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Giovedì 6 Marzo 2025 20:03

Grand Tour delle Periferie Romane. 4. Tor Bella Monaca

Grand Tour delle Periferie Romane. 4. Tor Bella Monaca


La quarta tappa del Grand Tour delle Periferie Romane vi porta a esplorare Tor Bella Monaca, il quartiere di edilizia residenziale pubblica più grande d’Italia. A seguito di alcuni sopralluoghi a cura della scrivente, anche in compagnia di altri camminatori, abbiamo individuato un itinerario di circa 10 chilometri che vi consentirà di esplorare diversi settori […]

Grand Tour delle Periferie Romane. 4. Tor Bella Monaca


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Grand Tour delle Periferie Romane. 4. Tor Bella Monaca



La quarta tappa del Grand Tour delle Periferie Romane vi porta a esplorare Tor Bella Monaca, il quartiere di edilizia residenziale pubblica più grande d’Italia. A seguito di alcuni sopralluoghi a cura della scrivente, anche in compagnia di altri camminatori, abbiamo individuato un itinerario di circa 10 chilometri che vi consentirà di esplorare diversi settori di quest’area immensa, soggetta a significativi interventi di rigenerazione urbana.

Suggeriamo di partire dalla fermata della Metro C Torre Angela. All’uscita imboccate a sinistra un viottolino quasi nascosto che vi condurrà al Giardino Tufilli, già attraversato nella tappa precedente. Guadagnate viale Duilio Cambellotti. Già da questa distanza, potete percepire i pieni e i vuoti rappresentati da ampie aree verdi che si alternano ad alte torri, edifici a schiera e palazzine di diversa altezza. Fino alla fine degli anni Settanta qui era tutta campagna romana, di proprietà del Conte Vaselli. La vecchia borgata Tor Vergata si collocava più a est (oggi i vecchi abitanti la chiamano Grotte Celoni, la vedremo nel corso della prossima tappa) e fu proprio in questa porzione di territorio che venne attivato un Piano per l’edilizia economica e popolare (PEEP) destinato a risolvere il problema della casa per venti-trentamila abitanti con la costruzione di più di 5500 alloggi pubblici. I diversi comparti sono identificati da un numero preceduto da una lettera (R per identificare l’edilizia residenziale ed M quella mista con piano terra per attività commerciali).

Torri di Tor Bella Monaca [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Torri di Tor Bella Monaca [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Negli primi anni Ottanta al Comune c’era la giunta Petroselli, il problema delle case era un’emergenza e si pensò di risolverlo cementificando una tenuta ancora intatta dell’agro romano. La reazione degli abitanti dei quartieri circostanti fu di spavento, si temeva che qui sarebbero venuti tutti gli sfollati dalle baracche della città, alimentando il pregiudizio del fatto che la casa popolare non è un diritto ma la spiaggia degli ultimi. Nella composizione delle case popolari c’era però un contesto molto variabile, risultato di tre anni di lotte degli aventi diritto alle case popolari per entrare nei loro appartamenti. E così tra case nuove e chiuse e chiavi non distribuite dal Comune di Roma arrivò anche la speculazione di chi aveva visto nella situazione di disagio un’opportunità di business. Per decenni Tor Bella Monaca è stata caratterizzata da una continua guerra tra poveri dove, tra le difficoltà e nell’assenza di servizi, ognuno ha cercato di difendere quel poco che aveva, lottando per i servizi minimi: dalle scuole agli autobus. E ancora oggi solo una linea porta fuori del quartiere, pur se la situazione è migliorata con l’attivazione della linea C della metropolitana.

Imboccate via Orazio Placidi e prendete a sinistra per via Domenico Parasacchi. Volendo potete fare una breve sosta al Bar Le Torri, frequentato di mattina da tanti avventori che si fermano per una più o meno rapida colazione al banco o seduti. Rimarrete colpiti all’interno da una gigantografia del Colosseo in bianco e nero. L’Anfiteatro Flavio è ad almeno quindici chilometri da Tor Bella Monaca, periferia vera, ben oltre il Gran Raccordo Anulare.

