Venerdì 11 Luglio 2025 11:07
Vittime violenza, quasi 500 accessi al percorso dedicato del Sant’Andrea


Le cifre del servizio in funzione dal 2020 in cui è impegnato un team multidisciplinare di professionisti. Due terzi degli utenti al pronto soccorso per codice rosa ci erano già stati
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Dal 2020 ha prestato ascolto e sostegno a 490 persone, di cui 449 adulti e 41 minori. Nel 2024 sono stati oltre 136 gli accessi e 80 nei primi sei mesi di quest’anno. Questi i principali numeri del percorso per vittime di abusi e violenze dell’Azienda ospedaliero-universitaria Sant’Andrea di Roma senza differenza di genere e di sesso, che grazie alla formazione e alla sensibilità degli operatori sanitari del Pronto soccorso e a un pool multidisciplinare di professionisti guidati dalla referente, Marzietta Montesano, mettono a disposizione un servizio sempre pronto ad intervenire nella gestione di situazioni importanti e delicate.
Il percorso, spiega l’azienda ospedaliera in una nota, «è nato nel 2018 per garantire, in particolare nel Pronto soccorso, l’aiuto necessario a chi è vittima di violenza fisica e psicologica, prestando attenzione alle persone più deboli e fragili, senza distinzione di età o genere discriminate o sopraffatte che denunciano situazioni di pericolo e che hanno bisogno di supporto. La rete per i soggetti vulnerabili viene attivata quando l’operatore sanitario riconosce i segni del possibile maltrattamento, assegnando così il Codice Rosa identificativo della tipologia e necessità di intervento, che si aggiunge ai codici già esistenti per l’identificazione dei casi clinici che giungono nella struttura sanitaria».
Da una precisa raccolta dati redatta da Maurizio Pompili, direttore della UOC di Psichiatria del Sant’Andrea, è emerso che il 67% degli accessi registrati in PS per codice rosa ci era già stato. I numeri dicono anche che dei 490 accessi totali dal 2020 sono 449 gli adulti, l’81,5% donne. Il 20% dei pazienti ha tra i 18 e i 30 anni, il 44.5% ha tra i 31 e 49 anni e il restante 35% supera i 50 anni. L’atto violento è avvenuto nel 66,1% dei casi presso il domicilio della vittima e solo nel 39,2% dei casi in presenza di testimoni.
Tra le motivazioni il 72,2% riferisce litigi, e solo poco più del 5% degli eventi è correlato a uso di sostanze o si tratta di aggressioni a scopo sessuale. Il 76,2% delle vittime all’arrivo accetta la procedura del Codice Rosa, ma solo poco più della metà la completa. Infine, viene avviato un percorso ospedaliero solo nel 15,9% dei casi. Alle dimissioni, nella maggior parte delle situazioni si riesce ad ottenere un orientamento ai servizi extraospedalieri quali centri antiviolenza e strutture protette. Dei 41 minori, 23 sono femmine e 18 maschi. Con un’età media di 11 anni e quasi tutti provengono dall’Italia (il 95,1%). A perpetrare la violenza nel 70,8% dei casi sono i genitori stessi.
Oltre al personale sanitario di tutto l’ospedale, chiamato a supporto in base alle esigenze dei singoli casi, è un pool di specialisti a prendersi cura delle vittime, non solo, ma anche di chi le assiste. Il team è composto da un avvocato (dedicato al supporto degli operatori), un medico legale, uno psicologo, un medico emergenzista, un infermiere, un pediatra, un ginecologo, uno psichiatra, un assistente sociale, un bed manager e un referente della direzione sanitaria, personale sanitario e sociosanitario altamente formato.
«I numeri dell’attività del percorso – spiega Marzietta Montesano – testimoniano l’importanza di quello che è e resta un presidio strategico nella capacità di accoglienza di chi è vittima di discriminazione o violenza. Tempestività di intervento, empatia, riservatezza e messa in protezione sono cardini intorno ai quali ruota la volontà della presunta vittima di aprirsi e chiedere aiuto».
11 luglio 2025
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