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Martedì 17 Giugno 2025 10:06

L’incredibile storia dell’ambasciatore congolese Antonio Manuel Ve Nunda

L’incredibile storia dell’ambasciatore congolese Antonio Manuel Ve Nunda


La nostra storia inizia nel Regno del Kongo, un regno africano situato tra gli attuali stati di Angola, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica del Congo e parte del Gabon. Tra il 1390 e il 1862 fu un regno indipendente, la cui capitale era Mbanza Kongo, poi ribattezzata São Salvador dai portoghesi. Vi si parlava il […]

L’incredibile storia dell’ambasciatore congolese Antonio Manuel Ve Nunda


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L’incredibile storia dell’ambasciatore congolese Antonio Manuel Ve Nunda


La nostra storia inizia nel Regno del Kongo, un regno africano situato tra gli attuali stati di Angola, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica del Congo e parte del Gabon. Tra il 1390 e il 1862 fu un regno indipendente, la cui capitale era Mbanza Kongo, poi ribattezzata São Salvador dai portoghesi. Vi si parlava il kikongo, anche se gli abitanti conoscevano anche il portoghese.

Uno degli aspetti più singolari del Kongo era il suo profondo legame con la Chiesa cattolica. Il cristianesimo era stato introdotto dai missionari portoghesi. Già nel 1491, il re Nzinga a Nkuwu si era convertito al cristianesimo, prendendo il nome di João I e molti re successivi adottarono nomi cristiani (Álvaro, Pedro, Bernardo). Tuttavia, non fu una conversione passiva, il cristianesimo kongolese si caratterizzava per sincretismi religiosi e reinterpretazioni locali.

Fondato nel XIV secolo, nel Seicento l’ampio regno esisteva già da più di due secoli ed era ben strutturato, con sovrani che governavano su un regno a sistema feudale con nobili locali e un’economia basata su agricoltura, commercio, artigianato e scambi regionali e internazionali. Il loro titolo era Manikongo ovvero “signori del Kongo”.

Nel XVII secolo, il Kongo non era una “terra da civilizzare”, come lo stereotipo coloniale ha fatto credere per secoli, ma un regno cristiano, diplomatico e orgogliosamente africano, in dialogo con l’Europa e impegnato a difendere la propria sovranità spirituale e politica.

Una mappa del Regno del Congo nel 1711 [Wikimedia Commons, by Happenstance, CC BY SA]
Una mappa del Regno del Congo nel 1711 [Wikimedia Commons, by Happenstance, CC BY SA]Il Manikongo al tempo della storia che vi vogliamo raccontare era Álvaro II, un re colto, cristiano e diplomatico, il quale inviò lettere e ambasciatori a Roma e Lisbona, opponendosi apertamente agli abusi portoghesi, come la tratta illegale degli schiavi, e cercando di rafforzare la sovranità del suo regno, chiedendo direttamente al Papa di creare una gerarchia ecclesiastica africana.

Il sovrano scelse il cugino Antonio Manuel Ne Vunda (1574 circa – 1608) per una missione senza precedenti: recarsi nella lontanissima Roma, capitale del cristianesimo, per parlare direttamente con il Papa. Era il 1604 e Ne Vunda accettò il compito con solennità. Partì con un seguito di venticinque uomini,  attraversando giungle e fiumi per raggiungere la costa atlantica. Da lì, il gruppo si imbarcò per un viaggio che avrebbe attraversato oceani e continenti. Passarono dal Brasile, attraversarono la Spagna e infine approdarono in Portogallo. Il viaggio fu lungo e pericoloso, segnato da tempeste, pirati e malattie e molti del seguito morirono lungo il percorso. Ne Vunda stesso, provato dalla fame e dalla febbre, cominciava a cedere. Eppure, non si fermò. Con i pochi uomini rimasti, raggiunse finalmente Roma il 3 gennaio 1608. Era inverno e la città eterna accolse il viaggiatore africano ormai morente.

Papa Paolo V Borghese (1552-1621), avvertito dell’arrivo dell’ambasciatore africano, fu colpito dalla sua tenacia. Nonostante le condizioni di salute critiche, lo volle incontrare personalmente, si recò presso il suo alloggio e lo ascoltò con rispetto. Fu un momento di rara umanità: due mondi così lontani che finalmente si incontravano, seppur per un breve attimo. Poche ore dopo quell’incontro, il 6 gennaio 1608 – giorno dell’Epifania – Antonio Manuel morì. Era giunto fino alla soglia del cuore della cristianità, quasi come un re magio, ma non abbastanza in tempo per vedere i frutti della sua missione. 

Commosso, Papa Paolo V ordinò che Ne Vunda fosse sepolto a Roma con onori solenni. Un lungo corteo funebre attraversò la città sino alla basilica di Santa Maria Maggiore, dove il corpo dell’ambasciatore fu tumulato accanto al presepe, segno della comunione tra i popoli.

La sepoltura definitiva risale però al 1629, quando, in occasione della visita di un altro ambasciatore congolese a Roma, papa Urbano VIII Barberini (1568-1644) fece realizzare nella cappella della sagrestia (oggi battistero) il monumento sepolcrale di Ne Vunda che in una nicchia ospita un prezioso  busto in marmi policromi

Busto di Antonio Manuel Ne Vunda [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY]
Busto di Antonio Manuel Ne Vunda [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY]La sorprendente scultura (che ho avuto modo di osservare da vicino in occasione della mostra “Barocco globale” (Roma, Scuderie del Quirinale, 4 aprile-13 luglio 2025), venne realizzata tra l’aprile e il dicembre del 1608 con ogni probabilità da Francesco Caporale con un compenso di 95 scudi. L’utilizzo di una maschera in cera consentì allo scultore di realizzare un ritratto altamente realistico dell’ambasciatore, che indossa lo nkutu a retina (in italiano, l’incutto) sormontato da una stola e porta una faretra dietro le spalle, a differenza di una delle incisioni pubblicate dall’editore romano Giovanni Antonio De Paoli nel 1608, nelle quali l’ambasciatore è vestito in abiti spagnoli.

Roma, Biblioteca Angelica. Guillermus du Mortier, Incisioni commemorative di Antonio Manuel Ne Vunda, 1608 [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY]
Roma, Biblioteca Angelica. Guillermus du Mortier, Incisioni commemorative di Antonio Manuel Ne Vunda, 1608 [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY]E nei corridoi dei Musei Vaticani, un affresco raffigura ancora oggi quel momento d’incontro con il Papa. Un altro dipinto lo ritrae invece nel Salone dei Corazzieri al Quirinale accanto all’ambasciatore giapponese Hasekura Tsunenaga: due uomini di mondi diversi, uniti dal sogno del dialogo e della pace.

Antonio Manuel Ne Vunda fu il primo ambasciatore africano presso la Santa Sede e il primo nero sepolto con onori in una basilica romana. Il suo viaggio, pur segnato dalla sofferenza, fu un ponte gettato tra i due continenti.

[Maria Teresa Natale]

Per approfondire:

  • Barocco globale: il mondo a Roma nel secolo di Bernini, a cura di Francesca Cappelletti e Francesco Freddolini (Catalogo della mostra, Roma, Scuderie del Quirinale, 4 aprile-13 luglio 2025, Milano: Electa, 2025)
 

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