Bar le Torri [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Bar le Torri [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Dopo aver gustato un ottimo cappuccino, proseguite lungo la stessa via, decorata con vecchi murales che rimandano agli anni del Covid (“Andrà tutto bene“) e scritte “Per chi viaggia in direzione ostinata” e “Guerra ai nemici della mia terra”. Sul lato opposto, si staglia il Liceo scientifico linguistico classico Edoardo Amaldi, fiore all’occhiello di questa periferia, che di recente ha avuto largo spazio sui media per esser stato premiato con l’European Innovation Teaching Award 2024, un prestigioso premio europeo per la didattica.

L'ingresso del Liceo Edoardo Amaldi [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
L’ingresso del Liceo Edoardo Amaldi [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Al termine della strada, piegate a sinistra in via Bruno Cirino e poi ancora a sinistra per via Fernando Conti. Al civico 99 lo SPAZIO CANTIERE, gestito da LabSU, il Laboratorio di Studi urbani “Territori dell’abitare” del Dipartimento di Ingegneria civile edile e ambientale dell’Università Sapienza, è da tempo protagonista nel facilitare il dialogo, spesso molto difficile, tra gli abitanti e le istituzioni, soprattutto in questo periodo, nel quale un settore importante del quartiere – il comparto R5 – viene rigenerato grazie a fondi PNRR. Lo conoscerete a breve.

La sede di Spazio Cantiere [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
La sede di Spazio Cantiere [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]All’incrocio con via Natale Balbiani salite una scaletta, al piano superiore è ospitata la sede del Municipio 6. Una grande mappa con tante fotografie indica i 74 punti d’interesse del municipio che spaziano da torri ad acquedotti, da casali a castelli, da templi a ponti: un patrimonio inestimabile di cui il municipio va fiero, come recita la scritta “Il nostro territorio, la nostra storia”. Su un pilastro viene pubblicizzato il servizio “e-L-OV. Leggere Ovunque”, biblioteca digitale gratuita curata dalle Biblioteche di Roma e lodevole iniziativa di promozione della lettura.

La sede del Municipio Roma VI [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
La sede del Municipio Roma VI [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Da questo macro blocco si accede anche alla realtà culturale più importante del quartiere, il Teatro Tor Bella Monaca, inaugurato nel 2005 e oggi parte della rete TIC-Teatri in Comune assieme al Teatro Biblioteca Quarticciolo, al Teatro del Lido e al Teatro Villa Pamphilj. Il programma del teatro è denso: non solo rappresentazioni, ma anche mostre, incontri, laboratori che attraggono un pubblico proveniente da tutti gli angoli della città.

Il teatro Tor Bella Monaca [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Il teatro Tor Bella Monaca [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Riscendete e riprendete via Francesco Conti. Poco prima dell’incrocio con via Amico Aspertini, potete osservare i gradini di una scala che ricordano i tanti personaggi eccellenti – giornalisti, giudici, sacerdoti – caduti per mano della mafia: Giuseppe Fava, Antonino Scopelliti, Gaetano Costa, Libero Grassi, Don Giuseppe Diana, Don Pino Puglisi, Peppino Impastato, Boris Giuliano, Piersanti Mattarella, Paolo Bongiorno, Rita Atria, Pio La Torre, Giuseppe Di Matteo, Rosario Livatino, Paolo Borsellino, Giovanni Falcone. Ci teniamo a elencarli, per non dimenticare.

Scala della memoria [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Scala della memoria [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Proseguite fino a distinguere la sagoma della celebre Chiesa di Santa Maria del Redentore, progettata dall’architetto Pierluigi Spadolini (1922-2000). Vi chiederete dove sia la croce, per poi accorgervi che è disegnata dallo spazio tra i due pinnacoli convergenti verso l’alto a formare una tenda verso il cielo che simbolicamente accoglie al suo interno i fedeli. L’ingegnosa soluzione architettonica è dovuta all’ingegner Riccardo Morandi (1902-1989), noto per i numerosi ponti progettati in tutta Italia.

Chiesa di Santa Maria del Redentore [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Chiesa di Santa Maria del Redentore [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Non mancate di visitare l’interno, con i bellissimi arredi lignei disegnati dallo scultore Mario Ceroli (1938-    ): Gesù crocifisso su una croce a forma di albero ai cui piedi stanno Maria e Giovanni nelle sembianze di Madre Teresa di Calcutta e Giovanni Paolo II; l’altare a forma di imbarcazione, il pulpito su colonne che assomigliano a una foresta; le acquasantiere; i confessionali, i tabernacoli, le sedute.

