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Lunedì 25 Marzo 2024 13:03

Autonomia differenziata, Acli: «Fermatevi»



L'appello rivolto al governo, in occasione della Conferenza nazionale di coesione territoriale, svolta a Napoli. «L'approvazione modificherebbe il nostro modello sociale»

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Conclusa sabato 23, a Napoli, la Conferenza nazionale di coesione territoriale organizzata dalle Acli. Al centro del dibattito, il disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenziata, approvato dal Senato nel gennaio scorso. Nelle parole del vice presidente Antonio Russo, che è anche portavoce di Alleanza contro la povertà, «l’approvazione dell’autonomia differenziata modificherebbe l’assetto istituzionale e costituzionale di questo Paese, ma anche il nostro modello sociale». Le Acli, ha dichiarato, «per la loro storia», si sentono chiamate a «difendere la Costituzione che abbiamo contribuito a scrivere 80 anni fa». Con la riforma a regime invece, «l’Italia tornerebbe al feudalesimo e questo causerebbe la fine dello stato unitario. Un sogno secessionista da cui nasceranno 21 stati-regioni con 23 materie di competenza legislativa esclusiva, tra cui la scuola, i trasporti, le infrastrutture, la sanità».

Non solo: «Ci sarebbe anche la possibilità di realizzare macro regioni – sono ancora le parole di Russo -. Una specie di Brexit in salsa italiana. Siamo di fronte a un regionalismo divisivo, concorrente e competitivo. Il vero tema è il federalismo fiscale, grazie al quale si potrebbe realizzare una forma esasperata di darwinismo istituzionale, dove resiste chi ha un gettito fiscale superiore. A riforma ultimata Il 33% del gettito fiscale nazionale andrebbe a Lombardia e Veneto». Il rischio insomma, nell’analisi di Russo, è «che il regionalismo solidale compreso nella Costituzione si trasformi in un processo che legittima il separatismo. È una riforma che, come avrebbe detto don Milani, fa parti uguali tra diseguali – ha concluso -. Noi auspichiamo che ci sia un movimento civico di forte opposizione a questa legge. Rivolgiamo un appello a tutte le forze politiche del governo: per favore fermatevi, non commettete questo errore».

Anche Giovanna De Minico, docente di Diritto costituzionale all’Università Federico II di Napoli, ha messo in guardia dal «rischio di incostituzionalità» della riforma, legato al fatto che ha al centro un nuovo regionalismo «competitivo» e non cooperativo, come era stato pensato dia padri costituzionali. «Se si differenzia a vantaggio delle regioni che lo chiedono – ha osservato -, rimane poco per i livelli essenziali delle prestazioni (lep), che rappresentano i nostri diritti sociali, dall’istruzione alla sanità. Per questo il costituente ha stabilito che devono restare nelle mani del Parlamento».  I lep, ha aggiunto, «misurano il grado di democraticità di una nazione: lo Stato è più democratico quanto meno persone lascia indietro. Con l’articolo 116, introdotto dalla legge di riforma del titolo V, Calderoli sta dando attuazione ad una norma prevista in Costruzione. Non è incostituzionale – ha chiarito -, lo è questa modalità. In uno solo colpo si violano l’art.2, che mette la persona al centro, l’art.5 perché siamo vicini ad una secessione nel momento in cui si rompe l’unità nazionale, e l’art. 3 perché l’uguaglianza sostanziale si applica alla rovescia».

Presente all’incontro anche Ciro Bonaiuto, sindaco di Ercolano e vice presidente Anci, secondo cui «il governo Meloni sembra aver cancellato dall’agenda politica la parola Mezzogiorno. La battaglia contro l’autonomia differenziata non è la battaglia di un sindaco del sud contro un sindaco del nord. È la battaglia sul futuro dei nostri figli. Non si rendono conto che noi qui combattiamo a mani nude – ha detto -. Non possono esserci equità sociale e una crescita reale, se il gettito fiscale non viene distribuito in base alle esigenze collettive. Ci dovete mettere sulla stessa linea di partenza. Ci sono settori in cui a noi è rimasta sola la speranza: nell’istruzione, nei trasporti, nella sanità. Vogliamo essere il sud del merito, del lavoro e del coraggio».

Gli ha fatto eco il presidente della Regione Campani Vincenzo De Luca, sottolineando come «l’autonomia differenziata possa portare ad una rottura dell’unità nazionale» e chiedendo che le risorse aggiuntive siano destinate al Sud. «Dobbiamo capire il pericolo che rappresenta questa riforma e fare una operazione verità perché è ricominciato il racconto sul sud parassita, cialtrone – ha affermato -. Abbiamo fornito i dati: la media di spesa pubblica allargata del centro nord è di 16mila euro pro capite ogni cittadino, la media del sud è di 13mila euro pro capite ogni cittadino. In Campania è di 12mila euro pro capite ogni cittadino. Rispetto al nord (17mila) abbiamo 5 mila euro in meno di spesa pubblica. Ci vorrebbero 30 miliardi di euro in più per portare la Campania al livello medio del centro nord».

25 marzo 2024

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