Domenica 10 Agosto 2025 12:08
Nel cuore del Maramureș: il silenzio sacro delle chiese di legno
Nel cuore del Maramureș: il silenzio sacro delle chiese di legno
In Romania, nel Maramureș, una terra dove la modernità sembra arrivare con lentezza, si nasconde un patrimonio di legno e spirito: chiese secolari immerse nel verde e nel silenzio, quasi sempre accanto a un cimitero. Le chiese di legno del Maramureș non sono semplici edifici religiosi. Sono testimoni viventi di una civiltà contadina che ha […]
Nel cuore del Maramureș: il silenzio sacro delle chiese di legno
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Nel cuore del Maramureș: il silenzio sacro delle chiese di legno
In Romania, nel Maramureș, una terra dove la modernità sembra arrivare con lentezza, si nasconde un patrimonio di legno e spirito: chiese secolari immerse nel verde e nel silenzio, quasi sempre accanto a un cimitero.
Le chiese di legno del Maramureș non sono semplici edifici religiosi. Sono testimoni viventi di una civiltà contadina che ha saputo trasformare il legno – materiale tanto umile quanto nobile – in arte, fede e identità. Realizzate con lo stesso legno delle case e dei portali monumentali che incorniciano i villaggi, queste chiese si fondono con il paesaggio. Non lo dominano: lo ascoltano e lo raccontano.
Il loro fascino non nasce da firme di architetti celebri, ma dalla sapienza tramandata da generazioni di artigiani, che nei secoli hanno creato una vera e propria scuola del legno. In particolare, la zona del bacino dell’Iza – con villaggi come Ieud, Bârsana, Rozavlea, Șieu e Botiza – custodisce decine di queste piccole cattedrali lignee.
A colpire, a prima vista, è la verticalità sorprendente. Il corpo principale è semplice, rettangolare, con tre ambienti disposti da ovest a est; ma è il campanile, slanciato e affilato, a catturare lo sguardo. Alte anche decine di metri, queste strutture ricordano frecce puntate verso il cielo e incarnano il tratto distintivo dello stile definito “gotico del Maramureș”.

Non erano solo elementi estetici: fungevano da punti di osservazione, torri di guardia e, in seguito, veri e propri campanili. Tutto era realizzato con legno locale – conifere leggere e flessibili, querce, olmi – e giunzioni prive di metallo: solo incastri e chiodi di legno, spesso di tasso. Le coperture in scandole, spesso a coda di rondine, proteggevano – e proteggono ancora – la chiesa dalle intemperie.

Ciò che rende uniche queste architetture è la loro ricchezza simbolica. Intagli, motivi scolpiti e forme ancestrali raccontano un mondo in cui il sacro e il profano si intrecciano. All’interno, le pareti lignee si trasformano in narrazioni dipinte che illustrano episodi della Bibbia con uno stile semplice e diretto. L’intento è chiaro: educare, ispirare, tramandare valori. I colori predominanti sono il bianco, il rosso e il blu; talvolta, le pitture si sviluppano su tela applicata alle pareti, trasformando lo spazio in una piccola pinacoteca di paese.
Il legno qui non lascia spazio al vuoto: ogni centimetro è colmo di immagini, motivi e colori, in quella densità decorativa che gli storici dell’arte chiamano horror vacui.

Le chiese di legno sorsero tra il XIV e il XIX secolo, raggiungendo un numero impressionante: oltre tremila tra Maramureș e Transilvania. Il tempo, il clima e i cambiamenti sociali hanno ridotto questa eredità a circa seicento esemplari, molti dei quali ancora in Maramureș. Le più antiche, esposte per secoli alle intemperie, sono state in parte ricostruite – spesso nei tetti e nei campanili – per conservarne almeno la forma originaria.
Il loro sviluppo fu influenzato anche dalla storia politica: durante il governo austro-ungarico (1867-1919) non venne formalmente proibito agli ortodossi di costruire in pietra, ma furono imposte politiche di “magiarizzazione” che rendevano ostile l’espressione dell’identità romena. La lingua ungherese divenne ufficiale e si favorì la conversione al cattolicesimo, soprattutto dei fedeli greco-cattolici, per rafforzare il controllo religioso.
Dopo il 1990, si è assistito a una rinascita: nuove chiese e complessi monastici sono sorti nel solco della tradizione, ma con proporzioni più monumentali. Oggi otto chiese di legno del Maramureș, tutte appartenenti alla Chiesa ortodossa romena, sono patrimonio UNESCO: Bârsana, Budești-Josani, Desești, Ieud, Plopiș, Poienile Izei, Rogoz e Șurdești. Questi luoghi non sono solo mete turistiche – anzi, di turisti se ne vedono pochi – ma spazi di preghiera, memoria e identità. Entrarvi significa respirare il profumo di resina e incenso, percepire il suono del legno sotto i piedi, ascoltare la voce di un popolo che ha custodito il proprio spirito attraverso secoli di arte lignea.
A Ieud si trovano due chiese di legno. La chiesa di Ieud Șes, lungo la via principale, fu costruita tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento.