Chiesa di Santa Maria del Redentore. Arredi lignei progettati da Mario Ceroli [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Chiesa di Santa Maria del Redentore. Arredi lignei progettati da Mario Ceroli [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Molto originale è il fonte battesimale caratterizzato da una vasca che raccoglie l’acqua zampillante da un globo realizzato con intarsi policromi simboleggianti la varietà delle genti e delle culture.

Chiesa di Santa Maria del Redentore. Fonte battesimale progettato da Mario Ceroli [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Chiesa di Santa Maria del Redentore. Fonte battesimale progettato da Mario Ceroli [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]L’ultima volta che siamo stati in questa chiesa, il parroco, don Giulio Barbieri, ci ha invitato a sospendere la visita in vista del matrimonio Rom che si sarebbe celebrato a breve. Così mentre noi uscivamo, gli ospiti nei loro eleganti e colorati vestiti accedevano all’aula interna.

Lasciata la chiesa, raggiungete l’incrocio con via di Tor Bella Monaca e girate a sinistra. Costeggiate la chiesa per un breve tratto e all’altezza di un’area commerciale attraversate il pericoloso stradone per portarvi sul lato opposto. Noterete come quest’arteria a quattro corsie, con le automobili sfreccianti, divida letteralmente in due il quartiere, sfavorendo il raccordo tra le due parti.

Proseguite verso sinistra. All’altezza di un capannone su cui campeggia un murale con la scritta “Non sgombrare le strade dai sogni” (Colo Onda 2024), imboccate un sentierino su un prato e vi troverete all’imbocco della tanto temuta via dell’Archeologia, che quando la nomini la gente ti dice “se proprio ci devi andare mettiti l’elmetto”. Nel corso del nostro ultimo sopralluogo, vedendo un gruppetto di persone sconosciute, proprio in questo punto ci si è avvicinata un’anziana signora con una folta chioma bianca e giacca a vento trapuntata. Fiera dei suoi ottantanove anni, ci ha raccontato che malgrado la pessima reputazione di Tor Bella Monaca, a casa sua la porta viene chiusa solo di notte. Si chiama Domenica, è originaria di un paesello dell’Aquilano e quando i suoi arrivarono a Roma, stavano in un buco a San Giovanni dove i bambini per lavarsi dovevano fare il “bagnapiede”. Quando finalmente riuscirono ad essere assegnatari di un appartamento a Tor Bella Monaca, si sentì una gran signora, con una casa degna di questo nome, dove crescere i figli che hanno studiato e si sono laureati.

La signora Domenica [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
La signora Domenica [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Proseguite lungo via dell’Archeologia, costeggiando il “Ferro di Cavallo” (comparto R5), ampia struttura a tre corti aperte verso la campagna retrostante, alternate a corti più strette aperte sulla strada, che ospita 1257 alloggi per 4000 abitanti. Le corti sono piuttosto spettrali, ravvivate solamente dai colori di qualche murale o di qualche scritta sul muro: “Siamo così soli per la nostra età” oppure “Che Dio ve furmini laziali!”. Nessuno vi disturberà se vi limitate a passare senza fotografare i residenti, sappiate però che ogni vostra mossa è seguita da pali e vedette al servizio del sistema di spaccio che governa l’economia del quartiere e in certo qual modo lo protegge; un mondo parallelo dove il 20% degli abitanti è regolare, il 60% off-limits e l’ultimo 20% fuori dai radar.

Scorci del comparto R5 [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Scorci del comparto R5 [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Di recente agli ingressi delle corti sono state apposte delle bacheche dal summenzionato Spazio Cantiere per informare i residenti degli interventi di rigenerazione urbana del comparto R5 nell’ambito del PNRR. Vi sono anche state affisse le cartoline scritte e disegnate dai bambini di Tor Bella Monaca per raccontare il cantiere di cui si sentono orgogliosi. Obiettivo di questo imponente progetto? Tornare alla legalità. Come? Efficientando energeticamente i complessi edilizi con cappotto e illuminazione adeguata nelle corti, bonificando le infiltrazioni, ma anche dotando i piani terra di uffici pubblici, bar, presidio medico, spazi di aggregazione, fino ad oggi qui del tutto inesistenti. All’inizio ci sono stati incontri di scala per parlare con i cittadini, chiedendo loro di svuotare gli ambienti al piano terra da biciclette, mobilia accatastata, ciarpame, come anche stendini, antenne paraboliche ecc., ma le risposte sono state solo improperi dettati da assoluta sfiducia nell’autorità assente da quarant’anni.  Poi, pazientemente, il dialogo è iniziato, gli spazi sono stati svuotati e si è dato il via al cantiere.

