Lunedì 18 Agosto 2025 18:08
Da Valea Cernei a Obârșia-Cloșani lungo la via Transilvanica a piedi in Terra Romana lungo la via Transilvanica
Da Valea Cernei a Obârșia-Cloșani lungo la via Transilvanica a piedi in Terra Romana lungo la via Transilvanica
Il nostro racconto del cammino lungo la Via Transilvanica, segmento Terra Romana nel sud della Romania, prosegue con la descrizione della terza tappa. Nel post precedente vi avevamo raccontato la tappa da Prisăcina a Valea Cernei, qui potete leggere le impressioni della tappa successiva che ci ha condotto da Valea Cernei a Obârșia-Cloșani, nel distretto di […]
Da Valea Cernei a Obârșia-Cloșani lungo la via Transilvanica a piedi in Terra Romana lungo la via Transilvanica
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Da Valea Cernei a Obârșia-Cloșani lungo la via Transilvanica a piedi in Terra Romana lungo la via Transilvanica

Il nostro racconto del cammino lungo la Via Transilvanica, segmento Terra Romana nel sud della Romania, prosegue con la descrizione della terza tappa. Nel post precedente vi avevamo raccontato la tappa
da Prisăcina a Valea Cernei
, qui potete leggere le impressioni della tappa successiva che ci ha condotto da Valea Cernei a Obârșia-Cloșani, nel distretto di Mehedinți, nella regione storica dell’Oltenia. Un indimenticabile itinerario di circa 19 chilometri.Nonostante il temporale della sera precedente, ci muoviamo di buon’ora dopo una gustosa colazione, sotto un cielo grigio e carico di nuvole. L’aria è umida e la nebbia avvolge il paesaggio, rendendolo quasi irreale. Chiediamo a Marius, il proprietario della guesthouse dove abbiamo alloggiato, di accompagnarci in auto per i primi quattro chilometri lungo la strada nazionale: non molto trafficata, ma comunque potenzialmente pericolosa per chi cammina. Ci lascia nei pressi di un cippo della Via Transilvanica, al bivio con una strada secondaria e poco frequentata. È lì che facciamo iniziare la nostra tappa.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Camminiamo fiancheggiando il fiume Cerna, lambito da un’alta parete rocciosa e movimentato da una serie di rumorose cascatelle che spezzano il silenzio. Dopo circa un chilometro e mezzo, uno di noi si accorge di aver dimenticato il cellulare in macchina. Proprio in quell’istante la pioggia inizia a cadere più copiosa. Panico? Per un attimo sì.
Avevamo appena superato una proprietà con un’auto parcheggiata: pensiamo di chiedere aiuto, ma un cane abbaiante ci scoraggia. Poi, quasi per caso, compare un ragazzo che ci viene incontro e, con grande gentilezza, accetta di riaccompagnare il nostro compagno di cammino alla guest-house. Il cellulare è ancora lì, in auto: tutto si risolve senza conseguenze. E come spesso accade in cammino, anche un piccolo imprevisto diventa l’occasione per un incontro inaspettato.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Il nostro salvatore si chiama Dorel. Vive in un igloo sulle sponde della Cerna, è un artista che lavora soprattutto con la fotografia in bianco e nero. Anche la compagna è un’artista – non ci dice il nome, ma sorride dicendo che è “famosa”. Lo ringraziamo con riconoscenza e riprendiamo il cammino sotto la pioggia, che ci accompagna ancora per qualche chilometro.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Finalmente l’acquazzone si arresta e, prima di addentrarci in un sentiero nella foresta, ci fermiamo nei pressi di uno stagno silenzioso, disseminato di ninfee e di vegetazione acquatica.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
L’atmosfera è sospesa, quasi irreale. Mi concedo qualche istante per catturare alcuni scatti che, nei riflessi e nei colori, sembrano usciti da un quadro impressionista.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Poco più avanti sotto una freccia della Transilvanica, un cartello segnala la presenza di apă – l’acqua – la risorsa più preziosa per ogni camminatore. Sostiamo qualche minuto alla vicina fontana prima di affrontare una salita, lunga ma costante e quasi mai ripida.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
A differenza dei giorni precedenti, non fa caldo e teniamo un buon ritmo costeggiando pareti di roccia calcarea.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Ma la tregua dura poco: ricomincia a piovere. Non ci sono lampi né tuoni, e così non temiamo di addentrarci nella foresta. La pioggia dapprima leggera si fa via via più fitta, e avvolti nelle mantelline continuiamo a camminare in silenzio. Solo i nostri passi e il battito delle gocce sul terreno rompono l’immobilità del bosco. Nessun canto d’uccello, nessun fruscio d’animale: la vita sembra essersi nascosta altrove.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
All’improvviso la pioggia cessa. La luce filtra tra i rami e il bosco sembra risvegliarsi lentamente. I faggi, ancora grondanti d’acqua, riemergono davanti a noi come antichi custodi: sono sempre stati lì, ma solo ora, liberi dal velo dell’acqua, riesco a vederli davvero.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Il paesaggio è quasi irreale, siamo in quattro ma ognuno cammina immerso nei propri pensieri. E io inizio a immaginare che, forse, ognuno di questi faggi custodisce una storia da raccontare: leggende e memorie che attendono soltanto chi sappia fermarsi ad ascoltarle.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Un cuore inciso sulla corteccia mi fa pensare a due giovani che qui si sono promessi amore eterno. Forse si incontravano di nascosto, lontano dal villaggio, trovando nel bosco la loro intimità. La pioggia li avrà sorpresi anche allora, e il tempo avrà cancellato i loro volti, ma i nomi restano lì. Intrecciati come i rami sopra le loro teste, intrecciati come i loro destini.
