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Martedì 14 Maggio 2024 14:05

San Giovanni Paolo II, la causa di canonizzazione in cattedrale

Articolo storico di Roma Sette dell'8 aprile 2007, sulla causa di canonizzazione di papa Wojtyla
Articolo storico di Roma Sette dell'8 aprile 2007, sulla causa di canonizzazione di papa Wojtyla
Aprile 2007, su Roma Sette la chiusura della fase diocesana con il cardinale Ruini. «La ricchezza della sua umanità»

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Articolo storico di Roma Sette dell'8 aprile 2007, sulla causa di canonizzazione di papa Wojtyla
Articolo storico di Roma Sette dell'8 aprile 2007, sulla causa di canonizzazione di papa Wojtyla
La ceralacca viene sciolta sui contenitori appena legati e sigilla col rosso le circa 130 testimonianze raccolte dal Tribunale del Vicariato. è la sessione di chiusura dell’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù e la fama di santità del Servo di Dio Giovanni Paolo II. Gli occhi nella basilica Lateranense, popolata dal debito d’amore di coloro che ne hanno ricevuto moltissimo da Karol Wojtyla, sono tutti rivolti a quelle gocce che scendono e imprimono al ministero l’importanza del riserbo ma anche dell’accuratezza documentaria. «Ad dictam Congregationem traditutum echibiturum», recita la formula pronunciata dal notaio; ovvero «affinché il tutto sia trasmesso alla Congregazione delle Cause dei Santi», a cui da questo momento – chiusa la fase diocesana – spetta proseguire nel percorso di accertamento dell’inchiesta. è l’Ora Sesta del 2 aprile, da poco il salmista ha intonato «non ho nascosto la tua giustizia in fondo al cuore, la tua fedeltà e la tua salvezza ho proclamato».

L’intera cerimonia si svolge sotto lo sguardo del cardinale Ruini, di monsignor Gianfranco Bella, giudice delegato, di monsignor Francesco Maria Tasciotti, giudice aggiunto, e di don Giuseppe D’Alonzo, promotore di giustizia. Accanto a loro, sul tavolo, i notai Francesco Allegrini, Giuseppe Gobbi, Marcello Terramani, che dà lettura dell’atto. Per un momento è come se tutto il mondo che questo grande Papa ha abbracciato col solco del suo apostolato trattenesse nel suo respiro una preghiera d’accompagnamento, dopo due anni di attesa dall’apertura del processo, avvenuta il 28 giugno del 2005, a soli tre mesi dalla morte di Giovanni Paolo II e grazie alla dispensa di Benedetto XVI. La soddisfazione è di tutta la diocesi e in particolare del postulatore, monsignor Slawomir Oder, per un percorso portato a buon fine con capacità, dedizione, e la cui consegna degli atti coincide con quella della documentazione riguardante il processo «super miro»; cioè a proposito del miracolo – ancora da accertare – di cui avrebbe beneficiato la religiosa francese Marie Simone-Pierre, presente all’evento di lunedì scorso.

Insieme a lei, numerosi cardinali – tra cui l’arcivescovo di Cracovia Stanislaw Dziwisz, per tanti anni segretario di Giovanni Paolo II –, e personalità civili, a cominciare dal presidente della Repubblica polacca Lech Aleksander Kaczynski. è stata poi la volta del discorso sulla figura di Papa Wojtyla con cui il cardinale vicario ha concluso la mattinata, ricordando che «al centro e al vertice di un tale ritratto non può non stare il rapporto personale di Karol Wojtyla con Dio. Siamo qui in presenza del Ministero: anzitutto il mistero dell’amore di predilezione con cui Dio Padre ha amato questo ragazzo polacco, lo ha mantenuto in questa unione, donandogli il coraggio di amare» la croce e «l’intelligenza spirituale per scorgere attraverso di essa il proprio volto di Padre».

«Tutti coloro che lo hanno conosciuto da vicino o anche solo da lontano – ha aggiunto il cardinale – sono stati colpiti infatti dalla ricchezza della sua umanità, dalla sua piena evangelizzazione come uomo, ma ancor più illuminante e significativo è il fatto che tale pienezza di umanità coincide, alla fine, con questo suo rapporto con Dio, in altre parole con la sua santità». Tanti gli aspetti della figura di Giovanni Paolo II emersi nel ricordo di colui che per oltre 14 anni è stato suo vicario per la diocesi di Roma: dalla «straordinaria libertà interiore che si esprimeva in molte direzioni», alla «promozione della dignità e dei diritti, in una parola del bene autentico e concreto, degli uomini e dei popoli» a favore del quale egli si è speso «con un coraggio che non ha conosciuto ostacoli alle molteplici minacce che pesano sull’umanità del nostro tempo». Le sue scelte, sempre dettate dalla «sollecitudine per il Vangelo e per il bene dell’uomo», hanno conosciuto però una dimensione sostanziale, ha ricordato Ruini, in particolare nella carità: «Da prete, ma poi ugualmente da vescovo e da Papa, egli si è per così dire concentrato nell’attenzione alla persona e ai suoi problemi. Sono semplicemente innumerevoli i suoi interventi nello spirito cristiano della carità».

«Questi interventi – ha proseguito – riguardavano il soccorso materiale ai poveri e ai bisognosi, dedicando loro le offerte ricevute da altri, ma anche donando a una famiglia bisognosa la coperta del proprio letto, come attesta una donna polacca in una lettera del giugno 1967». Attenzione e premura a cui si aggiungono quelle per «gli ammalati… i poveri, i piccoli e i sofferenti», in una comunione spirituale con essi che ne ribadisce la «profonda affinità spirituale che egli sentiva con Madre Teresa di Calcutta».

Il cardinale non ha poi dimenticato di rammentare con commozione quella mattina di Pasqua, dopo l’intervento alla trachea, in cui a Giovanni Paolo II «mandò la voce per benedire dalla finestra la folla di piazza San Pietro» e sussurrò a monsignor Dziwisz: «Sarebbe forse meglio che muoia, se non posso compiere la missione affidatami». Ma aggiungendo subito: «Sia fatta la tua volontà… Totus tuus». Quel grido strozzato, quel tentativo di riempire i polmoni in una sillaba che sarebbe stata comunque silenzio da allora in poi, sono anche l’immagine più suggestiva della mostra di oltre 60 disegni dell’artista Nani Tedeschi, nel cortile del Palazzo Lateranense, che è stata inaugurata al termine della sessione di chiusura dell’inchiesta diocesana. (di Francesco Lalli)

8 aprile 2007

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