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Giovedì 28 Marzo 2024 17:03

Il Papa lava i piedi a 12 detenute



La Messa in Coena Domini nella sezione femminile del carcere di Rebibbia, dove attualmente sono 360 le donne recluse. «Ognuno ha i propri fallimenti, ma il Signore ci aspetta sempre con le braccia aperte e non si stanca mai di perdonare»

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Ancora una volta Papa Francesco ha scelto un penitenziario per celebrare la Messa in Coena Domini che apre il Triduo pasquale, i tre giorni più solenni dell’anno liturgico che, dopo la commemorazione della Passione del Signore del Venerdì Santo, culmineranno sabato sera nella veglia di Pasqua. Il pontefice, che in mattinata aveva celebrato la Messa del Crisma nella basilica vaticana, alla presenza di circa 4mila persone, tra cui 1.500 sacerdoti, si è recato nel pomeriggio nella sezione femminile del carcere di Rebibbia, il più grande d’Italia per le detenute e uno dei più grandi d’Europa, dove attualmente sono 360 le donne recluse, molte delle quali straniere.

Qui ha celebrato la Messa, durante la quale, come di consueto, ha rinnovato il rito della lavanda dei piedi, rievocando il gesto compiuto da Gesù nei confronti degli apostoli durante l’Ultima Cena. Il pontefice è arrivato una decina di minuti prima delle 16, accolto dalla direttrice del carcere Nadia Fontana, e ha fatto un lungo giro sulla sedia a rotelle, sorridente, preso quasi d’assalto dalle detenute in attesa, che lo hanno potuto salutare e stringergli la mano. Erano presenti anche gli operatori del penitenziario e molti volontari che prestano la loro opera di assistenza nel penitenziario romano.

Nella breve omelia pronunciata a braccio Francesco ha detto che nella Cena del Signore ci sono «due episodi che attirano la nostra attenzione. Il primo è la lavanda dei piedi di Gesù, che si umilia. Gesù con questo gesto ci fa capire quello che aveva detto: «Non sono venuto per essere servito ma per servire». Gesù ci insegna il cammino del servizio. L’altro episodio è quello triste del tradimento di Giuda, che non è capace di portare avanti l’amore. E poi i soldi, l’egoismo, lo portano a questa cosa brutta. Ma Gesù perdona tutto, perdona sempre, solo chiede che chiediamo il perdono».

Poi ha aggiunto: «Una volta ho sentito una vecchietta saggia, una nonna del popolo, che ha detto: “Gesù non si stanca mai di perdonare, siamo noi a stancarci di chiedere perdono. Chiediamo la grazia di non stancarci. Ognuno ha i propri fallimenti, la propria storia ma il Signore ci aspetta sempre con le braccia aperte e non si stanca mai di perdonare». E ha concluso: «Ora faremo lo stesso gesto di Gesù, lavare i piedi. È un gesto che attira l’attenzione sulla vocazione del servizio: chiediamo che ci faccia crescere nella vocazione del servizio, tutti noi».

Quindi Francesco, dalla sua sedia a rotelle, ha lavato e baciato i piedi a dodici recluse, posizionate su un’apposita pedana per facilitare il rito. Donne di diverse nazionalità e confessioni religiose, alcune delle quali visibilmente commosse, in un clima di grande coinvolgimento emotivo.

Al termine della celebrazione la direttrice della casa circondariale ha ringraziato il pontefice per la sua visita: «Con gioia ed emozione prendo la parola per esprimerle non uno ma tanti grazie, moltiplicati per il numero di chi abita questa comunità, 360 detenute e un bambino», a cui il Papa ha donato un uovo di Pasqua. «La sua presenza qui oggi è per ciascuno un raggio di sole e ravviva la speranza di poter ricominciare anche quando ci si trova a dover ripartire da zero – ha proseguito Fontana -. Grazie a nome di quanti, uomini e donne, lavorano in questo istituto investendo sacrificio e professionalità. Grazie a nome di tutti i volontari, persone che operano gratis per infondere speranza ed esprimere l’affetto della Chiesa» ma anche l’«incoraggiamento di una società che osa scommettere sulla persona al di là dei drammi della vita. Grazie per ogni parola e gesto che ci ha regalato: è la prima volta che un Papa varca la soglia di questa casa ed è un annuncio di pace: non esiti a venire a trovarci ogni volta che lo vorrà, tutti noi siamo pronti ad accoglierla come lei ci ha accolto, facendoci sentire a casa».

Lo scambio dei doni ha concluso la visita del Papa, a cui le donne di Rebibbia hanno regalato un cesto con le primizie dell’orto dell’azienda agricola del carcere, un rosario fatto a uncinetto e pelle con i colori dell’arcobaleno realizzato dal laboratorio di collane e due stole con due mani che accolgono un girasole, confezionate dal laboratorio di cucito. Francesco ha ricambiato con un dipinto della Madonna.

Per Papa Francesco è una consuetudine presiedere la Messa del Giovedì Santo in luoghi simbolo di sofferenza, in particolare nelle carceri. Una consuetudine inaugurata pochi giorni dopo l’inizio del suo pontificato, quando, nel 2013, rompendo la tradizione di celebrare nella basilica di San Pietro, si recò nel carcere minorile di Casal del Marmo.

«Un bel momento aspettato con ansia anche perché sono state loro a invitare il Santo Padre», ha raccontato a Vatican News il cappellano don Andrea Carosella. «Qui ci sono donne con storie molto diverse di povertà, disagio, difficoltà ma tutte soffrono per la separazione dagli affetti; alcune addirittura non hanno più contatti con i propri familiari, quindi fuori dal carcere sono completamente prive di punti di riferimento. Altre ancora, poi, sono madri, anche di figli molto piccoli, e non poterli vivere è un dolore grande. Ecco: in carcere direi che si recupera la consapevolezza dei rapporti, con i figli ma non solo, e il significato di questi rapporti. L’incontro e il dialogo a quel punto diventano fondamentali».

28 marzo 2024

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