La ragazza, 25 anni a novembre, insignita del riconoscimento nel contesto del Myllennium Award, per l'impegno in prima fila contro il coronavirus

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Mitiga la stanchezza e la fatica della propria professione partendo appena può per qualche giorno. «In questa estate particolare post-lockdown prediligo le destinazioni in Italia, nei giorni scorsi ad esempio sono stata a Capri», dice Diletta, infermiera nel reparto di Medicina interna della Columbus, la clinica generalista che afferisce all’offerta sanitaria del Policlinico Agostino Gemelli. «Il lavoro è impegnativo e il tempo libero non è molto – aggiunge – ma talvolta la voglia di viaggiare è tale che parto anche direttamente dopo le 10 ore del turno di notte». Del resto, Diletta Gionfra, 25 anni il prossimo novembre, è abituata a sostenere ritmi frenetici: da marzo a giugno è stata impiegata nella terapia sub-intensiva della Columbus, riconvertita a centro durante la fase acuta della . «È stata un’esperienza molto forte – racconta -, inizialmente vissuta con paura perché ci trovavamo tutti di fronte a un virus sconosciuto. Poi piano piano abbiamo riorganizzato il nostro ruolo, riuscendo a costruire empatia con i pazienti, nonostante le tante e necessarie limitazioni».

A motivo di questo impegno in prima linea, lo scorso 22 luglio la giovane infermiera, in rappresentanza di tutto il personale infermieristico, ha ricevuto il riconoscimento speciale , nel contesto del Myllennium Award, che ogni anno premia giovani talenti per progetti, startup, idee innovative e curricula. Diletta spiega come il premio «è arrivato del tutto inaspettato» ma foriero di «grande soddisfazione dopo tanti mesi di duro lavoro», svolto comunque con passione perché «ho capito molto presto che l’ambito ospedaliero mi apparteneva e poteva essere la mia strada».

Alla laurea in Scienze infermieristiche – conseguita nel 2017 nella sede romana dell’università Cattolica – è arrivata infatti consapevole di una vocazione professionale maturata a partire da una esperienza personale. «Fin da quando ero bambina – racconta – ho frequentato gli ospedali per via dei tanti interventi agli occhi ai quali si è dovuto sottoporre mio fratello maggiore». Alessio «è nato prematuro, al settimo mese, e ha subito un distacco della retina, perdendo la vista», spiega; stando spesso nei nosocomi, fin da bambina «sono stata affascinata dalla figura degli infermieri, per come si rapportavano non solo con i pazienti ma anche con noi familiari».

Proprio per tutelare la salute della famiglia, l’infermiera ha vissuto il lockdown «praticamente isolata, al piano superiore della nostra abitazione, comunicando con i miei familiari, che pure erano distanti solo un piano, tramite videochiamate». Negli stessi mesi Diletta ha anche portato avanti gli studi: il 3 luglio scorso ha conseguito un master universitario di primo livello per le funzioni di coordinamento nell’area delle professioni sanitarie. Pur essendo molto impegnata e motivata sul fronte lavorativo, «sono una ragazza normale che ama fare shopping, andare in palestra e al cinema – dice -. Nel tempo libero, poi, frequento gli amici, quelli di vecchia data, con i quali i rapporti solidi sono rimasti, perché non è semplice mantenere amicizie con certi ritmi di lavoro e infatti le amicizie più strette sono quelle che ho costruito sul lavoro». Inoltre «la mia professione, sempre a contatto con la sofferenza dei malati e dei loro familiari, ti cambia, inevitabilmente, portandoti a rivedere le priorità, andando all’essenziale e questo non è sempre semplice comprenderlo né condividerlo».

30 luglio 2020

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