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Martedì 15 Novembre 2022 19:11

Il barone di Lamadoro di Vito Paterno

Presso l’Associazione Pugliese di Roma Aps in via Ulisse Aldovrandi 16 presentazione del romanzo storico di Vito Paterno Il barone 
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Presso l’Associazione Pugliese di Roma Aps in via Ulisse Aldovrandi 16 presentazione del romanzo storico di Vito Paterno Il barone di Lamadoro (Edizioni Intersezioni) il 19 novembre 2022 alle ore 17 nella Sala Italia.

Intervengono:

Antonio Palazzi, professore, studioso e saggista di Storia Antica e Contemporanea

Vito Paterno, architetto e autore di pubblicazioni a carattere storico-artistico

Giuseppe Simone, editore

 

Il barone di Lamadoro, romanzo storico di Vito Paterno.
(Tratto da una breve intervista dell’autore in cui rivela qualche retroscena utile alla comprensione del suo romanzo di esordio).

Cosa ha voluto raccontare con questo libro?
Il mio è un racconto di emigrazione. I protagonisti di questa storia sono migranti interni: artisti, intellettuali, politici, professionisti, tutti pugliesi; una élite aristocratico-borghese approdata nella Capitale in cerca di quell’affermazione che l’Urbe sembrava prometterle. Un flusso ininterrotto verso Roma, accesosi al tramonto dell’Ottocento, subito dopo l’unificazione d’Italia, mentre si spegneva quello secolare verso Napoli. Nacque così una fiorente associazione di corregionali, una sorta di piccola appendice della terra di origine che ho cercato di ricostruire nella sua luce più autentica e genuina.
Nel secondo dopoguerra importanti pellicole cinematografiche del Neorealismo hanno rappresentato l’attrazione della grande città. Le lusinghe della sua dolce vita, il miraggio di raggiungere l’agognato benessere innescarono l’esodo di massa delle popolazioni del Mezzogiorno in fuga dalla povertà e da un’atavica arretratezza. Penso a Il cammino della speranza (1950) di Pietro Germi, a I basilischi di Lina Wertmuller (1963), a Rocco e i suoi fratelli (1961), capolavoro di Luchino Visconti al quale ho sottratto le parole che si odono dalla bella voce solista di Elio Mauro nella canzone che apre e chiude il film. Paese mio è un canto popolare, musicato da Nino Rota con la melodia di un’antica nenia tramandata oralmente dai fedeli del santo Nicola protettore di Bari; è un’ode malinconica e sofferta, intonata al paese natio abbandonato e forse perduto per sempre. È conosciuta anche come Canzone Barese nella più recente esecuzione orchestrale del maestro Muti. Proprio gli ipnotici versi dialettali di Giandomenico Giagni campeggiano come un manifesto all’apertura nel mio romanzo, quasi a voler fornire una chiave interpretativa e sembrano aleggiare, nemmeno poco velatamente, in tutta la trama.
Il barone di Lamadoro è un grande affresco degli anni Venti del Novecento ambientato in una Roma ancora immersa nella dimensione incantata della Belle Époque. Un quadro idilliaco che però lentamente si dissolve con l’avvento della dittatura fascista. Come una macchina da presa il romanzo offre inquadrature in campo lungo, entra negli spazi urbani e negli eleganti interni di sontuosi palazzi romani; essi fanno da sfondo ai dialoghi di uno stuolo di personaggi che potrei definire avanguardie della cultura e del ceto dirigente regionale. Nei luoghi dai quali partirono sarebbero divenuti autentiche glorie locali e con l’andar del tempo gli avrebbero intestato biblioteche, scuole, piazze, vie. Duole constatare che oggi i loro nomi sopravvivano da perfetti sconosciuti nella più generale indifferenza. Nel contempo il romanzo rivolge uno sguardo verso la nostra terra, la cui denominazione era allora declinata al plurale in “Le Puglie”. Ritrae paesi rurali che furono teatro di tumulti per la fame e di tristi episodi originati dalla miseria diffusa in quegli anni di grandi rivolgimenti sociali e ammalianti utopie. Si stagliano su quell’orizzonte temporale feroci lotte tra braccianti e agrari; uno scenario nel quale maturò l’assassinio Di Vagno, precursore a sua volta del delitto dell’altro socialista Matteotti, che nel romanzo è ricostruito con una inedita angolatura.
Come un pittore che si allontana dal quadro di qualche passo dopo aver lasciato la sua pennellata sulla tela perché, riguardandolo a distanza, cerca di cogliere meglio l’effetto complessivo, allo stesso modo da lontano ho cercato di rileggere la recente storia passata della mia terra. Dal di fuori potevo cogliere una visione d’insieme, di sintesi, e la Capitale, dove si decidono le sorti anche del più piccolo lembo d’Italia, è stata un punto di osservazione assai congeniale. Spetta però al lettore giudicare l’esito di questo ambizioso proposito.

Fonte: https://www.edizionintersezioni.store/portale/index.php/2021/01/24/hello-world/



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