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Domenica 22 Giugno 2025 19:06

Visitare il Carcere Mamertino: un itinerario tra mito, storia e fede

Visitare il Carcere Mamertino: un itinerario tra mito, storia e fede


Oggi vi porto alla scoperta di un luogo straordinario, intriso di storia e mistero: il Carcere Mamertino: un angolo di Roma dove ogni pietra racconta secoli di vita quotidiana, potere e fede. Portatevi all’inizio di via dei Fori Imperiali (da piazza Venezia) e imboccate via di San Pietro in Carcere. Poco dopo, svoltate a sinistra […]

Visitare il Carcere Mamertino: un itinerario tra mito, storia e fede


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Visitare il Carcere Mamertino: un itinerario tra mito, storia e fede


Oggi vi porto alla scoperta di un luogo straordinario, intriso di storia e mistero: il Carcere Mamertino: un angolo di Roma dove ogni pietra racconta secoli di vita quotidiana, potere e fede.

Portatevi all’inizio di via dei Fori Imperiali (da piazza Venezia) e imboccate via di San Pietro in Carcere. Poco dopo, svoltate a sinistra sul Clivus Argentarius: in pochi passi, camminando sugli antichi basoli che fiancheggiano il Foro di Cesare, vi troverete in uno slargo che regala una vista mozzafiato sul Foro Romano, accanto all’Arco di Vespasiano.

Siete ai piedi delle pendici nord-orientali del Colle Capitolino, un tempo cuore pulsante della Roma repubblicana. In epoca antica, qui s’innalzavano le monumentali Scalae Gemoniae, attraverso cui si accedeva al maestoso Capitolium dove svettava il tempio di Giove Ottimo Massimo dedicato alla triade capitolina (Giove, Giunone, Minerva). Avreste camminato, come oggi sul Clivus Argentarius, forse noto in precedenza come Vicus Lautumiarum: un percorso sospeso sulle pendici del Campidoglio, che attraversava la sella chiamata Asylum o Inter duos lucos, tra le due sommità dell’Arx e del Capitolium.

Immaginate i passanti di allora: cittadini, senatori, viaggiatori che camminavano sugli antichi basoli, costeggiando le botteghe brulicanti dei cambiavalute – gli argentari – immersi nella frenesia della città eterna.

Ed è proprio da questo slargo che oggi potete accedere al Carcere Mamertino, la prigione più antica di Roma. Osservate la sua struttura dall’esterno: è come guardare il volto silenzioso della storia, scavato nella roccia, custode di segreti millenari, molti dei quali ancora da svelare.

Sopra di voi incombe la Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, costruita in epoca barocca dalla Confraternita che nel 1540 ottenne il permesso di costruire una chiesa in onore del patrono San Giuseppe, sul luogo dove sorgeva, già in epoca altomedievale, una chiesa intitolata ai Santi Pietro e Paolo in Carcere.

Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami e Carcere Mamertino [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami e Carcere Mamertino [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]Osservate con attenzione la prossima immagine, tratta dalla pubblicazione  Brevi cenni storici intorno ai quattro altari soprapposti al Carcere Mamertino e Tulliano e della nuova cappella del SS. Crocifisso, 1853, che vi aiuta a capire la sovrapposizione dei livelli dei vari ambienti che andrete a visitare.

Da: Brevi cenni storici intorno ai quattro altari soprapposti al Carcere Mamertino e Tulliano e della nuova cappella del SS. Crocifisso, Roma : Nella Tipografia della Rev. Cam. Apostolica, 1853
Da: Brevi cenni storici intorno ai quattro altari soprapposti al Carcere Mamertino e Tulliano e della nuova cappella del SS. Crocifisso, Roma : Nella Tipografia della Rev. Cam. Apostolica, 1853
Partendo dall’alto, al punto numero 1, potete vedere l’interno della Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami; al numero 2 il Santuario del Santissimo Crocifisso, realizzato nel 1853 sotto le fondazioni della chiesa stessa per accogliere il veneratissimo crocifisso un tempo esposto sulla facciata in travertino del Carcer; al numero 3 il Carcer con il suo altare, al numero 4 il Tullianum con un ulteriore altarino. Nell’immagine, dunque, potete distinguere chiaramente quattro altari sovrapposti, senza alcun riferimento esplicito alla funzione carceraria della struttura.

