Sabato 12 Aprile 2025 22:04
Il rebus farmacie comunali e il crac della Social Pharm di Fiano Romano
Croce e delizia dei Comuni, questo sono da sempre le Farmacie direttamente gestite dal pubblico. Delizia delle nobili ragioni per cui molti Comuni hanno scelto questa opzione: destinare i proventi della vendita di farmaci e annessi per sostenere il settore sociale, fornire servizi socio-sanitari alla fascia di popolazione più in difficoltà. Croce, perché questo intento […]
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Croce e delizia dei Comuni, questo sono da sempre le Farmacie direttamente gestite dal pubblico. Delizia delle nobili ragioni per cui molti Comuni hanno scelto questa opzione: destinare i proventi della vendita di farmaci e annessi per sostenere il settore sociale, fornire servizi socio-sanitari alla fascia di popolazione più in difficoltà.
Croce, perché questo intento si è tramutato presto in frustrazione. Lo hanno fatto il Comune di Bologna che di farmacie ne aveva 35, quello di Firenze che ne contava oltre 20, tanto per citare i casi più noti. Oggi in Italia sono solo 480 le farmacie comunali, una ogni circa 20 comuni.
Vince il vento della privatizzazione
Al fondo la difficoltà degli enti locali a gestire in modo economicamente positivo attività così complesse, il personale, gli acquisti, il governo del magazzino. Un guazzabuglio che per sindaci e uffici si è rivelato più un grattacapo che una fonte di reddito. Da qui la scelta di privatizzare. Il vento del “privato è meglio” alla fine dello scorso decennio è arrivato anche nella Valle Tiberina coinvolgendo le farmacie comunali di Fiano e Capena, caso a parte Castelnuovo di Porto che invece ha individuato una soluzione mista ma a gestione diretta. In genere l’opinione pubblica segue questo cambio di status con distacco fino a che non c’è il crac ed arriva il conto da pagare.
La Social Farm di Fiano
Esemplare la vicenda della Social Farm di Fiano Romano. Il Comune fu uno dei primi nella Valle a dotarsi di una farmacia pubblica e per decenni questa scelta si è rivelata vincente e un vanto. Nel 2019 però l’amministrazione guidata da Ottorino Ferilli optò per la privatizzazione con l’intento, così si disse, di potenziare il servizio e realizzare una cospicua entrata per le casse comunali. Venne ceduto il 49% della gestione. Il Comune con l’operazione realizzò una cifra notevole: un milione e 200 mila euro. La vendita venne ritenuta, allora, brillante e motivo d’orgoglio per l’amministrazione comunale. La realtà, in breve tempo, ha sbriciolato l’ottimismo sbandierato.
I disavanzi hanno bruciato l’incasso della vendita
Dalla nascita ad oggi, anche con la nuova giunta comunale guidata da Santonastaso (poi ‘dimissionato’, tanto che il Comune come è noto a maggio andrà al voto) la Social Pharm ha macinato solo disavanzi. La gestione del privato stando ai bilanci è stata fallimentare, ed oltre la metà del buco nei conti, secondo l’accordo, è a carico del Comune. In tre anni ha dovuto far fronte ad oltre 900 mila euro di deficit. Di fatto si è bruciato tutto l’incasso della vendita. Un disastro derivato dall’aver adottato un modello di privatizzazione azzardato e poco responsabile, senza norme di salvaguardia. Lo stesso valore della titolarità si è dimezzato. I cittadini di Fiano per far fronte al fallimento, dal 2025 dovranno mettersi le mani in tasca per pagare tasse comunali più alte, aumento generalizzato delle tariffe, tagli dei servizi con, a rischio, anche l’asilo comunale. Insomma sembrava una grande privatizzazione, ma era solo un calesse spacciato per un carro trionfale.

Il modello Capena, prudente ma produttivo
Diverso il caso della privatizzazione operata dal Comune di Capena, negli stessi anni, per la farmacia del Bivio. In particolare l’Amministrazione ha ceduto al socio privato il 100% della gestione in cambio di un rimessa annuale pari a 70 mila euro rivalutati annualmente. Oggi sono già oltre 80 più l’1% degli utili. L’ultimo introito è stato di 110 mila euro. Nessuna responsabilità condivisa in caso di disavanzi. Comunque vada la gestione il Comune incassa il fisso rivalutato. In tre anni nelle casse comunali sono entrati oltre 300 mila euro e il valore della farmacia è raddoppiato. Un modello prudente ma redditizio.

Castelnuovo di Porto, la farmacia rimane comunale ma è redditizia
Infine Castelnuovo di Porto. L’Amministrazione ha scelto di non privatizzare la farmacia nella frazione di Ponte Storto, ma di individuare un modello gestionale pubblico, con accorgimenti per la gestione degli acquisti e del magazzino. Funziona, poiché produce un gettito nelle casse comunali di circa 200 mila euro l’anno.
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