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Venerdì 11 Aprile 2025 13:04

Giampaolo Mollo, tra diaconato e famiglia



Chiusa dal vescovo Di Tolve l'inchiesta diocesana su vita, virtù eroiche e fama di santità. «La sua testimonianza continua a portare frutti». L'incontro con la Comunità Maria, quindi l'ordinazione a diacono permanente, nel 1986. Nel 1991 l'affacciarsi della malattia

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A 27 anni dalla morte del Servo di Dio Giampaolo Mollo, marito, padre di famiglia e diacono permanente – tra i primi della diocesi di Roma -, «la sua memoria è viva, l’intercessione invocata e la sua testimonianza continua a portare frutti. Non fu un eroe ma un uomo pieno di Spirito Santo, non fu un protagonista ma un servo e per questo grande». Con queste parole del vescovo Michele di Tolve si è chiusa questa mattina, 11 aprile, l’inchiesta diocesana sulla vita, le virtù eroiche, fama di santità e dei segni del Servo di Dio Giampaolo Mollo svoltasi nell’Aula della Conciliazione del Palazzo Lateranense.

Primo di tre figli, Giampaolo nacque a Roma il 5 novembre 1941. A soli 4 anni rimase orfano di padre, morto a causa di una malattia contratta durante la seconda guerra mondiale. La mamma si vide costretta a cercarsi un lavoro e iscrisse i figli al Convitto Nazionale, prestigioso collegio romano, nel quale Giampaolo ricevette una formazione culturale e umana. A Formia, dove abitualmente la famiglia trascorreva le vacanze estive, conobbe la sua futura moglie, Anna Liberace. Terminati gli studi fu assunto in una delle filiali romane del Monte dei Paschi e nel 1966 sposò Anna. Dopo pochi mesi di matrimonio i coniugi affrontarono la perdita del primo figlio a causa di un aborto spontaneo. Pur non vivendo una vita di fede, Anna nutriva una forte devozione per Padre Pio. Al santo di Pietrelcina chiese la grazia di avere altri figli. Nel 1968 nacque Sabrina e nel 1971 Francesco.

«La famiglia fu per lui una scuola di amore e si santità – ha affermato Di Tolve -. Oggi più che mai abbiamo bisogno di queste testimonianze, in un tempo in cui la famiglia è ferita e scoraggiata». Le gioie della famiglia, la stima dei colleghi di lavoro e del sindacato di cui era rappresentante non placarono l’inquietudine che Giampaolo nutriva dentro di sé. Anna tornò a rivolgersi a Padre Pio chiedendo che il marito trovasse la pace del cuore. L’incontro con il Signore avvenne a metà degli anni ’70, quando i figli iniziarono a frequentare l’istituto scolastico delle suore dell’Assunzione al Quadraro. Fu così che entrò in contatto con la Comunità Maria della parrocchia dell’Assunzione di Maria Santissima.

Dopo l’incontro con la comunità di preghiera carismatica iniziò con la famiglia un cammino di fede, sperimentando una nuova vita interiore. Dopo aver ricevuto l’effusione dello Spirito Santo crebbe in lui il desiderio di mettersi al servizio del Signore divenendo prima responsabile della Comunità Maria a livello locale, poi nazionale e quindi diocesano. Deciso a donare tutta la sua vita al Padre, il 22 novembre 1986 fu ordinato diacono permanete.

Il ministero diaconale del Servo di Dio non fu «mai disgiunto dalla condizione di sposo e di padre – ha evidenziato il vescovo -, anzi proprio dalla famiglia attingeva forza. Formavano una Chiesa domestica, un’oasi di preghiera e di testimonianza. In un tempo in cui la famiglia cristiana è messa alla prova, questi esempi sono un segno profetico». Nel 1987, con i coniugi Alfredo e Jaqueline Ancillotti e Paolo e Carmen Serafini, fondò la Comunità Gesù Risorto, con l’intento di promuovere l’evangelizzazione attraverso la presenza nelle parrocchie e il sostegno agli ammalati e ai bisognosi. Furono anni di grande impegno.

Il desiderio di testimoniare l’amore per Gesù lo sostenne anche nei momenti in cui si manifestò la malattia, che dal 1991 affrontò offrendo le sofferenze fisiche per la Chiesa. «La forza del suo agire nasceva dal tempo trascorso in ginocchio – le parole di Di Tolve -. Non era un attivista ma un uomo abitato dalla preghiera, un uomo libero dalle logiche del potere». Per sette anni visse quella che definì la “resurrezione nella sofferenza” senza mai ribellarsi delle sofferenze fisiche. «Reagì con forza e dolcezza – ha concluso il presule -. Trasformò la fragilità in testimonianza, la sofferenza in preghiera e il dolore in offerta». Morì il 1° settembre 1998. «Non ha mai chiesto la grazia della guarigione – racconta la moglie Anna -; anzi, il suo dolore e la sua preoccupazione era quella di lasciarmi sola con i figli». Dal suo sposo ha imparato «l’accettazione totale della volontà del Signore come dono».

La cerimonia nell’Aula della Conciliazione, costituita per il Tribunale nel Palazzo Apostolico Lateranense, è motivo di «immensa gioia» per Sabrina, primogenita di Giampaolo e Anna. «Sono felicissima – afferma -, è una festa bellissima». L’insegnamento più grande lascito dal padre è «fare sempre del bene, scegliere la parte migliore di noi stessi, prodigarsi per gli altri. Nella malattia ci ha inoltre insegnato che si può soffrire con dignità, fede e amore». Per il postulatore Paolo Vilotta, nominato portitore, con il compito di trasmettere i documenti al dicastero delle Cause dei santi, «quello che è emerso fino a questo momento è lo spirito di abnegazione alla famiglia unito al servizio di diaconato. Lo sento particolarmente vicino. Appartengo alla Comunità cattolica di rito bizantino dell’eparchia di Lungro, in Calabria, e conosco molto bene cosa significhi vivere l’unione dei due sacramenti nel quotidiano».

Il Tribunale che ha condotto l’inchiesta diocesana aperta il 5 novembre 2021 è composto da don Emanuele Albanese, delegato episcopale, don Giorgio Ciucci, promotore di giustizia, e da Marcello Terramani, notaio attuario. Presente alla cerimonia anche il vescovo Luca Brandolini e il vicario giudiziale del Tribunale ordinario della diocesi monsignor Giuseppe D’Alonzo.

11 aprile 2025

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