Secondo la leggenda, il fuorilegge Pintea contribuì al finanziamento con un cappello pieno di monete d’oro, donato agli abitanti che raccoglievano fondi nelle zone più ricche. Invitato alla consacrazione, portò anche l’enorme pietra che ancora oggi si trova all’ingresso.
Nel cimitero, si conserva una stele colorata, come quelle che caratterizzano il
Cimitero allegro di Săpânța
.
La seconda, Ieud Deal, patrimonio UNESCO, sorge su una collina. Le analisi dendrocronologiche del 1997 ne hanno datato la costruzione al primo decennio del XVII secolo. Nel solaio, fu rinvenuto il celebre “Codice di Ieud”, datato da alcuni studiosi al XIV secolo ma su carta prodotta in Polonia tra il 1610 e il 1640.
Costruita con robuste travi di abete, la chiesa della “Natività della Madre di Dio” si distingue per la torre campanaria a base quadrata, con un elegante loggiato di nove pilastri collegati da archi semplici, sormontato da una copertura in scandole sottile come un ricamo.
All’interno, le pitture su tela preparata a calce e fissata alle pareti richiamano lo stile di Alexandru Ponehalski: riquadri rettangolari in registri sovrapposti, simmetria rigorosa, volti dalla fronte alta, occhi grandi e allungati, sguardi malinconici, sopracciglia arcuate unite, labbra piene, orecchie a “C”. I personaggi vestono abiti post-bizantini, ma con elementi del costume popolare e tocchi di moda settecentesca. Sullo sfondo, architetture tradizionali e tetti barocchi a bulbo; nella tavolozza dominano i toni caldi del rosso mattone, alternati a ocra, marrone, verde oliva e blu-grigio.

Un’altra chiesa degna di una visita è quella di Santa Parascheva a Desești, anch’essa patrimonio UNESCO. Costruita intorno al 1770, conserva splendide pitture post-bizantine di Radu Munteanu e Alexandru Ponehalski. In origine greco-cattolica, passò in seguito alla Chiesa ortodossa.
Si tratta di un edificio di grandi dimensioni, realizzato con legno proveniente dalla vicina Valea Caselor. Alcune fonti parlano di olmo, altre di legno duro generico. L’intera struttura è frutto di tecniche tradizionali: incastri perfetti, senza un solo chiodo metallico.

All’interno, un ricco ciclo pittorico intreccia episodi dell’Antico e del Nuovo Testamento, organizzati in fasce decorate con foglie e fiori – spesso tulipani – su tralci sinuosi. Le scene, più accostate che collegate narrativamente, trovano armonia nel ritmo decorativo. Le figure sono per lo più frontali, con gesti minimi; gli abiti, rigidi, cadono in pieghe dritte, tracciate in nero e illuminate di bianco.


Il Giudizio Universale, illustrato su tutte le pareti del nartece, è il dipinto più interessante: Gesù giudice, assistito da angeli tubicini e apostoli, è l’elemento centrale, sotto al quale è collocata l’etimasia del trono presso il quale sono inginocchiati Adamo ed Eva. I tre patriarchi tengono tra le braccia le anime degli eletti.
Nella decorazione pittorica, l’Inferno si estende su tre pareti, costruendo un racconto visivo dal forte impatto morale e simbolico. Un fiume di fuoco rosso, che sgorga dai piedi di Gesù, scende fino alla bocca spalancata del Leviatano, figura mostruosa che inghiotte le anime dannate. L’iconografia è originale: diavoli caricaturali spingono carriole piene di peccatori, suddivisi per categorie (omicidi, lussuriosi, monache infedeli ai voti), mentre altri, come ladri e falsi giudici, sono trascinati dalla corrente infuocata.

La scena è arricchita da episodi moralizzanti: due diavoli torturano una giovane colpevole di aver dormito di domenica invece di assistere alla messa. Nella parte alta, tre figure allegoriche – Morte, Peste e Fame – siedono in atteggiamento solenne, a simboleggiare le grandi piaghe dell’umanità. Altri supplizi sono rappresentati con crudezza: un diavolo strappa la lingua di un bugiardo, un altro colpisce con l’ascia un giovane matricida.
Un registro pittorico intermedio raffigura le pene eterne: il fuoco, le tenebre, lo stridore di denti e il verme immortale, elementi ricorrenti nella tradizione post-bizantina. Nel registro superiore della parete sud, Mosè è ritratto mentre conduce i popoli pagani al tribunale di Cristo, ciascuno identificato da iscrizioni – Ebrei, Turchi, Tedeschi, Tartari, Franchi – in una chiara visione universale del giudizio. Sopra la scena infernale, sul lato sinistro, compare la parabola delle Dieci Vergini, la cui collocazione evidenzia il legame escatologico con il Giudizio Universale.
Lo schema compositivo, la ripartizione in registri e la presenza di iscrizioni esplicative riflettono lo stile narrativo delle pitture murali del Maramureș del XVIII secolo, dove la forza del messaggio morale si fonde con una vivace caratterizzazione etnografica dei personaggi, dai costumi tipici dei vari popoli alle posture espressive, in un linguaggio pittorico immediato e destinato a colpire lo spettatore.
[Maria Teresa Natale]
Per la redazione di questo testo, in aggiunta agli elementi raccolti durante un visita dei siti, abbiamo consultato:
- il sito web dedicato alle chiese del Maramureș iscritte nel patrimonio UNESCO.
- il sito web Visioni dell’Aldilà: Giudizio universale, Apocalisse, Inferno, Paradiso
Nel cuore del Maramureș: il silenzio sacro delle chiese di legno