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Martedì 21 Novembre 2023 18:11

Memoria altoatesina, 1950 anno del “Mostro del Tirolo”

“La tela del ragno è quella che consente a un autentico mostro di ghermire le sue prede: per violentarle, picchiarle, 
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“La tela del ragno è quella che consente a un autentico mostro di ghermire le sue prede: per violentarle, picchiarle, torturarle fino alla morte. Il mostro è Guido Zingerle, classe 1902, di Ciardes, Val Venosta. È lui la famigerata “Belva del Tirolo”. Da “il suono delle Pagine”, Podcast di Mario Cagoll
https://www.altoadige.it/podcast/la-tela-del-ragno/delitti-e-misteri-dell-alto-adige-la-tela-del-ragno-e-un-mostro-in-agguato-1.3452668

La storia che state per conoscere è quella di un femminicidio di 73 anni fa e avrebbe certamente meritato una puntata della fortunata trasmissione televisiva, “Blu Notte, Misteri Italiani”, di Carlo Lucarelli. Ma tra le 45 e più puntate della Trasmissione – andate in onda dal 1998 al 2012, prima su RAI 2 e poi su RAI 3 – non ce n’è traccia. La storiaccia di cui scrivo oggi si è, infatti, svolta tra il 1946 ed il 1950 e, quando è cominciata, la guerra era appena finita, mentre la televisione ancora non era stata accesa. In nessuna casa del nostro Paese. Perché ne scrivo? Perché si trattò di due efferati omicidi (e di un tentato omicidio) di tre donne, eseguiti da quello che oggi chiameremmo un serial killer, in un tempo in cui la parola “femminicidio” non era ancora stata inventata. Dunque quelli erano solo dei “normali” omicidi, ma omicidi di donne. 


Ho deciso di rievocare questa storiaccia – nota come quella del “Mostro del Tirolo” – per ricordare (e ricordarci) di come le donne siano, da sempre, un bersaglio privilegiato di chi sul loro corpo, privandole violentemente della vita, sfoga frustrazioni e turbe di vario genere e/o esercita un possesso che è, ancora oggi, il segno distintivo di molte delle morti (perpetrate da mariti, fidanzati o ex) al femminile a cui ci tocca assistere, senza vederne la fine. Se ci immergiamo in questa storiaccia parto dal resoconto ricavato da un articolo su due pagine e quattro foto tratto da “Crimen”, una Rivista di Criminologia (il Numero è quello del 29 Agosto del 1950). Sedici pagine alquanto malridotte; un ricordo delle mie scorribande giovanili sulle bancarelle dell’usato, saltata fuori mentre riordinavo un ripiano alto della mia libreria. Leggendole veniamo catapultati a Bolzano, in Piazza Walter, dove un gruppo di cittadini si fa minaccioso attorno ad un distinto signore con due borse in mano che, tranquillamente, se ne andava per la piazza”. Lo afferrano, lo tengono stretto e chiamano la Polizia. Ma lui non è l’uomo giusto.  

L‘equivoco verrà presto chiarito: l‘uomo era un pacifico rappresentante di commercio, scambiato per Guido Zingerle, il “Mostro del Tirolo”, come la stampa del tempo lo aveva da subito etichettato, che all‘epoca aveva messo in allarme poliziotti austriaci ed italiani, da Graz a Salisburgo, da Merano a Bressanone. Un sadico assassino – “è sempre la Rivista di cui sopra che ce lo ricorda. che attira le donne in zone montuose, le violenta e le uccide lentamente, nascondendole poi in grotte rinchiuse da muretti di sassi” che 73 anni fa la strategia assassina di Guido Zingerle si rivela quando si scopre la prima vittima della “Tela del Ragno”.

In realtà la storiaccia targata Bolzano, (di cui a queste righe) era cominciata qualche anno prima di quel 1950 ovvero il 15 Marzo del 1947, quando il cuoco bolzanino Vincenzo Fratti mentre sale a Cologna sul Guncina con la moglie per far legna, intravede una grotta e sente un odore tremendo. Pensa si tratti della carcassa di un capriolo e si spinge più su. Sotto un mucchio di pietre, vede sbucare delle ossa, due caviglie mummificate infilate in un paio di scarponi. Le ossa sono legate da una corda. È un corpo umano. È il corpo di Gertrude Kutin, una maestra di 23 anni scomparsa nel nulla un anno prima, il 26 Maggio 1946, mentre da Bolzano raggiungeva la sua Scuola a Cologna. 