Ora che avete familiarizzato con i diversi livelli dell’edificio, potete procedere alla visita dell’area musealizzata del Carcere Mamertino. L’origine del nome rimane incerta: secondo alcuni, deriverebbe da Anco Marcio, quarto re di Roma; secondo altri, da un antico nome di Marte, Mamers.

Proprio di fronte alla biglietteria si trova l’accesso alla Cappella del Crocifisso, che custodisce il  Crocifisso di Campo Vaccino, risalente probabilmente al XIV secolo.

Cappella del Crocifisso [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Cappella del Crocifisso [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]Lo possiamo distinguere in questo dipinto conservato a Palazzo Braschi. Fu realizzato nel 1855 dal pittore romano Michelangelo Pacetti (1793-1865) il quale volle raffigurare la predica di papa Pio IX Mastai-Ferretti in occasione dello spostamento del crocifisso di Campo Vaccino nella cappella di S. Giuseppe dei Falegnami.

Museo di Roma a Palazzo Braschi. Michelangelo Pacetti, Predica di Pio IX in occasione dello spostamento del crocifisso di Campo Vaccino nella cappella di S. Giuseppe dei Falegnami, 1855 [Wikimedia Commons, by Lalupa, CC BY-SA 4.0]
Museo di Roma a Palazzo Braschi. Michelangelo Pacetti, Predica di Pio IX in occasione dello spostamento del crocifisso di Campo Vaccino nella cappella di S. Giuseppe dei Falegnami, 1855 [Wikimedia Commons, by Lalupa, CC BY-SA 4.0]A dire il vero, fino al 1853, il crocifisso lo avreste visto affisso sulla facciata del Carcer. Guardate l’immagine sottostante.

Carcere Mamertino, area museale, immagine tratta da un video trasmesso in sala
Carcere Mamertino, area museale, immagine tratta da un video trasmesso in sala
Lo potete vedere addossato alla facciata in blocchi di travertino di epoca romana su cui è ben visibile ancora oggi l’iscrizione monumentale C. Vibius C.f. Rufinus M. Cocceius Nerva ex S.C. che ci informa che Caio Vibio Rufino, figlio di Caio, e M. Cocceio Nerva consoli tra il 39 e il 42 d.C. restaurarono l’edificio per decreto del Senato.

Carcere Mamertino: iscrizione sull'antica facciata del Carcer [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Carcere Mamertino: iscrizione sull’antica facciata del Carcer [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]Proprio dietro questa facciata (raggiungibile dall’interno) che costeggiava il Vicus Lautumiarium era, come già detto, il Carcer, una sala trapezoidale in tufo adibita ad ambiente superiore della prigione costruita forse durante il regno di Anco Marcio (675-616 a.C.). Rispetto alla situazione odierna, la prigione doveva essere molto più ampia e svilupparsi in altri ambienti, oggi perduti, ricavati nelle lautumiae (cave di tufo) circostanti.

Carcere Mamertino: l'ambiente del Carcer [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Carcere Mamertino: l’ambiente del Carcer [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]Nel Medioevo, il Carcer fu trasformato in cappella  e le pareti decorate con affreschi. Tradizione vuole che chiunque sostasse qui in preghiera avrebbe ottenuto l’indulgenza plenaria.

Carcere Mamertino: originario ingresso al Santuario del SS. Crocifisso [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Carcere Mamertino: originario ingresso al Santuario del SS. Crocifisso [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]Oggi, all’interno di questa camera, potete osservare un altare al di sopra del quale sono esposti due busti di San Pietro e San Paolo. Inoltre, all’inizio della scala che conduce alla cella inferiore, un’iscrizione recita “In questo sasso Pietro dà di testa spinto da sbirri e il prodigio resta”.  Non è da escludere che fedeli e pellegrini vedessero veramente nell’incavo della pietra sottostante il calco di una testa.

Carcere Mamertino, Carcer: lapide in ricordo del miracolo di San Pietro [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Carcere Mamertino, Carcer: lapide in ricordo del miracolo di San Pietro [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Al centro dell’ambiente si apre una botola, attraverso la quale, un tempo, venivano fatti precipitare i prigionieri nella parte più profonda del carcere: il Tullianum. Per raggiungerla, scendete la scala moderna che conduce all’ambiente ipogeo che si caratterizzava per la presenza di una sorgente: l’Acqua Tulliana. Questa risaliva dal pavimento in blocchi di tufo attraverso un’apertura quadrata scavata nello spessore della pietra.

