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Giovedì 16 Gennaio 2020 12:01

Quasi niente

da 12/05/20 a 17/05/20

CHIUSO - Teatro India - Teatro di Roma

Quasi niente
un progetto di Daria Deflorian e Antonio Tagliarini

liberamente inspirato al film Il deserto rosso
di Michelangelo Antonioni
collaborazione alla drammaturgia e aiuto regia
Francesco Alberici
con Francesca Cuttica, Daria Deflorian, Monica Piseddu
Benno Steinegger, Antonio Tagliarini

collaborazione al progetto Francesca Cuttica, Monica Piseddu, Benno Steinegger
consulenza artistica Attilio Scarpellini - luce e spazio Gianni Staropoli
suono Leonardo Cabiddu e Francesca Cuttica (Wow) - costumi Metella Raboni

Produzione Teatro di Roma - Teatro Nazionale, Fondazione Teatro Metastasio di Prato
Emilia Romagna Teatro Fondazione, A.D. in coproduzione con Théâtre Garonne, scène européenne Toulouse, Romaeuropa Festival Festival d’Automne à Paris, Théâtre de la Bastille - Paris, LuganoInscena LAC, Théâtre de Grütli - Genève, La Filature, Scène nationale – Mulhouse con il sostegno di Istituto Italiano di Cultura di Parigi, L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino FIT Festival - Lugano

Il presente spaesato, sfocato ed estremamente familiare di Quasi Niente torna a parlarci dal palco del Teatro India. Sulle tracce del Deserto rosso di Michelangelo Antonioni, il duo Deflorian/Tagliarini mette a segno uno spettacolo brutalmente onesto, che guarda con dolcezza alla fragilità, alla fantasia e alla tristezza profonda di un’umanità divisa per generazioni, ma riunita nello spirito dallo spazioaperto di un palcoscenico vuoto.
Dopo Reality (2012), Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni (2013) e Il cielo non è un fondale (2016), Daria Deflorian e Antonio Tagliarini – Premio Ubu per l’innovazione alla drammaturgia nel 2014 – tornano con Quasi niente, creazione liberamente ispirata al Deserto rosso di Michelangelo Antonioni, per proseguire la loro ricerca intorno alla condizione di “marginalità” quale chiave di lettura del nostro presente e forma di resistenza “in sottrazione”. Nel film Giuliana, moglie e madre, interpretata da una giovane Monica Vitti, attraversa il deserto della sua vita senza che nessuno possa realmente toccarla, senza toccare a sua volta nessuno.
Poche le parole, alcune talmente belle da diventare proverbiali (“Mi fanno male i capelli”, la più nota, presa in prestito da una poesia di Amelia Rosselli) e protagonista assoluto il paesaggio, una Romagna attorno a Ravenna trasfigurata dal regista (“ho dipinto la realtà” dichiarava all’epoca) in un mondo dove malattia e bellezza coincidono con un cortocircuito di senso e di sensi che ancora oggi ci sbalordisce. Scena e drammaturgia si costruiscono come uno spazio aperto, cerniera tra il “dentro” e “fuori”, tra l’immagine e il reale in essa sotteso. Se sullo sfondo citazioni dal Deserto Rosso sembrano emergere sfocate, come suggestioni di un altro tempo e di un’altra storia, le parole di Daria e Antonio, quelle dell’attrice Monica Piseddu, del performer Benno Steinegger, e della cantante Francesca Cuttica (in scena al loro fianco) ci raccontano della nostra quotidianità, di qualcosa di estremamente familiare perché ancorato al nostro presente.
Il duo approfondisce così la propria riflessione sul significato stesso del teatro e sul ruolo dell’attore. In scena, continuano ancora Daria e Antonio «siamo continuamente presenti dietro le figure. Figure che s’interrogano sul fare commedia della vita, o sul farne sempre un dramma, che sentono la fatica della propria facciata sociale, cercano in continuazione un’intimità, consapevoli della contraddizione di farlo di fronte a un pubblico che le guarda». Parole, urla liberatorie, immagini, gesti di follia improvvisa o la poesia di una canzone pop parlano del disagio, della fragilità, delle crepe del reale, di una storia che nessuno sembra più voler ascoltare e che spetta al teatro, con il suo “impotente fantasticare”, portare ancora una volta in scena.

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