A dirlo, il portavoce Elder, col supporto dei numeri: un bagno ogni 850 persone; una doccia ogni 3.600. «Aiuti salvavita ostacolati». E la vicina Khan Yunis «quasi non esiste più»

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Il portavoce Unicef James Elder, nel briefing di ieri, 26 marzo, al Palazzo delle Nazioni di Ginevra si è fatto portavoce di due questioni importanti «che la gente qui a Gaza dice essere fondamentali per la loro sopravvivenza», vale a dire «la sicurezza di chi si trova a Rafah e la consegna degli aiuti». Oggi, ha detto, «Rafah è irriconoscibile a causa della congestione, delle tende agli angoli delle strade e dei terreni sabbiosi. La gente dorme per strada, negli edifici pubblici, in qualsiasi altro spazio vuoto disponibile. Gli standard globali per le emergenze umanitarie dicono che un bagno dovrebbe essere utilizzato da un massimo di 20 persone. A Rafah c’è circa un bagno ogni 850 persone. Per le docce, il numero è quattro volte superiore: una doccia ogni 3.600 persone».

Per Elder, «si tratta di un’infernale mancanza di rispetto per i bisogni umani fondamentali e per la dignità». E cita gli stessi standard sul tema dell’acqua, secondo cui il fabbisogno giornaliero è di 15 litri d’acqua a testa, ogni giorno, e un minimo assoluto di tre litri solo per sopravvivere. «Quando sono stato qui a novembre, le famiglie e i bambini della Striscia di Gaza facevano affidamento su tre litri o meno di acqua al giorno per persona. Oggi, in media, le famiglie intervistate hanno accesso a meno di un litro di acqua sicura per persona al giorno».

Le cose non cambiano di molto, spostandosi appena un po’. «Anche la vicina Khan Yunis è irriconoscibile – sono ancora le parole del portavoce Unicef -, anche se per un motivo diverso: non esiste quasi più. In 20 anni di lavoro alle Nazioni Unite non ho mai visto una tale devastazione. Solo caos e rovina, con macerie e detriti sparsi in ogni singola direzione. L’annientamento totale. Muovendomi per quelle strade, sono stato sopraffatto dal senso di perdita». Quindi, a proposito dell’intenzione di Israele di compiere un’operazione militare su larga scala a Rafah, ricorda che «è una città di bambini. 600mila bambine e bambini. Un’offensiva militare a Rafah? “Offensiva” è la parola giusta. Rafah ospita alcuni degli ultimi ospedali, rifugi, mercati e sistemi idrici di Gaza rimasti».

Ancora, a Jabalia, al nord di Gaza, «decine di migliaia di persone affollano le strade portandosi la mano alla bocca, il segno universale della fame. Quando sono arrivato nella Striscia di Gaza una settimana fa, c’erano centinaia di camion con aiuti umanitari salvavita, in attesa di raggiungere le persone che ne hanno urgente bisogno, ma dal lato sbagliato del confine. Centinaia di camion Onu/ong sono attualmente bloccati in attesa di entrare a Gaza».

Prima della guerra scatenata il 7 ottobre scorso, la malnutrizione acuta nella Striscia di Gaza era rara, con meno dell’1% dei bambini sotto i 5 anni di età colpiti. «Oggi un bambino su tre sotto i 2 anni soffre di malnutrizione acuta. È chiaro che il nord ha bisogno di enormi quantità di cibo e di trattamenti nutrizionali, con urgenza. Ma siamo chiari: i nostri sforzi per fornire questi aiuti sono ostacolati».

Elder ha ricordato che se si aprisse l’ingresso da Erez, «che si trova a 10 minuti da coloro che affrontano la carestia, potremmo risolvere la crisi umanitaria nel nord del Paese in pochi giorni. Ma rimane chiuso». Tra il 1° e il 22 marzo, un quarto delle 40 missioni di aiuti umanitari nel nord di Gaza sono state negate. L’Unrwa è ora bloccata nel consegnare cibo al nord. «Nei tre mesi trascorsi tra le mie missioni, ogni numero orribile è aumentato drammaticamente. Gaza ha infranto i record dell’umanità per quanto riguarda i suoi capitoli più oscuri. L’umanità deve ora urgentemente scrivere un capitolo diverso», l’esortazione conclusiva.

27 marzo 2024

 

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