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Domenica 28 Aprile 2024 19:04

Le pillole di Polly: recensione di “I delitti della bella di notte” di Anthony Horowitz

“Creta? Che pessima idea”. Così rimurgina tra sé Susan Ryeland, che proprio non riesce a...

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“Creta? Che pessima idea”.

Così rimurgina tra sé Susan Ryeland, che proprio non riesce a capacitarsi di come abbia potuto, lei che ama i romanzi sopra ogni cosa, lasciarsi convincere a rinunciare alla sua avviata carriera di editor per trasferirsi a Creta. Certo, l’isola in fondo è piuttosto bellina, ed alcuni tramonti sull’Egeo valgono da soli il prezzo del biglietto.

Il problema, tuttavia, è che Susan non si trova lì in vacanza, ma per collaborare alla gestione dell’hotel che il fidanzato Andreas ha acquistato, convinto che cambiare vita avrebbe fatto bene ad entrambi.

Susan non può parlare per lui, ma per quanto la riguarda tutto quello che ci ha guadagnato nel trasferimento è un bel po’ di debiti, dal momento che anche se lei e Andreas si ammazzano di lavoro l’albergo non naviga in buone acque. Per di più, per lei la lingua greca è più oscura di un rompicapo cinese, e con Andreas non va poi così bene, visto che lui le legge in faccia la sua insoddisfazione ma non si decide mai ad affrontare l’argomento.

Certo, Susan deve ammettere che la sua vita di prima non era poi così rosea. Soprattutto, c’era stato quell’inconveniente, quell’incendio alla sua casa editrice appiccato per farla fuori; se in quella occasione non fosse accorso Andreas a salvarla oggi non starebbe lì a raccontarlo.

Ma in fondo questi sono piccoli imprevisti della professione, bazzecole che non possono certo rovinare il ricordo di una carriera brillante sotto tutti gli altri aspetti.

Susan è ancora tutta presa da questi pensieri quando un cameriere le dice che due stranieri hanno chiesto di lei.
Incuriosita, accetta di riceverli; così, le vengono incontro un uomo e una donna in età avanzata, che non conosce. I due, che si presentano come Lawrence e Pauline Treherne, sono marito e moglie, visibilmente inglesi e ancora più visibilmente ricchi. E hanno tremendamente bisogno di lei, o almeno così dicono. Sì, perché la loro adorata figlia Cecily è sparita nel nulla dopo aver dichiarato di aver capito, leggendo un giallo di Alan Conway con protagonista il detective Atticus Pünd, chi era il vero assassino di un uomo ucciso anni prima nell’hotel di famiglia.

E chi, se non Susan Ryeland, che è stata la editor di Conway e ne conosce i libri a memoria, può aiutarli a fare luce su quel mistero, in modo da capire cosa sia successo alla povera Cecily?

“I delitti della bella di notte” è la seconda opera che Anthony Horowitz dedica alle avventure della irresistibile editor Susan Ryeland.

Il romanzo è assolutamente all’altezza del primo, “I delitti della gazza ladra”, e anzi in certi punti è ancora più avvincente.

Merito dell’autore, un vero maestro nell’arte di presentare una storia nella storia. Nessuno, prima di lui, aveva osato inserire un ulteriore, intero romanzo come parte integrante della sua opera. Certo, è innegabile che, talvolta, la complessità della trama fa girare la testa al lettore, che può confondersi con i nomi dei personaggi. Ma l’intreccio è talmente accattivante, disseminato di trabocchetti e rompicapi com’è, che non ci si fa caso più di tanto.

E poi, i due personaggi principali riescono a conquistare la simpatia del pubblico, ciascuno a modo suo, in modo totale ed assoluto.
Susan ci riesce con il suo essere una donna sicura di sé ed in grado di farsi strada in un mondo difficile come quello dell’editoria, senza però aver perso per questo la sua innata simpatia e l’attitudine a cacciarsi nei guai, con buona pace del compagno che la ama talmente tanto da affrontare dei pericoli mortali pur di salvarla.

Non da meno è il protagonista della storia parallela, il detective Atticus Pünd, un uomo intelligente e dotato di un’astuzia finissima e di un intuito talmente acuto che nessun colpevole può farla franca con lui; tuttavia, i suoi più grandi pregi sono l’umiltà e l’umanità, probabilmente dovuti anche all’orrore vissuto quando era prigioniero ad Auschwitz.

In conclusione, il consiglio è di leggere questo giallo con la consapevolezza che farete fatica a interrompere la lettura fino ad aver scoperto gli assassini e che, quando la avrete conclusa, vi ritroverete a sperare che traducano in italiano altri romanzi di Anthony Horowitz il prima possibile.

Federica Focà

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