Giovedì 27 Marzo 2025 15:03
Bellezza: l’Eremo di Santa Romana al Soratte
“Tornerai quando saranno fiorite le rose”. Queste le parole, cariche di profumata dolcezza, pronunciate da papa Silvestro, al cospetto della giovane fanciulla Romana, figlia del prefetto di Roma Calfurnio, che ogni giorno si recava al Soratte per fargli visita. Si narra che Romana all’età di dieci anni, una volta abbracciata la fede cristiana si spogliò […]
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Bellezza: l’Eremo di Santa Romana al Soratte
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“Tornerai quando saranno fiorite le rose”. Queste le parole, cariche di profumata dolcezza, pronunciate da papa Silvestro, al cospetto della giovane fanciulla Romana, figlia del prefetto di Roma Calfurnio, che ogni giorno si recava al Soratte per fargli visita. Si narra che Romana all’età di dieci anni, una volta abbracciata la fede cristiana si spogliò di ogni bene e fuggì sul Monte Soratte, al fine di farsi battezzare da Silvestro. Ogni mattina usciva dal suo ritiro, una grotta carica di suggestivo fascino, che ancora oggi si apre nel versante del Sacro Monte che guarda i Monti Sabini, e che quella continua frequentazione dell’eremo dove era il papa, avrebbe causato le maldicenze degli abitanti della Terra Sancti Eristi, i quali pastori e contadini potevano incontrarla sulla irta e faticosa salita.

Il Papa la redarguì e la Vergine Romana gli chiese quando sarebbe potuta tornare, e Silvestro rispose: “Tornerai quando saranno fiorite le rose”. Ma era il mese di gennaio. La fanciulla tornò nell’Urbe, ponendosi in orazione con il desiderio di rivedere presto il suo “buon Padre”. Romana giunse il mattino del giorno seguente, ed uscendo fuori dal suo ritiro, si accorse che tra la neve caduta durante la notte , nel suo giardino, erano sbocciate due fresche e fragranti rose. Le colse e le portò a Silvestro, il quale appena la vide disse: “Ma io ieri ti ho ordinato di tornare quando erano fiorite le rose” e Romana prostrata, in ginocchio, traendo dal suo mantello i fiori rispose: “Perdona, o Padre, ma le rose sono fiorite”.

Romana si sarebbe da li a poco, recata a Todi, piccola cittadina umbra, e qui sarebbe morta nella preghiera nell’anno 324 d. C.
Chi oggi si reca sul Soratte e percorre un impervio sentiero nel versante orientale, scopre tra la folta vegetazione, una delle tante cavità carsiche, dove, secondo la leggenda, sarebbe stata battezzata proprio Romana.

La chiesa, consacrata nella terza domenica di Quaresima del 1219, come ricorda una iscrizione presente sul verso di una epigrafe di epoca romana, si presenta come un piccolo ambiente, nella cui parete di destra trova spazio una vasca di marmo, con l’acqua che goccia sopra di essa dallo scoglio, che veniva presa per devozione dalle donne prive di latte. Gli affreschi che un tempo dovevano adornala sono ormai ridotti a lacerti, ma una interessante descrizione viene dalle parole dello storico locale don Mariano De Carolis, il quale riferisce che dietro la vasca era l’altare sopra il quale era dipinto un affresco rappresentante la Deposizione della Croce, affiancata da angeli. Fino agli anni ’90 era ancora visibile la testa e parte del busto del Cristo deposto, ascrivibile, in via di ipotesi al secolo XVI. Sopra l’altare era presente l’iscrizione riferibile al battesimo della santa: “23 febeuarii Tuderi Sanctae Romane Virginis que a S. Silvestro baptizata in hanc antri et sepulcis celeste vita duxit et miraculorum gloria claruit”. Al lato dell’altare un affresco rappresentante Santa Romana, visibile oggi solo nel volto e nel velo che la circonda, opera probabilmente di un pittore qualificato attico nella seconda metà del 1500. Accanto ad essa lo sguardo di una figura maschile forse inginocchiato ai piedi della santa. Scendendo alcuni gradini, si accedeva, e si accede tutt’oggi ad un “grande scavo che sale nella montagna per qualche metro, e in alto si vedono delle fenditure naturali formate dagli scoli delle acque”. Sopra di esso era dipinto un Crocifisso e una Madonna con Bambino di delicate fattezze. Più in alto Dio Padre.

Le condizioni climatiche dell’ambiente e l’addossamento alla parete rocciosa, hanno provocato la polverizzazione della pellicola pittorica di buona parte del ciclo pittorico.
Il problema dell’umidità era stato già segnalato nel 1856 nella Sacra Visita eseguita dal Cardinale Ferretti Abbate delle Tre Fontane, sotto la cui giurisdizione era San’Oreste. Il cardinale emise il 6 aprile il decreto, che qui di seguito trascriviamo: “Abbiamo visitato la Chiesa di Santa Romana: sia rifornita degli utensili ed arredi sacri che abbiamo interdetti e sospesi, perché nulla manchi per la decente celebrazione della Santa Messa, e d’ora in poi siano conservati tutti i sacri arredi nelle camere superiori dell’eremitorio e non più nella Chiesa dove soffrono umidità”.

All’edificio di culto un tempo era unito anche il romitorio, un fabbricato di quattro stanze, utilizzato come abitazione dagli eremiti. Ivi nel 1802 ebbe luogo un evento violento ovvero l’uccisione di un individuo che si era presentato all’eremita di Santa Romana vestito sotto mentite spoglie, con l’intenzione evidente di derubarlo. Subito riconosciuto per impostore, si accese una lite e il finto eremita rimase ucciso. L’altro fu processato e condannato a morte. Come ricorda il canonico Don Bernardino Lardi, che il 27 novembre del 1802 scriveva a Don Giuliano Paolucci “Le do nuova che l’Eremita non sarà giustiziato mentre il Santo Padre nello scrivere la sentenza sentendo che aveva ucciso un giacobino (come era in realtà il frate ucciso), fu aggraziato dalla morte, ma bensì condannato a galera a vita senza speranza di grazia”.

L’ultimo eremita fu un certo Fra Edisto Lazzari, chiamato fra Istione, che qui morì l’8 dicembre del 1866.
Il 1° dicembre del 1873 Santa Romana passò al Regio Demanio e nel 1957 essa fu venduta al marchese Canali, oggi di proprietà del Comune di Sant’Oreste.
Articolo a cura di Nadia Bagnarini
Servizio fotografico di Francesco Betti
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