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Venerdì 18 Ottobre 2019 10:10

Abbattere il tabù dello scavo


Il sostanziale disinteresse della giunta ad estendere le metropolitane (che è alla base anche del prossimo tombamento delle talpe di metro C sotto i Fori Imperiali), riporta in auge la mai sopita avversità per lo scavo in una città come Roma. Ne vogliamo parlare proprio noi, che abbiamo una soluzione per le metro di superficie, […]

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Il sostanziale disinteresse della giunta ad estendere le metropolitane (che è alla base anche del prossimo
tombamento delle talpe di metro C
sotto i Fori Imperiali), riporta in auge la mai sopita avversità per lo scavo in una città come Roma.

Ne vogliamo parlare proprio noi, che abbiamo una soluzione per le metro di superficie, perché siamo convinti che per risolvere in via definitiva il problema trasporti, Roma abbia bisogno di una presa di coscienza e di un netto cambio di mentalità. D’altronde se questo non succede, la città sarà sempre condannata ad essere ostaggio di dubbi, errori ed inerzie, in cui far sguazzare la macchina burocratica.

Chiariamo dunque anzitutto il senso e lo scopo del progetto Metrovia. È noto che il suo punto di forza sia la filosofia del riuso che non richiede scavi, per dare a Roma nuove metropolitane di superficie, con evidenti vantaggi per costi, tempi e minimi disagi. Un insieme possibile di benefici che ci fa immaginare concretamente, nel prossimo futuro, una città più connessa, più veloce e più comoda. Ottimizzando l’esistente.

Ma laddove non vi sono tracciati già presenti e bisogna attraversare un denso tessuto urbano, la metropolitana sotterranea è inevitabile, in centro come in periferia.
Nella nostra visione evitare gli scavi non significa condurre una battaglia ideologica contro le metropolitane ipogee, che restano indispensabili per la loro flessibilità progettuale e per la capacità di penetrazione. Linee rispetto alle quali Metrovia si offre come prima e più rapida messa a sistema della maglia del ferro, ma non come pregiudiziale sostituzione di comodo.

In altre parole, sposare Metrovia non vuol dire rinunciare alle metropolitane ipogee, ma dare vita a un sistema integrato che offra subito una gamma di nuove connessioni veloci in superficie, laddove possibile, mentre continuiamo a sviluppare quelle nel sottosuolo.

Siamo dunque convinti non solo che scavare continui ad essere necessario, ma che si debba finalmente abbattere il “tabù archeologico”, superando quelle remore che continuano ad incagliare le metro C e D sugli scogli del centro storico.

Ci viene in aiuto un interessante confronto con Atene, città nota non solo per la sobria eleganza e la pulizia delle sue metropolitane, ma anche per la stazione archeologica di piazza Sintagma, che molti hanno definito “la più bella al mondo”: una normale stazione con un piccolo museo sotterraneo, impreziosito da alcuni resti e rovine rinvenute, nonché dall’esposizione dello scheletro di un antico ateniese. Una città dunque che ha da tempo trovato un suo modo per salvaguardare il passato.

Eppure quella stazione non è niente di eccezionale per noi, dopo la meraviglia di San Giovanni. È la nostra stazione di metro C, aperta lo scorso anno, che segna la vera svolta del connubio tra scavo e tutela, tra progresso e conservazione. Sintagma, come anche i segmenti di Mura Serviane visibili a Termini, è solo una prima elementare opzione per sposare il reperto con la stazione ipogea. Il rudere, l’oggetto antico, viene confinato in un’area e semplicemente esposto.

San Giovanni è invece una vera stazione-museo, concepita integralmente come luogo didattico e di esibizione che culmina in ampi spazi espositivi assai ben allestiti, che sanno smorzare l’usuale frenesia dei trasferimenti quotidiani con la seduzione del passato e della cultura. La stratigrafia del terreno viene descritta con le sue ere e fisicamente “scalata”; il passeggero osserva i reperti nel suo tragitto, è immerso in un bel percorso descrittivo che lo accompagna fino alla banchina.

San Giovanni non resterà un caso isolato: la stazione Ipponio, in via di realizzazione, ospiterà un’intera caserma romana. È il modello da replicare nel centro storico, che farà di Roma anche la città delle stazioni archeologiche, unicum invidiabile per la qualità e la quantità del materiale esposto.

Ma c’è dell’altro a sciogliere la ritrosia per lo scavo. Nell’immaginario collettivo persiste l’idea che realizzare il tunnel della metropolitana significhi sventrare la Roma ipogea, tranciare di netto chilometri di civiltà sepolta. Non è così. Il metodo adottato con Metro C, prevede lo scavo in profondità, sotto lo strato archeologico, preservando intatta lungo tutto il tracciato la città antica. L’eccezione riguarda soltanto la risalita dalle stazioni, e interessa quindi porzioni limitate e concentrate di sottosuolo. Dunque non sventramenti “a strascico”, ma puntuali e circoscritti allo stretto necessario.

Non va infine dimenticato che sono proprio gli stessi archeologi i primi beneficiari degli scavi per le metropolitane, poiché profittano di insperate occasioni per aprire squarci nel passato, verificare indizi e tracce storiche, acquisire nuove informazioni, scovare oggetti e opere d’arte. Tutte testimonianze altrimenti destinate a restare nascoste e sconosciute.
La carenza di metropolitane è la causa principale delle lentezze di una città che fa perdere ogni giorno ore preziose nel traffico. Le linee di superficie di Metrovia sono la prima soluzione necessaria, capace di dare una scossa a tempi e costi ridotti, ma Roma avrà sempre bisogno di estendere le linee A, B e C e di attraversare in più parti il centro storico per liberarlo dalle auto.

Ha senso difendere da pericoli ormai inesistenti l’assoluta integrità della città fantasma, inumata e sconosciuta sotto i nostri piedi, lasciando così agonizzare la città viva, che deperisce ogni giorno nel traffico, davanti ai nostri occhi? Urge un cambio di mentalità.

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