Dettaglio del civico 52 e primo test di apposizione del cappotto [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Dettaglio del civico 52 e primo test di apposizione del cappotto [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]La vera scommessa è proprio questa: se al taglio dei nastri, nel 2026, non ci saranno i servizi, gli spazi verranno nuovamente occupati in men che non si dica. Una curiosità: lungo un chilometro di strada ci sono solo tre numeri civici: pensate alla difficoltà per un corriere che deve effettuare una consegna. Il progetto prevede il ribaltamento degli ingressi direttamente dalla scala. Gli accessi avverranno direttamente dalla strada e ogni scala avrà un proprio numero civico, insomma si avrà una relazione più normale tra la strada e la casa.

All’altezza del civico 74 un cartello pubblicizza la presenza del Museo Laboratorio d’Arte di Sant’Egidio, un’importante realtà di Tor Bella Monaca, dove da anni alcuni operatori seguono nelle loro creazioni persone disabili con velleità artistiche. Si cerca di sfatare il luogo comune che la persona disabile è una persona sfortunata, priva di pensiero, inutile alla società. In realtà è tutto il contrario, perché è proprio tramite le persone con disabilità che si scoprono mondi di solitudine ma al contempo si incontra un’umanità ricca di risorse e potenzialità. La metodologia del laboratorio “è l’inclusione, senza distinguere il tipo o grado di disabilità: c’è chi non parla, chi si esprime e si muove con lentezza, chi parla e si muove continuamente, chi va a scuola, chi ha un lavoro e chi non sarebbe mai uscito di casa. Si apprendono le tecniche artistiche, si studiano la storia e la storia dell’arte, ci si interroga sui problemi dei mondo contemporaneo” [Inclusion exclusion, Maretti, 2019]. Non bisogna quindi meravigliarsi del fatto che proprio grazie a questi laboratori, artisti disabili abbiano potuto contribuire alla mostra inclusion/exclusion presso l’Altare della Patria o perfino alla Biennale di Venezia 2025 sotto la guida del curatore e artista César Meneghetti nella mostra Naufragi-Approdi alla Ca’ d’Oro.

Il Museo Laboratorio d'arte di Sant'Egidio [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Il Museo Laboratorio d’arte di Sant’Egidio [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Nel Museo Laboratorio sono anche esposte opere di artisti disabili tra cui i disegni di Maria Caprioletti, affetta da sindrome di Pendred, che non sente e non può parlare, ma è un’incredibile osservatrice e dissacralizza immagini sacre reinterpretandole.

Con l’obiettivo di realizzare servizi al piano strada, a breve dovrebbe essere inaugurata nella corte nord dell’R5 la sede del Museo delle periferie, un’idea nata alcuni fa grazie a un’intuizione dell’antropologo Giorgio de Finis, noto per essere il curatore del
MAAM
(Museo dell’Altro e dell’Altrove – Metropoliz). In cosa consiste? Innanzitutto in un centro studio che si occupa di capire cos’è una periferia, nel mondo infatti ci sono periferie spaziali, periferie esistenziali, periferie di genere, tanti tipi di periferie, pertanto anche le periferie romane diventano oggetto di riflessione. Inoltre il Museo sosterrà progetti artistici che hanno a che fare con i territori, assieme ad artisti che lavorano nelle periferie, non necessariamente a Tor Bella Monaca, unendo con le loro creazioni territori che non si conoscono e non si frequentano. L’idea, nel pensiero del suo curatore, non è tanto portare un pezzo di centro in periferia ma valorizzare ciò che la periferia è in grado di produrre in maniera autonoma, proprio perché spesso abbandonata.  Alla base del progetto c’è l’assunto che il Museo delle Periferie non diventi un museo coloniale che trasferisce la cultura in periferia, ma piuttosto un’entità che recepisca che cosa le periferie del mondo sanno produrre e cosa possono insegnare al centro. Seguiremo l’evoluzione del progetto…

