto limitato, penetrante nel centro della città, è in grado di assicurare:

  • 3 nuove fermate nel centro storico;
  • il nodo di piazza Venezia che estende le sue connessioni;
  • incrocio con tutte le linee ipogee previste (MB a Piramide, MC e MD a Venezia, MA a Flaminio);
  • assorbimento del sovraccarico della Metro A (ancora più pressante dopo l’allaccio di M3 a 
    San Giovanni
    ) lungo la nuova direttrice;
  • Collegamento su ferro lungo l’asse nord-sud della capitale (da Ostia a Montebello), oggi assente.
In particolare, questo corridoio verticale che comprende Roma Lido e Roma Nord (futura metro F), diventa essenziale perché riassorbe il traffico della tangenziale est, che dallo Stadio Olimpico e da Tor di Quinto conduce a San Giovanni, alla Colombo e alla diramazione Pontina-via del Mare, per andare verso il litorale di Ostia.



Le fermate previste, oltre a Piramide (interrata) sono in via Marmorata (Marmorata), a servizio di Testaccio e dell’Aventino; nei pressi dei palazzi amministrativi di via Petroselli (Foro Boario), con numerosi punti di interesse, anche archeologici; nel nodo di scambio di piazza Venezia; in piazza Augusto Imperatore, quindi attigua a via del Corso.






Gli scavi necessari al prolungamento della Roma Lido comincerebbero subito dopo la fermata Garbatella (che diventerebbe capolinea provvisorio fino al termine dei lavori) per avere interrata la stazione di Piramide e poi proseguire sotto il livello dello strato archeologico. Le fermate previste (e i relativi scavi in risalita) si trovano a ridosso di zone già oggetto di sventramenti negli anni ’30 (Foro Boario, Augusto Imperatore) o di scavi già previsti per nuove stazioni (Flaminio, Venezia).

A causa del dislivello tra le due linee, non è possibile innestare la linea E sulla F a Flaminio, senza effettuare onerosi lavori anche sulla Roma Nord.

Sarebbe quindi interessante proseguirne l’estensione verso Belle Arti, Auditorium, corso Francia e infine Cassia, con capolinea a Ipogeo degli Ottavi (scambio con linea del ferro). La copertura è decisamente migliore rispetto a quella prevista indirizzando Metro C verso la Cassia e potrebbe beneficiare di ampi tratti in superficie (da Auditorium a corso Francia e poi nella tratta finale a ridosso del GRA), mentre la C si potrebbe dirigere a Casal del Marmo, servendo così molto bene la Balduina e l’asse periferico occidentale della città.


Possibile sviluppo futuro della linea E verso la Cassia (in celeste) e della linea C verso Casal del Marmo (in verde)
Resta infine da sottolineare anche l’opportunità di riqualificare l’intero piazzale Ostiense con la stazione di Porta San Paolo e, dalla parte opposta, il piazzale Flaminio. Luoghi oggi attraversati dal traffico che, con la nuova rete del ferro, potranno liberare ampi spazi alla pedonalità.

 



 Per ulteriori informazioni:
www.romaricercaroma.org

www.metroviaroma.it

[1]
Cfr. Walter Tocci, Roma come se, Donzelli Editore, Roma 2020, pag. 156-160

[2]
Cfr. G. Bianchi – A. Criconia, La stazione della metropolitana, propulsore della mobilità diffusa, AR edizioni, Roma 2018.

[3]
Con il PNRR è stata assegnata la gara per l’installazione su tutta la rete ferroviaria nazionale del “sistema ERTMS”, che aumenta le frequenze e migliora la sicurezza del traffico treni. Il passo successivo sarà l’upgrade dell’Alta Densità (HD) che alzerà ulteriormente le frequenze fino a 2’30’’.

[4]
Il “progetto Metrovia” (“progetto” nella sua accezione più generica) è un piano d’insieme della mobilità su ferro dell’area di Roma: una proposta articolata, studiata a un livello di massima sotto il profilo tecnico, trasportistico, economico e urbanistico, da dettagliare con un puntuale studio di fattibilità. È stata la proposta più votata dai cittadini sul portale del PUMS urbano nella fase preliminare alla stesura del piano e ha contribuito all’inserimento di singoli elementi (fermate, nodi di scambio, servizi di trasporto) senza vedere accolto però il sistema nel suo insieme.

[5]
Va rimarcato che il Piano Industriale 2022-2031 di FS prevede per il Lazio opere infrastrutturali sicuramente necessarie e importanti come la chiusura dell’Anello Ferroviario o il quadruplicamento Ciampino-Capannelle. Ma questo piano non presenta una visione integrata tra servizio regionale e servizio urbano:
– non c’è nessuna programmazione sui nodi di scambio nuovi o sull’efficientamento di quelli esistenti (Ponte Lungo-Tuscolana o Libia-Nomentana);
– non indica un materiale rotabile adeguato ai servizi metropolitani;
– manca un significativo potenziamento e incremento di stazioni nella regione e tanto meno nell’area metropolitana;
– per la chiusura dell’anello non è ancora chiara la modalità di realizzazione (con l’innesto a raso già predisposto o in sotterranea a Val D’Ala) che incide sulle potenzialità di un utilizzo urbano, oltre che sui costi.
Tutto questo rischia di rendere i 16 miliardi di investimenti previsti sostanzialmente inutili alla mobilità urbana.

[6]
Il progetto Metrovia ne prevede il possibile utilizzo per servire da Ciampino l’area dei Castelli (Frascati, Marino, Albano Laziale) e dall’Eur la città di Pomezia.

L'articolo
Un nodo metro-ferroviario per l’area di Roma
proviene da
La Metrovia
.

Questo sito utilizza cookie tecnici, anche di terze parti, per migliorare i servizi offerti e ottimizzare l’esperienza dell’utente. Si prega di leggere l'informativa sulla privacy. Chiudendo questo banner si accettano le condizioni sulla privacy e si acconsente all’utilizzo dei cookie.
CHIUDI