Venerdì 1 Agosto 2025 12:08
Migranti, Corte Ue: «I giudici devono poter valutare la scelta dei Paesi sicuri»


Emessa la sentenza sul protocollo Italia - Albania. che rivendica ai magistrati il il diritto di contestare le definizione. Palazzo Chigi: «L'Unione europea rivendica spazi che non le competono»
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Un Paese membro dell’Unione europea «può designare Paesi d’origine sicuri mediante atto legislativo, a patto che tale designazione possa essere oggetto di un controllo giurisdizionale effettivo». Lo stabilisce la sentenza emessa dalla Corte di giustizia Ue sul protocollo Italia – Albania relativo alle politiche migratorie e sulla definizione di Paese d’origine sicuro. Per i giudici, poi, uno Stato membro non può includere nell’elenco dei Paesi di origine sicuri un Paese che «non offra una protezione sufficiente a tutta la sua popolazione». Questa condizione, precisa la Corte, è valida fino all’entrata in vigore del nuovo regolamento Ue, «che consente di effettuare designazioni con eccezioni per alcune categorie chiaramente identificabili di persone», atteso per il 12 giugno 2026. Tuttavia, «il legislatore Ue può anticipare la data».
In sostanza, la sentenza stabilisce che che gli stati membri dell’Unione europea possono decidere autonomamente quali Paesi considerare “sicuri” o meno, ma ai giudici resta il diritto di contestare le definizione. Di fatto, una sconfitta del governo italiano sui centri d’accoglienza in Albania. I giudici infatti si sono espressi in primo grado nello specifico proprio sui ricorsi presentati dal Tribunale di Roma, che finora non ha riconosciuto la legittimità dei fermi disposti nei confronti dei migranti soccorsi nel Mediterraneo e trasferiti sull’altra sponda dell’Adriatico perché provenienti da Paesi ritenuti sicuri dal governo italiano, in particolare Egitto e Bangladesh. Il collegio – di cui fa parte anche il giudice italiano Massimo Condinanzi -, in particolare, si è espresso sul nodo centrale della definizione e dell’applicazione del concetto di “Paese terzo sicuro” nell’ambito delle procedure accelerate per l’esame delle richieste d’asilo.
«Sorprende la decisione della Corte di giustizia Ue in merito ai Paesi sicuri di provenienza dei migranti illegali – si legge in una nota diffusa da Palazzo Chigi -. Ancora una volta la giurisdizione, questa volta europea, rivendica spazi che non le competono, a fronte di responsabilità che sono politiche». Per il governo infatti la Corte europea «decide di consegnare a un qualsivoglia giudice nazionale la decisione non sui singoli casi, bensì sulla parte della politica migratoria relativa alla disciplina dei rimpatri e delle espulsioni degli irregolari. Così, ad esempio, per l’individuazione dei cosiddetti Paesi sicuri fa prevalere la decisione del giudice nazionale, fondata perfino su fonti private, rispetto agli esiti delle complesse istruttorie condotte dai ministeri interessati e valutate dal Parlamento sovrano». Un passaggio, questo, che «dovrebbe preoccupare tutti, incluse le forze politiche che oggi esultano per la sentenza, perché riduce ulteriormente i già ristretti margini di autonomia dei governi e dei Parlamenti nell’indirizzo normativo e amministrativo del fenomeno migratorio» e «indebolisce le politiche di contrasto all’immigrazione illegale di massa e di difesa dei confini nazionali».
Tutto questo, precisa ancora la nota di Palazzo Chigi, «pochi mesi prima della entrata in vigore del Patto Ue su immigrazione e asilo, contenente regole più stringenti, anche quanto ai criteri di individuazione di quei Paesi: un Patto frutto del lavoro congiunto della Commissione, del Parlamento e del Consiglio dell’Unione europea. Il governo italiano per i dieci mesi mancanti al funzionamento del Patto europeo non smetterà di ricercare ogni soluzione possibile, tecnica o normativa, per tutelare la sicurezza dei cittadini», è la conclusione della nota.
Intanto in mare si continua a morire. È di una vittima e 3 dispersi è il bilancio di una operazione di salvataggio in mare condotta dalla barca a vela Nadir della ong tedesca Resqship. Durante il soccorso i sopravvissuti hanno riferito all’equipaggio che 15 di loro erano caduti in mare. La Nadir è riuscita a recuperare 12 persone: 36 in totale i migranti salvati. A bordo della barca in ferro soccorsa anche nove donne, di cui due incinte, due neonati e due bambini e numerosi casi medici gravi con ustioni chimiche e disidratazione. Una delle donne in gravidanza è al settimo mese e «non sente più i movimenti del feto da un giorno», riferisce la ong.
I sopravvissuti hanno detto di essere partiti da Sfax, in Tunisia, sei giorni prima. Già dal secondo giorno erano rimasti senza carburante. La segnalazione iniziale è arrivata dall’aereo Seabird 2 della Sea Watch. La Nadir era appena tornata in zona operativa dopo 20 giorni di fermo amministrativo.
1° agosto 2025
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