L'Istituto comprensivo Melissa Bassi [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
L’Istituto comprensivo Melissa Bassi [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Proseguite lungo via dell’Archeologia oltre il complesso dell’R5. Al civico 139, sul lato opposto della strada una serie di padiglioni rossi indica che siete di fronte all’Istituto comprensivo Melissa Bassi, vero e proprio presidio sociale della via, dove un manipolo di docenti motivatissimi porta avanti attività e progetti didattici per stimolare gli alunni e contenere la dispersione scolastica. Di recente la scuola si è dotata di un giardino integrato per la didattica all’aperto e i docenti sono stati formati dal pedagogo Franco Lorenzoni, esperto in questo tipo di insegnamento. I bambini, assieme ai loro docenti, seguono il cantiere dell’R5, cercando di immaginare come saranno gli spazi riprogettati. Ricordate le cartoline affisse nelle bacheche informative? Il senso di appropriazione del proprio territorio diventa anche per i bambini il proprio futuro e il proprio immaginario, al punto che stanno diventando orgogliosi di quanto sta avvenendo vicino alla loro scuola.

L'Istituto comprensivo Melissa Bassi. Giardino integrata per la didattica all'aperto [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
L’Istituto comprensivo Melissa Bassi. Giardino integrata per la didattica all’aperto [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Proseguite verso via dei Cochi per poi raggiungere lo squalliduccio e poco frequentato giardino di via Giovanni Castano. Da qui, nei pressi di un ponticello, potete ammirare un tratto di un’antica strada romana, rinvenuta e scavata nei primi anni Ottanta all’epoca dei lavori per la realizzazione delle case popolari. Dall’analisi del tracciato, della tecnica edilizia, dei basoli in tufo, dei materiali ceramici rinvenuti, gli archeologi hanno dedotto che questa strada fosse in uso tra la fine del IV e l’inizio del III secolo a.C. Forse si tratta della via Gabina, che collegava Roma alla città di Gabi, celebre per il santuario di Giunone Gabina.

Un tratto della Via Gabina [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Un tratto della Via Gabina [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]La costeggiamo fino a trovarci all’altezza di una recinzione oltre la quale si estende uno sconfinato tratto di campagna romana. Sulla sinistra si conserva un vecchio casale piuttosto malmesso, sulla destra invece è ben visibile il tracciato di una pista ciclabile che va in direzione del complesso dell’R5, costeggiandolo sul retro. Camminate lungo la ciclabile, assai poco se non per nulla frequentata. Chissà se quando percorrerete quest’itinerario, una lunga fila di carcasse d’auto incendiate sarà ancora lì. Potrebbero diventare un’installazione artistica alla memoria dell’R5 prima del rinnovamento.

Carcasse di automobili incendiate [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Carcasse di automobili incendiate [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Il cantiere è immenso e pare incredibile che al di là dei ponteggi, vivano centinaia di persone. Chi sono? Assegnatari di alloggi per sfratti esecutivi, per indigenza economica, per condizioni di disabilità, per situazioni abitative disagiate (come un tempo la signora Domenica, incontrata lungo il cammino). I problemi vissuti dagli abitanti di via dell’Archeologia sono tanti: emarginazione sociale, disoccupazione, tossicodipendenza, detenzione domiciliare, disagio minorile, non bisogna quindi meravigliarsi se spesso la criminalità sia vista come unica possibilità di riscatto.

Il cantiere dell'R5 [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Il cantiere dell’R5 [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Ci sono però anche tante famiglie che si sforzano di vivere nella legalità e di sfruttare al meglio ciò che il luogo offre. Si pensi agli ex lavatoi, due strutture ancora ben riconoscibili, occupate abusivamente negli anni e riconquistate grazie alla resilienza di mamme e cittadini virtuosi.

Oggi una delle due strutture ospita una palestra di box (Olympic Boxe Gym), prima ubicata a Torre Angela, che rappresenta un veicolo importante per lavorare sul tessuto sociale dei ragazzi contro la devianza, il bullismo, l’attrazione del guadagno facile con lo spaccio.