Sui tronchi scorrono anche incisioni consumate dal tempo: iniziali, date, simboli incerti. Mi immagino viandanti di decenni o secoli fa che, stanchi dal cammino, hanno trovato riparo sotto queste fronde. Con un coltello hanno inciso un segno, sperando che qualcuno, un giorno, lo avrebbe notato. Piccoli frammenti di vita, lasciati come messaggi al futuro.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Ed ecco il guardiano del bosco: due occhi che scrutano i passanti, un naso severo, la corteccia come pelle rugosa. È lo spirito antico che controlla chi passa, custode delle memorie del bosco. Oppure forse è un folletto burlone che si è camuffato: gli occhi grandi sembrano ridere e quel naso lungo pare fatto apposta per carpire segreti.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Alcuni tronchi portano segni profondi, tagli che sembrano ferite mai rimarginate. Forse erano prove d’ascia, o tentativi interrotti, quando un uomo aveva deciso di abbatterli. Mi sembra di sentirli sussurrare la paura di quei giorni, il timore di non sopravvivere. Eppure sono rimasti in piedi, cicatrizzati, più forti e resistenti di prima. Su certi tronchi, i fori sembrano trasformarsi in binocoli puntati verso la strada, quasi strumenti di vedetta per avvistare i taglialegna in arrivo, oppure in strumenti musicali che, con il vento, provano ad avvertire la foresta del pericolo. Ma dentro di loro aleggia ancora un timore: quello per i taglialegna moderni, ben più pericolosi con i loro macchinari capaci di radere al suolo interi boschi in poche ore.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Guardando la faggeta sembra di scorgere una grande famiglia. I più vecchi, alti e robusti, fanno da scudo ai giovani che crescono all’ombra, mentre altri si allungano poco più in là come cugini curiosi. Le radici sotterranee li uniscono in un’unica rete invisibile. Non sono alberi isolati, ma fratelli che condividono forza e nutrimento.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Da un unico ceppo si innalzano cinque faggi, stretti l’uno all’altro come fratelli inseparabili. Giovani e vigorosi, crescono paralleli, sostenendosi a vicenda, e sembrano confidarsi segreti attraverso le loro cortecce. Le loro chiome si intrecciano in alto, come mani che non vogliono lasciarsi. È la prova che la vita, anche dopo una ferita, sa rinascere moltiplicata. Ci ricordano che la forza non è mai solitaria, ma nasce sempre dallo stare insieme.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Un groviglio di radici emerge dalla terra, intrecciate e aggrovigliate come fili di una trama nascosta. Vengono spontanee le domande: a cosa si stanno aggrappando? Forse a rocce profonde, forse a vene d’acqua invisibili. O forse tengono stretto un segreto antico, perché il bosco non si lasci portare via dal tempo.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Tra i faggi compaiono, qua e là, alcune betulle, facilmente riconoscibili per i loro tronchi bianchi che spiccano nell’ombra del bosco. Sembrano figure delicate, quasi presenze femminili in mezzo alla solidità scura dei faggi. La loro corteccia chiara riflette la pioggia e la luce, illuminando il sottobosco. È come se il bosco stesso volesse variare il ritmo del suo racconto.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Oggi non si vede traccia di uccelli o roditori, ma il bosco custodisce i loro passaggi. Mi immagino gli scoiattoli correre tra i rami, i picchi battere sul legno, gli insetti riposare sotto la corteccia. In questi tronchi trovano rifugio, nei rami riparo, nelle radici cibo. Anche se invisibili, la loro presenza continua a dare vita al bosco. So che sono lì, anche se non si manifestano. In certi angoli più ombrosi, il gioco della pioggia e della luce crea figure misteriose. Ombre sottili si muovono tra i tronchi, come spiriti antichi o viandanti di un’altra epoca. I rami piegati sembrano trasformarsi in porte e sipari, pronti ad aprirsi su un teatro invisibile. Il bosco diventa allora un luogo sospeso, dove realtà e immaginazione si confondono.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Più avanti, una fila di tronchi giovani si erge ordinata, parallela, come un coro o un’orchestra o le canne di un organo in attesa di suonare. Non hanno strumenti, eppure producono la loro musica: lo stormire delle foglie. Ogni folata di vento cambia il ritmo, a volte lieve e carezzevole, altre impetuoso e fragoroso. È la sinfonia segreta della foresta.