Qualcuno l’ha ammazzata e nascosta sotto le pietre e sotto un sasso, viene trovata la sua borsa. All’interno: la carta d’identità, i quaderni, i libri, le foto, il rossetto, gli occhiali, lo specchietto ovale. Così comincia questa storiaccia. 

La persona che si cerca per quell’omicidio si chiama Guido Zingerle, “uno spostato dal passato violento” come lo dipingeva la stampa locale che – liberata dal divieto fascista di dare troppo peso ai fatti di cronaca violenta – si gettò a pesce sulla storia della morte violenta della maestra ventenne e di Guido Zingerle, da subito indicato come il suo assassino. Le cronache erano talmente dure e dettagliate da far finire i suoi estensori in un Processo per violazione del segreto istruttorio.


Ma torniamo al “Mostro del Tirolo”: 48 anni di Ciardes in Val Venosta, disertore dell‘Esercito italiano, poi clandestino in Austria, a suo tempo nella Legione Straniera (forse disertore anche là), peraltro regolarmente sposato nel 1939 con una meranese che gli diede una figlia, Zingerle varca di nascosto la frontiera presso il Passo Resia nel Luglio del 1950. Pochi giorni prima, ad Innsbruck – ultima sua residenza conosciuta – è stato scoperto il cadavere di Helene Munroe, 40 anni, turista inglese, ospite con la madre in un Albergo della città tirolese, ritrovata morta in una caverna, assassinata brutalmente dopo essere stata violentata. Nuda, violentata, coperta con dei sassi. 

Guido Zingerle è stato l‘ultimo ad essere visto in sua compagnia. Scattano le ricerche e si riapre il capitolo di un altro feroce delitto appunto quello di Gertrude Kutin, uccisa come la turista inglese. La cronaca di “Crimen” narra poi di una ragazza di Prato all’Isarco, 19 anni, per una intera notte in balìa del mostro del Tirolo, il 27 luglio del 1946. Si salverà per miracolo poichè il maniaco la credette morta, in fondo ad una grotta, dove era stata gettata, le mani legate dietro la schiena. Ma su Zingerle, nato il 3 Settembre 1902 in Provincia di Bolzano, piove anche il sospetto di altri delitti a sfondo sessuale: almeno tre, a partire da quello di una sedicenne a Salisburgo. Infine, l‘epilogo. Il 24 Luglio 1950 due fidanzati vengono aggrediti e gravemente feriti, a Graz, lungo un fiume. 

Di fronte alla foto di Zingerle non hanno dubbi: è stato lui. La caccia all‘uomo è imponente, quattro polizie gli danno la caccia. Lo catturano l’11 Agosto, a Rio Pusteria, in un cascinale. L’uomo lotta, si divincola, ferisce i carabinieri, infine, si arrende. Confessa delitti e aggressioni, narra della condanna a morte inflittagli dal Tribunale tedesco di Bolzano, nel 1944, per diserzione. Un giornale, all’epoca, così conclude: “Inutile dire come tutti gli abitanti della zona hanno tratto un gran respiro di sollievo per la cattura della belva, cattura il cui merito spetta ad una pattuglia di carabinieri”. 

Dunque, questa storiaccia finisce con la cattura del “mostro”. Della “belva”. Zingerle verrà condannato all’ergastolo nel 1954 dalla Corte D’Assise di Bolzano e morirà il 9 Agosto del 1962, nel Carcere di Turi (Bari) per un tumore allo stomaco. Di lui e delle donne che ha ammazzato non si parlerà più per lungo tempo, ad eccezione di alcuni articoli sulla stampa locale, quelli che in gergo giornalistico si chiamano pezzi di colore. 

A Bolzano le persone che hanno superato gli ottant’anni, ma anche i novanta ancora si ricordano di questa storiaccia altoatesina e di Guido Zingerle. Molti meno – ci scommetto – si ricordano di Gertrude Kutin e delle altre donne che Zingerle ha terrorizzato e ucciso. Queste righe per la loro Memoria.

Nota finale: tutta questa storiaccia verrà raccontata, nel 2019, dal cortometraggio intitolati “Zingerle” del regista austriaco Eric Marcus Weglehner- 
https://mubi.com/it/it/films/zingerle

Ugo Fanti, Presidente della Sezione Anpi di Roma Aurelio-Cavalleggeri “Galliano Tabarini”

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