Comparto R5: palestra di box [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Comparto R5: palestra di box [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]L’altra struttura ospita “La Casa di Alice”, che presto potrebbe tornare a funzionare a regime come ludoteca di quartiere. In realtà tra la fine degli anni Novanta e il primo decennio del 2000, proprio qui fu attivo il “Sottomarino giallo”, vero e proprio punto di riferimento per i piccolissimi dell’R5, ma quando il bando di concessione scadde, non ci furono più fondi per rinnovarlo e così l’edificio venne abbandonato, occupato e vandalizzato. Nel 2015 però le mamme hanno scacciato gli occupanti, ripulito l’area e attivato un presidio stabile, continuando a lottare per la regolarizzazione della destinazione d’uso a ludoteca.

Comparto R5: La casa di Alice [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Comparto R5: La casa di Alice [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Proseguite tranquillamente lungo il tracciato della ciclabile. Pensate che nel 2010, sotto la Giunta Alemanno, l’architetto lussemburghese Leon Kries propose un progetto che prevedeva l’abbattimento delle torri di Tor Bella Monaca a favore di un’edilizia che da verticale diventasse orizzontale, favorendo il privato rispetto al pubblico. Nella visione di Kries Tor Bella Monaca si sarebbe trasformata in un borgo con abitazioni di massimo tre piani in stile neostorico, conservando alcune eccellenze come la chiesa e il teatro. Ma dove sarebbero andati i 28.000 residenti? Il piano è sempre e solo rimasto sulla carta, anche per mancanza di investitori realmente interessati alla proposta.

La torre e i casali Vaselli [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
La torre e i casali Vaselli [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Sul lato opposto di un frequentato centro sportivo, svetta tra pini e cipressi una torre fiancheggiata da casali. È la tenuta Vaselli, proprietaria ancora oggi dei terreni agricoli superstiti. È proprio questa la torre che ha dato il nome all’originale borgata di Tor Bella Monaca, poi ereditato anche dal quartiere di edilizia pubblica. Secondo la leggenda, Santa Rita da Cascia avrebbe pernottato nella torre, ma non vi è alcuna evidenza storica del suo passaggio in queste lande. Il toponimo deriverebbe invece dalla trasformazione nei secoli di Turris Pauli Monaci. Nel Medioevo la famiglia Monaci era proprietaria di questo contado e fu proprio Paolo a far costruire la torre nel XIII secolo. Malgrado i diversi passaggi di proprietà (dai Colonna alla Basilica di Santa Maria Maggiore, ai Borghese, agli Acquaroni), era usanza che il bene mantenesse il nome dell’originario proprietario, Paolo Monaco per l’appunto, anche se vecchi documenti e carte storiche tramandano storpiature del nome nel tempo che hanno alimentato la fantasia popolare.

Lembo di pineta superstite [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Lembo di pineta superstite [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Ormai giunti alla pineta, ultimo lacerto di una bosco secolare che era all’interno della tenuta Vaselli e che è un patrimonio ambientale e culturale importante del quartiere, dirigetevi verso via Paolo Farinata, dove un vecchio fienile è stato ristrutturato e oggi ospita un polo culturale gestito dall’Associazione 21 Luglio, dall’Università di Tor Vergata e dall’Associazione Psicoanalisi contro, che ne hanno fatto un centro di aggregazione per la comunità del quartiere con un bellissimo giardino, spazi per laboratori, biblioteca, ludoteca.

Polo ex Fienile [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Polo ex Fienile [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Superato il Polo Ex Fienile, imboccate viale Santa Rita da Cascia. Oltre una serie di alti edifici costeggiate il bocciodromo e l’area cani, molto ben tenuti.

Il bocciodromo di Tor Bella Monaca [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Il bocciodromo di Tor Bella Monaca [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Proseguite per largo Gennaro Boltri, via Giovanna Marmochini Cortesi, via Giovanni Battista Cigola. Al termine della strada, un sentierino immette in un’estesa area adibita a parco pubblico, intitolato a Vanessa Russo, una ventiduenne uccisa nel 2007 nel corso di un diverbio nella stazione della metropolitana Termini di Roma. Un montarozzo verso il centro del parco, lambito da via Erice e via San Biagio Platani, nasconde resti, appena riconoscibili tra l’erba, di un complesso residenziale attivo dal III sec. a.C. al III sec. d.C., dotato di impianti idrici, di un settore termale e di una parte destinata alle attività produttive.

