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Mercoledì 9 Luglio 2025 12:07

Le Metro di Roma possono rientrare nelle spese militari

I Governi dei paesi aderenti alla NATO si sono impegnati, con la dichiarazione dello scorso giugno, a investire almeno il 3,5% del Prodotto Interno Lordo (PIL) dei propri stati in spese militari, cui si aggiungono “inter alia”, recita testualmente la dichiarazione, ovvero “tra altro”, investimenti pari all’1,5% del PIL in “sicurezza”. Sotto questo generico termine di “sicurezza” la dichiarazione raccoglie tutte quelle misure dirette a “tutelare le infrastrutture critiche, salvaguardare le reti strategiche, assicurare la preparazione e la resilienza civile, liberare il potenziale innovativo e consolidare la base industriale della difesa”. L’1,5% del PIL speso in “sicurezza” significa una spesa annua di 33 miliardi di euro. Non sta certo ad un Comitato che si occupa di metropolitane esprimersi sull’opportunità politica di tale obiettivo di spesa. Di certo non ci dispiacerebbe se lo stato decidesse di impegnare 33 miliardi l’anno in infrastrutture, per il solo obiettivo di migliorare la nostra qualità di vita, senza altri secondi fini. Per fornire un termine di paragone il bilancio dell’intero Ministero delle Infrastrutture è di circa 20 miliardi annui. Ad ogni modo, riteniamo che le metropolitane siano un’infrastruttura critica per la Capitale d’Italia, anche ai fini di sicurezza, nel senso più ampio sopra descritto. D’altronde, l’utilizzo delle metropolitane a fini difensivi è ben documentato, soprattutto nei paesi con una tradizione consolidata nei trasporti di massa. Le metropolitane sono infatti sistemi di trasporto estremamente resilienti, in grado di proseguire il servizio in condizioni esterne anche estreme, grazie alla protezione fornita dalle gallerie. Basti pensare che durante la prima guerra mondiale gli utenti della metropolitana di Londra crebbero del 67%. Anche durante la Seconda Guerra Mondiale il ruolo della “tube” fu cruciale, soprattutto per garantire i collegamenti con le fabbriche in una città rasa al suolo dai bombardamenti, come raccontano alcuni manifesti di propaganda dell’epoca. Speriamo che nessun paese al mondo debba mai più fare questo uso della propria rete di metropolitane. Ma se è ancora vero che la nostra Repubblica ripudia la guerra, meglio i treni che le bombe.

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I Governi dei paesi aderenti alla NATO si sono impegnati, con la
dichiarazione 
dello scorso giugno, a investire almeno il 3,5% del Prodotto Interno Lordo (PIL) dei propri stati in spese militari, cui si aggiungono “inter alia”, recita testualmente la dichiarazione, ovvero “tra altro”, investimenti pari all’1,5% del PIL in “sicurezza”.

Sotto questo generico termine di “sicurezza” la dichiarazione raccoglie tutte quelle misure dirette a “tutelare le infrastrutture critiche, salvaguardare le reti strategiche, assicurare la preparazione e la resilienza civile, liberare il potenziale innovativo e consolidare la base industriale della difesa”.

L’1,5% del PIL speso in “sicurezza” significa una spesa annua di 33 miliardi di euro.

Non sta certo ad un Comitato che si occupa di metropolitane esprimersi sull’opportunità politica di tale obiettivo di spesa. Di certo non ci dispiacerebbe se lo stato decidesse di impegnare 33 miliardi l’anno in infrastrutture, per il solo obiettivo di migliorare la nostra qualità di vita, senza altri secondi fini. Per fornire un termine di paragone il bilancio dell’intero Ministero delle Infrastrutture è di circa 20 miliardi annui.

Ad ogni modo, riteniamo che le metropolitane siano un’infrastruttura critica per la Capitale d’Italia, anche ai fini di sicurezza, nel senso più ampio sopra descritto.

D’altronde, l’utilizzo delle metropolitane a fini difensivi è ben documentato, soprattutto nei paesi con una tradizione consolidata nei trasporti di massa. Le metropolitane sono infatti sistemi di trasporto estremamente resilienti, in grado di proseguire il servizio in condizioni esterne anche estreme, grazie alla protezione fornita dalle gallerie.

Basti pensare che durante la prima guerra mondiale 
gli utenti della metropolitana di Londra crebbero del 67%.
 Anche durante
la Seconda Guerra Mondiale
il ruolo della “tube” fu cruciale, soprattutto per garantire i collegamenti con le fabbriche in una città rasa al suolo dai bombardamenti, come raccontano alcuni manifesti di propaganda dell’epoca.


Manifesto propagandistico del 1943

Speriamo che nessun paese al mondo debba
mai più fare questo uso della propria rete di metropolitane.

Ma se è ancora vero che la nostra Repubblica ripudia la guerra, meglio i treni che le bombe.

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