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Martedì 20 Agosto 2024 16:08

Carcere, per la giudice di Milano il sovraffollamento a San Vittore è un “disagio”

Mentre nelle carceri italiane si consuma ormai da tempo una “strage” che annovera tra le sue cause in primis il sovraffollamento delle strutture penitenziarie, Gloria Gambitta, giudice del Tribunale di Sorveglianza di Milano, rigetta il reclamo di un detenuto che chiedeva un risarcimento dei danni lamentando «la privazione dello “spazio standard” previsto dalla normativa nazionale…
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Mentre nelle carceri italiane si consuma ormai da tempo una “strage” che annovera tra le sue cause in primis il sovraffollamento delle strutture penitenziarie, Gloria Gambitta, giudice del Tribunale di Sorveglianza di Milano, rigetta il reclamo di un detenuto che chiedeva un risarcimento dei danni lamentando «la privazione dello “spazio standard” previsto dalla normativa nazionale ed europea nel periodo compreso tra il 20 ottobre 2022 e il 20 aprile 2023 espiato a
San Vittore
». Secondo gli ultimi dati diffusi dalla Camera Penale, nella casa circondariale è presente più del doppio dei detenuti rispetto alla capienza (1007 per 450).

Eppure secondo la giudice il carcere di
San Vittore
«è una struttura vetusta, con spazi comuni non sempre adeguati, ma si tratta di una situazione di mero “disagio”, collegata a un contesto murario poco confortevole che non costituisce però un trattamento inumano o degradante». Nell’ordinanza la giudice scrive che il 63enne che ha presentato il reclamo, «ha sempre potuto fruire di uno spazio libero individuale superiore alla soglia dei 3 mq, avendo occupato, da solo o con al massimo un altro detenuto, camere di 9 mq, al netto dell’annesso locale bagno e al lordo dei due letti singoli, aventi ciascuno superficie di mq 1,81».

Richiamandosi alla relazione fornita dal carcere, aggiunge che «ogni camera è dotata di annessi servizi igienici, separati in modo da garantire la privacy; sia la stanza che il bagno sono dotati di finestre con ante apribili dagli occupanti e affaccio all’aria aperta, e sono adeguatamente illuminati e riscaldati; tutte le camere sono dotate degli apparecchi televisivi. In ogni piano vi è il locale docce con acqua calda e fredda e l’assistenza sanitaria è garantita h24».

Bocciata anche una seconda richiesta del 63enne relativa a un punto molto dibattuto, quello del regime delle celle “chiuse”, introdotto nel 2022, al posto di quelle “aperte” che consentivano di trascorrere fuori più delle otte ore già previste per le ore d’aria e per svolgere attività.

Il 63enne, assistito dalle avvocate Valentina Alberta e Francesca Salvatici, ha chiesto “l’immediato ripristino del precedente regime degli spazi comuni per lesione del diritto di trascorrere almeno otto ore al giorno fuori dalla cella”. Ma la giudice ribatte che “non esiste uno specifico diritto soggettivo di trascorrere un tempo ragionevole fuori dalla camera di pernottamento ove la limitazione non si traduca nella lesione dei diritti fondamentali di derivazione costituzionale, quali il diritto alla salute, allo studio o altro”.

Da un report del Ministero della Giustizia sui suicidi nel 2024, è emerso che tra inizio anno e il 5 luglio, 44 persone si sono tolte la vita nel regime a custodia chiusa, pari all’88%, 6 in quelle a custodia aperta, pari al 12%. Le legali del 63enne ricorreranno contro la decisione della Sorveglianza su entrambi i temi, del sovraffollamento e del regime a custodia chiusa.

Dalla Lombardia al Lazio. «Anche nel Lazio, come in tutta Italia, la difficile situazione che si registra nelle carceri è sfociata in proteste e rivolte che sono state affrontate con grande professionalità dagli agenti di Polizia penitenziaria, come avvenuto a Regina Coeli nei giorni intorno a Ferragosto – dichiara l’assessore al Personale, alla Polizia locale, alla Sicurezza urbana, agli Enti Locali e all’Università della Regione Lazio, Luisa Regimenti -. Resta prioritario l’impegno per migliorare le condizioni dei detenuti, abbattere il sovraffollamento e favorire il reinserimento sociale dei rei, ma abbiamo il dovere di prenderci cura anche degli agenti di polizia penitenziaria che spesso operano in condizioni molto difficili e in situazioni di grande carenza di personale. Si tratta di un tema che la Giunta regionale intende affrontare con determinazione: per questo stiamo lavorando per destinare 50 mila euro all’avvio di percorsi professionalizzanti per gli agenti di polizia penitenziaria volti a fornire strumenti nuovi che consentano di gestire l’attuale platea di detenuti, oggi mutata rispetto agli anni passati».

«Il Decreto carceri varato dal Governo va già nella giusta direzione, con l’assunzione di mille nuovi agenti di polizia penitenziaria, cinquecento per il 2025 e altre 500 per il 2026 – prosegue l’assessore Regimenti -. Nel Lazio vogliamo offrire un ulteriore supporto agli agenti che all’interno degli istituti penitenziari respirano il contagio emotivo della sofferenza, delle aggressioni, della violenza che sono causa principale di stress psicologico e fisico. Migliorare le condizioni di lavoro di chi opera in carcere significa restituire serenità a chi è chiamato a svolgere questo difficile compito e, conseguentemente, favorire anche una migliore permanenza dei detenuti. La Regione Lazio, nell’ambito delle proprie competenze, continuerà a operare per restituire dignità a operatori e detenuti».

Il sovraffollamento delle carceri italiane è tornato al centro del dibattito pubblico, e i numeri raccontano un quadro di grande illegalità: 61.133 con oltre un terzo per reati di droga. Si tratta di una ulteriore pressione sul sistema penitenziario, dove 12.946 detenuti – pari al 34,1% del totale – sono in carcere per violazioni della legge sulle droghe del 1990, una percentuale quasi doppia rispetto alla media europea del 18%.

Non solo, 17.405 detenuti sono registrati come tossicodipendenti, il 28,9% del totale, un ulteriore record negativo dai tempi della legge Fini-Giovanrdi. L’articolo 73 del Testo unico sulle droghe ha causato 10.697 ingressi in carcere nel 2023, il 26,3% del totale, contribuendo in maniera significativa al sovraffollamento.

Per comprendere l’impatto e i danni del proibizionismo sul sistema carcerario italiano per tutta l’estate ci sarà il podcast “Voci del XV Libro Bianco sulle Droghe” di Eumans e dell’Associazione Luca Coscioni, ideato da Marco Perduca e condotto da Peppe ‘Coffee’ Brescia. Le 13 puntate passano in rassegna le politiche proibizioniste che, tra le altre cose, alimentano l’emergenza carceraria.

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