Resti archeologici nel parco intitolato a Vanessa Russo [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Resti archeologici nel parco intitolato a Vanessa Russo [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Tornate sui vostri passi sino a incrociare nuovamente viale Santa Rita da Cascia dove quattro alte torri colorate di giallo, arancione, verde e celeste non passano inosservate. Sono state ristrutturate di recente con interventi che hanno riguardato il rifacimento delle coperture e delle facciate dell’edificio e la risistemazione delle parti comuni interne.

Torri ATER ristrutturate di recente [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Torri ATER ristrutturate di recente [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Ci è capitato una volta di salire sulla terrazza condominiale di una di queste torri e… che dire… il panorama era veramente a 360° gradi. Immediato il riferimento alla canzone Luna di Gianni Togni con le parole “E guardo il mondo da un oblò mi annoio un po’”, ma qui proprio non ci si annoia!!!

Gli oblò e i panorami da una delle torri ATER [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Gli oblò e i panorami da una delle torri ATER [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Se vi capita di passare qui di sabato, tra via Santa Rita da Cascia e viale Paolo Ferdinando Quaglia si susseguono i banchi di un vasto mercato con banchi di frutta e verdura, panini con la porchetta, casalinghi, e molto altro. Proseguite comunque per via Francesca Merlini costeggiando un casottino con un uccello coloratissimo a firma Pisky 2022. In questa strada, sta finalmente prendendo corpo il progetto di ristrutturazione di uno stabile per impiantarvi una biblioteca civica, che potrebbe diventare un punto di riferimento importantissimo per tutto il quartiere.

Il cantiere della futura biblioteca civica [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Il cantiere della futura biblioteca civica [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]All’incrocio con via Acquaroni prendete a destra e raggiungete largo Ferruccio Mengaroni, cuore pulsante di questo versante di Tor Bella Monaca. Dirigetevi verso il Cubolibro, in fondo alla piazza, e se avrete fortuna, avrete modo di incontrare Claudia Bernabucci che lo gestisce. Proprio lei ci ha raccontato la storia di quest’area. In assenza di servizi, nei primi anni Novanta, c’era uno spaccio alimentare dove si fermavano gli ambulanti – i negozi arrivarono molto dopo -, successivamente adibito a centro anziani nella seconda metà del decennio. Proprio gli anziani, quelli che si erano battuti per le case popolari e che conoscevano bene il quartiere, si erano resi conto che a Tor Bella Monaca stava spopolando l’eroina, decisero pertanto di chiedere aiuto a degli attivisti, in particolare a Mario Cecchetti, di Torre Spaccata, esperto nel creare animazione per i giovani nei centri sociali e nelle sedi di partito. Nacque quindi il centro sociale di Tor Bella Monaca e si iniziarono a organizzare carnevali popolari e concerti in piazza negli spazi pubblici.

Claudia Bernabucci, anima del Cubolibro [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Claudia Bernabucci, anima del Cubolibro [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]A partire dal primi anni Duemila, Tor Bella Monaca, come anche altre periferie romane, ha usufruito di finanziamenti europei importanti grazie al programma Urban, che però, mal amministrati, portarono a cantieri spesso non terminati, come nel caso della biblioteca civica e di largo Mengaroni, che si presentava come un’ampia distesa di cemento, poveramente arredata e subito vandalizzata. Fu in quel periodo che venne realizzato il cubo, in realtà prima venne realizzata una struttura per concerti, poi la casetta, che però rimase a lungo abbandonata non sapendo bene come sfruttarla finché gli attivisti del centro sociale non si mobilitarono per trasformarla in una bibliotechina. Ci vollero alcuni anni però perché andasse a regime, proprio grazie alla solerzia di Claudia e di altri giovanissimi universitari, come lei. La sistemazione dei libri fu solo il primo passo, subito dopo il Cubo si trasformò in centro aggregativo e culturale con attività estive di cinema, tornei di ping pong e tanto altro. Oggi Cubolibro è un progetto educativo che fa educazione formale e informale, anche all’interno delle scuole, con l’obiettivo di arginare la dispersione scolastica.

