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Martedì 15 Luglio 2025 19:07

Gomorra, o il fascino del crimine

Se la camorra ha guadagnato visibilità, è grazie a Roberto Saviano che l’ha raccontata con talento -

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Nel panorama culturale italiano, poche opere hanno generato un impatto tanto profondo quanto Gomorra di Roberto Saviano. Nato come romanzo-inchiesta per denunciare la camorra e le sue ramificazioni, il progetto è divenuto una saga televisiva acclamata a
livello internazionale. Ma dietro il successo editoriale e mediatico si cela un paradosso inquietante: è possibile combattere il crimine raccontandolo senza correre il rischio di renderlo seducente?

Dal libro al mito criminale
Il messaggio iniziale di Saviano era chiaro: squarciare il velo sull’invisibilità del sistema camorristico, mostrarne la brutalità, il dominio economico, l’impatto sociale. Tuttavia, l’adattamento televisivo ha contribuito a costruire eroi del male: da Genny Savastano a Ciro Di Marzio, i protagonisti di “Gomorra – La Serie”, sono diventati icone pop, celebrati sui social e imitati persino nel linguaggio e nel look.

Questo fenomeno ha sollevato timori:
– Empatia deviata: molti spettatori si sono ritrovati a parteggiare per i boss, sublimando la devastazione che producono.
– Rischio emulazione: nelle periferie più fragili, i giovani possono interpretare la narrazione come glorificazione, anziché condanna.

Se la camorra ha guadagnato visibilità, è grazie a chi l’ha raccontata con talento. Ma se il racconto diventa desiderio, chi protegge lo spettatore? Se questo è comprensibile per l’empatia che coinvolge chi assiste ad uno spettacolo, nel quale la storia porta a schierarsi fantasiosamente da una parte o dall’altra, lo è allo stesso
modo ma sicuramente controproducente e diseducativo per giovani che vivono in realtà deteriorate come quelle descritte dalle sue opere che sono magari spinti ad emulare questi eroi della delinquenza!

Il successo e i suoi costi
Saviano ha costruito attorno alla sua opera una carriera internazionale. Libri tradotti in decine di lingue, collaborazioni con testate come The Guardian e El País, docenze in università statunitensi. Un successo legittimo, ma accompagnato da:
– Protezione dello Stato: una scorta permanente dal 2006, con un costo pubblico stimato in centinaia di migliaia di euro all’anno.
– Polemiche politiche: esponenti come Matteo Salvini ne hanno contestato l’opportunità, accusando Saviano di “fare cassa” con il crimine.

Il dibattito morale e culturale 

La polarizzazione su Saviano ruota attorno a una domanda centrale: la sua opera è denuncia o spettacolarizzazione?

Le critiche
– “Saviano ha creato un immaginario criminale affascinante, che può generare devianza” – opinione diffusa tra alcuni sociologi e politici.
– “Il crimine è diventato estetica: vestiti firmati, linguaggio codificato, protagonisti maledetti”.

Le difese
– “Raccontare il male è necessario per combatterlo. Il silenzio sarebbe complicità” – sostiene Saviano.
– “La rappresentazione non equivale a legittimazione. I suoi testi sono atti civili, non prodotti glamour”.

Conclusioni: tra realtà e finzione
Il “fascino del crimine” è una tensione che vive in ogni narrazione forte. Da “Il Padrino” a “Breaking Bad”, passando per “Gomorra”, l’intrattenimento spesso può confondersi con l’ambiguità. Ma quando l’autore è anche un attivista sotto scorta, la questione assume una dimensione più complessa. Saviano ha illuminato l’ombra, ma nell’ombra ha acceso riflettori che attraggono lo
sguardo e contemporaneamente lo abbagliano, lo confondono.
È un eroe moderno, o un narratore troppo brillante per non sedurre anche oltre la sua volontà? Se il crimine ha un volto affascinante, è perché qualcuno lo ha reso raccontabile. Saviano
continua a scrivere, denunciare, dividere. Sta al lettore, allo spettatore – e allo Stato – decidere se la sua voce è una sentinella o una sirena. (Bruno Carboniero)

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