Tra le ipotesi più affascinanti sull’origine del nome Tullianum, una lo collega a Servio Tullio, sesto re di Roma, a cui la tradizione attribuisce la costruzione di un pozzo scavato nel tufo per custodire i nemici dello Stato, un’altra fa derivare il termine da tullus, che in latino indica una “polla d’acqua”.

Carcere Mamertino, l'ambiente del Tullianum [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Carcere Mamertino, l’ambiente del Tullianum [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Nella sua fase originaria l’edificio aveva una pianta circolare e potrebbe essere stato costruito proprio intorno a una sorgente sacralizzata, forse quella legata, secondo una leggenda, al tradimento di Tarpeia durante la guerra tra Romani e Sabini per il controllo di Roma.

In epoca cristiana, la tradizione – tramandata da Gregorio Magno – racconta che fu San Pietro a far scaturire miracolosamente l’acqua con la preghiera per battezzare i suoi carcerieri convertiti alla fede cristiana. Secondo le fonti agiografiche, Processo e Martiniano erano due soldati vissuti al tempo di Nerone, incaricati di sorvegliare gli apostoli imprigionati nel Mamertino. Dopo la conversione e il battesimo ricevuto da Pietro, aiutarono gli apostoli a fuggire, pagando il loro gesto con una morte atroce: sottoposti a terribili torture — contusioni alla bocca, stiramento dei nervi, esposizione agli scorpioni — furono infine decapitati. Va tuttavia precisato che non esistono fonti storiche certe che attestino la presenza degli apostoli nel Carcere Mamertino.

Carcere Mamertino, Tullianum, lapide che ricorda la presenza dei santi Pietro e Paolo [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Carcere Mamertino, Tullianum, lapide che ricorda la presenza dei santi Pietro e Paolo [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Quel che è certo è che le fonti antiche (Sallustio, Livio, Cicerone, Plutarco, Giustino) raccontano di prigionieri illustri rinchiusi in questo luogo oscuro, dove trovavano la morte tra l’umidità, il silenzio e la desolazione, immobilizzati con i compedes ai piedi e le manicae ai polsi. Del resto Plinio definì il Tullianum “una prigione che è una fossa, dalla quale si esce solo da morti.” Ve ne elenchiamo qui solo alcuni de tanti che passarono a miglior vita proprio qui.

Carcere Mamertino, Tullianum, botola attraverso la quale venivano calati i prigioneri [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Carcere Mamertino, Tullianum, botola attraverso la quale venivano calati i prigioneri [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Ponzio, re dei Sanniti e vincitore dei Romani alle Forche Caudine (321 a.C.), fu catturato al termine della terza guerra sannitica e giustiziato nel 290 a.C. nel Carcere Mamertino, come simbolo della definitiva vittoria di Roma sul suo popolo. Giugurta, re della Numidia e acerrimo nemico di Roma, fu tradito dal suocero Bocco di Mauretania e consegnato ai Romani. Dopo essere stato esibito nel trionfo di Gaio Mario (104 a.C.), venne rinchiuso nel Tullianum, dove morì di stenti dopo sei giorni di prigionia, abbandonato nel buio e nel silenzio. Aristobulo, re dei Giudei e ultimo sovrano della dinastia asmonea, fu sconfitto da Pompeo e condotto a Roma nel 61 a.C. Dopo la sua detronizzazione, fu imprigionato nel Carcere Mamertino. Lentulo e Cetego, membri della congiura di Catilina contro la Repubblica, furono arrestati e condannati senza processo nel 63 a.C., su decisione di Cicerone. Venne loro riservata una morte rapida ma infamante nel Tullianum. Vercingetorige, re dei Galli, dopo essere stato sconfitto da Giulio Cesare ad Alesia nel 52 a.C., fu condotto in catene a Roma. Dopo una lunga prigionia, venne strangolato nel Mamertino in occasione del trionfo del suo vincitore. Lucio Elio Seiano, prefetto del pretorio e uomo di fiducia dell’imperatore Tiberio, fu travolto da una fulminea condanna nel 31 d.C. Accusato di tradimento e ambizioni imperiali, fu giustiziato nel Carcere Mamertino lo stesso giorno del suo arresto. Simone di Giora, capo della resistenza ebraica durante l’assedio di Gerusalemme, fu catturato nel 70 d.C. dalle truppe di Tito. Portato a Roma e mostrato nel trionfo dell’imperatore, venne infine giustiziato nel Tullianum, come ultimo atto della guerra giudaica.