Il Cubolibro e la sua biblioteca [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Il Cubolibro e la sua biblioteca [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Grazie a un’importante sponsorizzazione della Fondazione privata familiare Paolo Bulgari, dal dicembre 2023, attraverso un progetto partecipato, largo Mengaroni è finalmente stato ristrutturato con panchine, skatepark, campetto di basket, e così già dal primo pomeriggio la piazza si riempie di ragazzi, col Cubolibro che fornisce pattini, palloni, organizza una volta a settimana il corso di parkour e il corso di basket, il laboratorio di riciclo, laboratori d’arte e di ceramica, oltre a gestire uno sportello psicologico, il supporto alla genitorialità, lo spazio studio individualizzato per ragazzi e ragazze con difficoltà di apprendimento, i laboratori di promozione della lettura, l’orto sociale.

Scorci di Largo Ferruccio Mengaroni [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Scorci di Largo Ferruccio Mengaroni [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Claudia ci ha spiegato però che per mantenere integra la piazza con le attività connesse si sta firmando un “patto di comunità” tra i cittadini virtuosi, le associazioni e il municipio, con il necessario supporto dell’AMA: si tratta di uno strumento grazie al quale tutti gli attori sono uguali, l’abitante conta quanto il delegato dell’associazione e il delegato pubblico, non c’è quindi la delega della rappresentanza che viene sempre data agli altri, ma ciascuno si prende in carico una parte di responsabilità, la cura di qualcosa…

Passeggiando nel piazzale potete osservare murali e decori che raccontano storie di resilienza e dei tanti progetti che hanno avuto come protagonisti gli abitanti di questa zona.

Scorci di Largo Ferruccio Mengaroni [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]
Scorci di Largo Ferruccio Mengaroni [Foto: Maria Teresa Natale. CC BY NC SA]Sul muro esterno del Cubolibro, un murale molto rovinato immortala la figura di un personaggio con la maschera antigas che invoca libertà di cultura e di parola. Abbiamo recuperato nel nostro archivio una foto scattata alcuni fa. Il murale venne realizzato da Aladin Hussan Al-Baraduni (in arte Aladin), artista yemenita che ha lasciato il proprio paese di origine, dove non poteva esprimersi liberamente, per stabilirsi in Italia. A Roma sono presenti tante sue opere che parlano di impegno sociale, denuncia delle ingiustizie e militanza a oltranza.

Libertà di cultura, liberta di parola, Aladin, 2014 [Foto: Maria Teresa Natale, 2021, CC BY NC SA]
Libertà di cultura, liberta di parola, Aladin, 2014 [Foto: Maria Teresa Natale, 2021, CC BY NC SA]Lasciate largo Mengaroni e dirigetevi in viale Paolo Ferdinando Quaglia (lato destro rispetto alla schiera di edifici verdi di fronte a voi), per osservare alcuni dipinti, realizzati sulle grigie murate cieche di alcuni edifici del comparto R8: No surrender, di Diamond, la cui immagine è diventata anche la copertina di un singolo del rapper romano Tomaso Zanello, noto come Er Piotta; Miwa Uzuki, che si trasforma in Jeeg, il robot d’acciaio, opera di Solo; Per andare oltre, di Mosa One, con un bimbo intento a scavalcare uno squallido muto grigio. Vennero realizzati nel 2018, durante l’Estate romana, nell’ambito del progetto “Moltitudini”.

Viale Paolo Ferdinando Quaglia [Foto: Maria Teresa Natale, 2021, CC BY NC SA]
Viale Paolo Ferdinando Quaglia [Foto: Maria Teresa Natale, 2021, CC BY NC SA]E per finire, all’incrocio con via di Tor Bella Monaca, terminate quest’itinerario, ammirando il “vulcano di Tor Bella Monaca” dell’artista Andreco, La scelta del vulcano ha un doppio significato: innanzitutto il riferimento al Vulcano Laziale e alle trasformazioni delle ere geologiche, ma anche a un cratere che erutta contenuti e idee che si riversano sul territorio circostante generando cambiamenti su questa periferia e quindi sull’intera città.


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