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Lunedì 22 Maggio 2023 15:05

Storia, un “tifernate” a Ponte Milvio

“Fate saltare il ponte”, aveva ordinato il generale Roselli che comandava l’esercito della Repubblica Romana. Stiamo parlando di Ponte Milvio una dei migliori e più solidi ponti di Roma dell’epoca, che nel 1805, su commissione di papa Pio VII, era stato restaurato dal grande architetto Giuseppe Valadier, che aveva progettato l’attuale struttura e aveva fatto […]

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“Fate saltare il ponte”, aveva ordinato il generale Roselli che comandava l’esercito della Repubblica Romana.

Stiamo parlando di Ponte Milvio una dei migliori e più solidi ponti di Roma dell’epoca, che nel 1805, su commissione di papa Pio VII, era stato restaurato dal grande architetto Giuseppe Valadier, che aveva progettato l’attuale struttura e aveva fatto costruire sulla sponda destra una porta fortificata e presidiata da una torre in stile neoclassico, ancora oggi conosciuta con il nome di Torretta Valadier.

Era l’inizio di giugno del 1849, quando, alle prime luci del sole, una brigata d’assalto di fanteria leggera insieme a un reparto di volteggiatori dell’armata francese aveva iniziato a scendere da Monte Mario in direzione di Ponte Milvio.

Quasi tutte le truppe regolari della Repubblica Romana e la legione dei volontari agli ordini di Giuseppe Garibaldi stavano difendendo disperatamente il Gianicolo da un assalto a tradimento iniziato dai francesi nella notte.

Era successo che il nuovo presidente della repubblica francese
Napoleone (III)
aveva deciso di rispondere a un appello del Papa Re Pio IX in esilio a Gaeta per riportarlo a Roma e l’armata francese agli ordini del generale Victor Oudinot era sbarcata il 24 aprile a Civitavecchia e aveva cercato di conquistare Roma con un attacco improvviso.

Ma intorno al Gianicolo i patrioti repubblicani guidati da Giuseppe Garibaldi avevano respinto i francesi, che si erano ritirati lasciando sul terreno molti caduti.

Adesso i francesi erano tornati ad attaccare frontalmente il Gianicolo, ma Ponte Milvio era un prezioso passaggio per entrare nel cuore di Roma da porta del Popolo, che Oudinot aveva deciso di sfruttare.

Il tenente Pacifico Caprini, che con pochi soldati presidiava il passaggio sul ponte, ricevuto l’ordine di Rosselli, accese le micce. Seguì quasi subito una esplosione, ma le cariche erano due, una non era esplosa e il ponte, pur danneggiato, era rimasto utilizzabile.

Per giunta Caprini era stato ferito a un braccio mentre cercava di allontanarsi dopo aver dato fuoco alle micce. La sua azione è ricordata in una lapide ancora visibile nell’arco sottostante la Torretta.

I volteggiatori francesi occuparono la riva destra del fiume e, facendo fuoco sui patrioti, cominciarono ad attraversare il Tevere passando sul fianco dell’arcata di Ponte Milvio rimasta in piedi.

Sulla sponda sinistra, in quello che adesso è conosciuto come piazzale Cardinal Consalvi e l’oratorio di Sant’Andrea, era accorso un reparto della Guardia Nazionale, alcuni giovani del battaglione universitario e la legione polacca del conte Milbitz.

I francesi furono bloccati, ma altri si accalcavano dietro di loro per passare sulla sponda difesa dai patrioti. Il tenente dei volteggiatori, sicuro del successo, aveva preparato una zattera per traghettare fucili e altri rifornimenti tirata con delle corde dai francesi che si erano attestati dopo aver attraversato il ponte.

La zattera con le armi tirata con delle corde cominciò ad attraversare il fiume sfilando sotto Ponte Milvio.

Fulgenzio Fabrizi, detto Crescenziano, era fermo sull’argine della riva sinistra con altri giovani e guardava con rabbia i nemici che violavano il loro fiume. Non erano soldati, erano volontari venuti da Città di Castello, che si chiamano ancora oggi “Tifernati”.

Crescenziano era un fiumarolo del Tevere accorso a Roma con il suo amico Enrico Gori e un gruppo di ragazzi della sua città per combattere insieme a Garibaldi per difendere la Repubblica.

Sparavano i francesi, sparavano gli italiani e i polacchi, ma la zattera con le armi per i francesi avanzava nella corrente.

Crescenziano si tolse la giacca e la camicia. “No!” Urlò con rabbia. “Questo è il mio fiume”, prese tra i denti la sciabola e si gettò a nuoto. A quell’epoca pochi sapevano nuotare e pochissimi avevano i coraggio di affrontare le acque fredde e limacciose del Tevere.

“Aspetta, che fai senza di me!” Strillò Enrico Gori entrando nell’acqua dietro all’amico. Mentre dalla Torretta Valadier e dalla testa di ponte i francesi continuavano a sparare, ma i due nuotando nella corrente riuscirono ad afferrare la zattera, a tagliare le corde e a trascinarla fino a riva, mentre i colpi delle carabine francesi zampillavano nell’acqua intorno a loro.

Nel frattempo, preoccupati che i francesi arrivassero a porta del Popolo, erano accorsi molti romani che cominciarono ad acclamarli.

I soldati italiani e i polacchi di Milblitz erano riusciti a bloccare i nemici impedendogli di avanzare, ma la torretta sul Tevere e il ponte erano ormai nelle mani dei francesi. La battaglia sarebbe avvenuta qualche giorno dopo tra Villa Balestra e il Tevere, dove adesso c’è la stele in ricordo del fratelli Archibugi che morirono nello scontro, ma questa è un’altra storia.

L’episodio di coraggio dei ragazzi venuti da Città di Castello è ricordato in numerosi scritti del Risorgimento, ma è anche magnificamente illustrato dal disegnatore coevo Enrico Matania.

Nel disegno pubblicato a inizio di questo articolo si vede bene Ponte Milvio e la Torretta Valadier occupata dai francesi e i patrioti italiani che protetti da alcune botti fanno fuoco verso di loro e si riconosce Fulgenzi con la sciabola in bocca che nuota nel fiume trascinando la zattera.

Per questa coraggiosa azione a Ponte Milvio, Fabrizio Fulgenzi fu decorato con la medaglia d’argento della Repubblica. In seguito partecipò alle altre battaglie della Repubblica e infine rimase a vivere a Roma, ma a Città di Castello c’è ancora una strada intitolata a suo nome.

Stefano Vincenzi

Stefano Vincenzi, classe ’52, vive al Fleming, è General Counsel del Gruppo Mediobanca e professore di Diritto del Mercato Finanziario, ma anche profondo appassionato di storia. Nel tempo libero, infatti, si immerge nei meandri della storia, cercando dettagli, aneddoti e verità celate. Ha pubblicato:
Verso Costantinopoli
(ed.Marchesi, 2008),
La Porpora e il Sangue
(ed.Luni, 2015) e
Oltre i confini dell’Impero
(ed.Marchesi, 2019) e
Ribelli e Patrioti
(Soc. ed. Dante Alighieri, 2022) .

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