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Sabato 8 Agosto 2020 06:08

Forse non tutti sanno che … a Gaeta (LT) c’è il “Santuario della Montagna Spaccata”

Gaeta, che trae il suo nome – secondo Virgilio – dalla nutrice di Enea, “Caieta” che fu sepolta dall’eroe troiano 
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Gaeta, che trae il suo nome – secondo Virgilio – dalla nutrice di Enea, “Caieta” che fu sepolta dall’eroe troiano in questi luoghi durante il suo viaggio verso le coste laziali – custodisce nel suo territorio il “Santuario della Montagna Spaccata”, unico nel suo genere, la cui storia è avvolta da innumerevoli leggende.

Il nome dello stesso è legato alle tre spaccature, fenditure verticali a picco sul mare del Monte Orlando che la leggenda vuole siano state prodotte dal terremoto verificatosi nel momento della morte di Cristo sulla Croce quando si squarciò il velo del Tempio di Gerusalemme.


Il luogo – di pace e di silenzio – è di una bellezza straordinaria e, come per magia, ci si sente catapultati all’interno delle storie che questo sito ha tramandato nel corso dei secoli. Sicuramente è uno dei luoghi più suggestivi di Gaeta ed è un luogo che racchiude in sé un vero e proprio itinerario spirituale, paesaggistico e naturale, misterioso e leggendario.

Qui vi pregarono e sostarono in meditazione numerosi pontefici, tra cui Pio IX, vescovi e santi, tra cui ricordiamo: Benedetto da Norcia, Bernardino da Siena, Ignazio di Loyola, Leonardo da Porto Maurizio e San Filippo Neri. Secondo la leggenda, quest’ultimo visse all’interno della Montagna Spaccata e, infatti, ancora oggi è possibile vedere un giaciglio di pietra noto come “Il letto di San Filippo Neri”.

La visita al santuario comprende: la Montagna Spaccata, la Via Crucis, la cappella di San Filippo Neri, la cappellina del Crocifisso, la Grotta del Turco e, infine, la Chiesa della SS. Trinità.

Parte del percorso comprende un corridoio scoperto con le stazioni della Via Crucis rappresentate da riquadri maiolicati, del 1849, opera di R. Bruno.


Il testo della “Passione di Gesù Cristo” opera di Pietro Metastasio (1698-1782) accompagna ciascuna stazione (leggendo i versi del letterato italiano non possiamo non riconoscere il carattere drammaturgico dell’intera opera.
Fu scritta nel 1730 dopo la nomina a “Poeta Cesareo” presso la Corte Imperiale di Vienna.

Il poema divenne subito uno dei libretti più amati tra i più illustri compositori settecenteschi: solo per citarne alcuni, Caldara, Jommelli, Paisiello, Salieri).

Al termine della Via Crucis si giunge alla fenditura più profonda e più suggestiva. Qui, nel 1434, dai due costoni di roccia si staccò un macigno che andò a incastrarsi proprio tra le pareti della spaccatura, al di sopra dell’ingresso del mare nella grotta. Nel secolo XVI, sopra il macigno venne realizzata una cappella dedicata al Crocefisso raggiungibile tramite una scalinata che porta all’apice della fenditura.


Lungo la scalinata è possibile vedere la “Mano del Turco”: impresse nella roccia ci sono le cinque dita di una mano che si narra appartenessero a un “miscredente” marinaio turco che, non credendo alla storia della spaccatura nella roccia, sentì miracolosamente la roccia sciogliersi sotto la sua pressione formando l’impronta della mano.


Accanto alla cappella c’è una sorta di terrazza sospesa: ai lati la montagna e sotto l’impeto del mare.

Da questa visuale si ha, inoltre, uno splendido colpo d’occhio anche sul mare circostante e sull’altissima falesia di oltre 150 metri che sovrasta la terrazza.


Si prosegue la visita con la discesa all’altra fenditura denominata la “Grotta del Turco” (attraverso 300 gradini si arriva al livello del mare all’ingresso della grotta, un tempo riparo sicuro per i pirati saraceni); inoltre si possono ammirare le cisterne romane della villa di L. Munazio Planco, poco distanti dall’omonimo mausoleo (del 22 a.C.) e alcune fortificazioni borboniche.


Si può visitare anche il “Parco di Monte Orlando” (prima chiamato “Colle Planciano”), estremamente suggestivo per le sue pareti a strapiombo sul mare. La vegetazione che lo ricopre è quella caratteristica della macchia mediterranea.

Le parole, tuttavia, non possono descrivere il “genius loci” legato a questo complesso monumentale-paesaggistico-naturale e alla sua bellezza straordinaria!

 


Gaeta merita, almeno, la visita di una giornata: il centro storico e la parte vecchia; il “Tempio di San Francesco” (chiesa fondata dallo stesso santo nel 1222, con panorama mozzafiato); la Cattedrale, una delle cento chiese all’interno del quartiere medievale nei pressi del porto. Qui vi fu incoronato Papa Gelasio II, originario di Gaeta; Chiesa di “San Giovanni a mare” o di San Giuseppe (un tempo vi si giungeva in barca: infatti, il suo portale si apriva direttamente sulle acque del porto.

Per impedire il ristagno delle acque, dovuto alle mareggiate, all’interno della chiesa il pavimento è fortemente inclinato); Castello Angioino-Aragonese, uno dei simboli della città; e le bellissime spiagge; il Parco Regionale “Riviera di Ulisse” e la vicinissima e famosa Sperlonga.

 

Brunella Bassetti

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