La visita però non è ancora finita. Prima di lasciare la struttura, non tralasciate di visitare l’area museale a fianco della biglietteria dove sono esposti alcuni manufatti precedentemente collocati nel Carcer e nel Tullianum e una serie di reperti rinvenuti in occasione di scavi recenti dei primi anni Duemila che hanno portato alla luce stratificazioni arcaiche, scheletri e reperti che attestano l’uso continuo della struttura.

Nell’area occupata dai resti murari degli ambienti che appartengono alle fasi più antiche del Carcer sono stati recuperati frammenti ceramici databili all’Età del Ferro (X-VIII sec. a.C.), al periodo orientalizzante (VIII-VI sec. a.C.), all’età arcaica (VI-V secolo a.-C.),  riferibili a momenti storici diversi, quando il luogo era occupato da un insediamento abitato o successivamente quando fu attraversato da un tratto di mura serviane, poi inglobato nelle strutture della prigione.

Vedrete anche i resti ossei relativi a tre sepolture, prive di corredo,  rinvenute nelle fondazioni della facciata del Carcer: un uomo di una cinquantina d’anni, una donna di 20-25 e una bambina di 7-14 anni, preziose testimonianze di epoca protourbana.

Carcere Mamertino, area museale, resti di scheletro di epoca protourbana [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Carcere Mamertino, area museale, resti di scheletro di epoca protourbana [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]Una piccola fossa votiva scavata in una blocco del pavimento conteneva resti animali e vegetali, deposti agli inizi del I secolo d.C. assieme a reperti ceramici di età arcaica. Come si è evinto dalle analisi effettuate sui resti degli animali e dei frutti rinvenuti (uva, fichi, nocciole, corniole e limoni), la deposizione avvenne in autunno. Quest’ultimo è un dettaglio sorprendente: tutti i frutti appartengono all’area mediterranea, tranne il limone, originario dell’Asia. Si tratta del più antico ritrovamento di questo agrume in un contesto archeologico del Mediterraneo.

Carcere Mamertino, area museale, resti di frutta e ossa animali da una fossa votiva di prima età imperiale [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Carcere Mamertino, area museale, resti di frutta e ossa animali da una fossa votiva di prima età imperiale [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]Un frammento di colonna in marmo bigio e delle vere di pozzo in marmo e peperino rimandano a quando, in epoca medievale, la presenza dell’acqua rese necessario rialzare almeno quattro volte il piano di calpestio con pavimenti lignei. Questi manufatti in periodi diversi rivestivano e proteggevano l’apertura del pozzo collegato alla sorgente.

Carcere Mamertino, area museale, vere di pozzo rinvenute nel Tullianum [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Carcere Mamertino, area museale, vere di pozzo rinvenute nel Tullianum [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]La mensa marmorea nell’immagine proposta, oggi esposta nell’Antiquarium, era in origine collocata nel Tullianum, come documentato in quest’immagine pubblicata nel 1863 (da: Mgr. Luquet, Abbé A. Tilloy, Les Sanctuaires de Rome, Paris: A. Bourgeois de Soye)


Carcere Mamertino. Immagine a sinistra rinvenuta nel Tullianum [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]; immagine a destra tratta da: Les Sanctuaires de Rome, Paris: A. Bourgeois de Soye, 1863E questo è il frammento di una colonna che doveva sorreggere la mensa.

Carcere Mamertino: area museale, frammnento di colonna [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Carcere Mamertino: area museale, frammnento di colonna [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]Potete concludere l’itinerario con una visita alla soprastante Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami costruita tra il 1597 e il 1663, con restauri databili al 1880. L’interno è a navata unica con cappelle laterali, decorata con numerosi dipinti.

Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami: interno [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami: interno [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]Ai lati dell’arco, potete ammirare due tele di Cesare Maccari (1883), raffiguranti la Bottega di San Giuseppe con tutti gli attrezzi di falegnameria e il Viaggio a Betlemme.

Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, tele di Cesare Maccari, 1883: interno [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]
Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami, tele di Cesare Maccari, 1883: interno [Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA]Una lapide in terra ricorda il restauro del soffitto avvenuto nel 2019, a un anno esatto dall’ingente crollo che aveva reso la chiesa inagibile.

[Maria Teresa Natale]

 

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