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Alla fine, il sentiero si stringe e il bosco sembra volerci trattenere ancora. Poi, due faggi possenti, i guardiani della foresta, al limitare di una radura par che alzino i loro rami per farci passare. Sentiamo di aver lasciato alle spalle un mondo abitato da voci, memorie e leggende. È come se ogni albero, giovane o vecchio che sia, custodisca una novella mai scritta. Potrebbe essere un noir, come Il segreto inciso nella corteccia, o una storia d’amore dal titolo La promessa sotto il faggio oppure Storia d’amore impossibile tra un faggio e una betulla. E magari, tra radici contorte e rami possenti, potrebbe trovare spazio anche un racconto di cappa e spada, come La leggenda del cavaliere dei Carpazi. Storie immaginarie che il bosco sembra voler sussurrare a chi ha fantasia per scriverle e tempo per ascoltarle.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Lasciamo a malincuore la foresta incantata e giungiamo in un’ampia radura ventosa a 1100 metro sul livello del mare. Il sole fa capolino tra le nuvole, illuminando un panorama infinito fatto di cime che si rincorrono all’orizzonte.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Al limitare della radura, cerchiamo la familiare T arancione che ci indica la direzione, stavolta ci augura anche: “Cale buna!” che interpretiamo come “Buon cammino!”.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Il tempo, in cammino, scorre come in una clessidra: a volte lento, quasi immobile, altre volte sembra correre via troppo in fretta. È questo ciò che ci vuole comunicare il cippo con la clessidra che sta proprio qui. E il tempo non ce lo stiamo godendo, anche quando ci fermiamo per gustare delle deliziose fragoline di bosco sul ciglio della strada.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Ci attende la parte finale del percorso, una lunga discesa verso la meta finale della giornata. È la parte più faticosa: il cammino si snoda sull’asfalto e, per non affaticare troppo le ginocchia, siamo costretti a procedere a zig zag, sapendo che devono restare in forma per le prossime tappe. Dal fitto della foresta siamo passati a camminare in un’area scoperta, fiancheggiando una parete di pietra che crea curiose geometrie.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
A un certo punto incontriamo un’anziana coppia, Jeana e Traian, che rientrano al villaggio accompagnando con amore la loro preziosa capra. È un’immagine di vita semplice e autentica che ci strappa un sorriso e che rimarrà tra i ricordi di questa giornata.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Man mano che ci avviciniamo al centro abitato, il paesaggio cambia: i segni dell’uomo si fanno più presenti, con alberi da frutto, cataste di legname e covoni che raccontano il ritmo della vita quotidiana.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Finalmente raggiungiamo la cittadina di Obârșia Cloșani, con una chiesa, una scuola, dei negozi. Non ci mettiamo molto a trovare il nostro alloggio, dove ci accoglie con calore Maria Achim. La sua casa, costruita negli anni Quaranta del Novecento, è semplice ma accogliente: qui ospita i camminatori della Transilvanica, offrendo ristoro e compagnia.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Maria ci porge subito una birra e una bevanda fresca a base di estratto di abete. Non manca di offrirci con generosità dei lamponi che abbiamo adocchiato nel suo giardino. Poi, a cena, si siede con noi e ci racconta un po’ della sua vita: ha tre figli – una dottoressa, un silvicoltore e un ingegnere – e due nipoti. Lei stessa gestisce anche un centro estivo per bambini, con la stessa cura e dedizione con cui accoglie noi viandanti.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Dopo una giornata intensa e carica di emozioni, cui segue una gustosa cena tradizionale, è finalmente tempo di riposare. La temperatura è calata: dopo il caldo dei giorni precedenti, questa volta servono le coperte.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Di questa tappa, oltre ai cippi chilometrali, riportiamo con noi la simpatia di Dorel, la magia della foresta incantata, le riflessioni proposte dalla clessidra, la simpatia di Maria Achim.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
[Maria Teresa Natale, itinerario percorso l’8 luglio 2025]
Se lo desideri, puoi leggere la prosecuzione del racconto che illustra la tappa da Obârșia-Cloșani a Isverna.
Informazioni utili:
- Sito web della Via Transilvanica
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Alloggio a Obârșia-Cloșani: Cada di Maria Achim,cell. 0040742042406 (Whatsapp)
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