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Martedì 19 Agosto 2025 21:08

In terra Romana da Obârșia-Cloșani a Ciresu lungo la Via Transilvanica

In terra Romana da Obârșia-Cloșani a Ciresu lungo la Via Transilvanica


Siamo giunti al racconto della quarta e quinta tappa del nostro cammino lungo la Via Transilvanica, nel segmento Terra Romana. Nel post precedente vi avevamo parlato della tratta da Valea Cernei a Obârșia-Cloșani; qui potete leggere le impressioni delle due tappe successive, che in due giorni ci hanno condotto da Obârșia-Cloșani a Isverna (11 chilometri) […]

In terra Romana da Obârșia-Cloșani a Ciresu lungo la Via Transilvanica


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In terra Romana da Obârșia-Cloșani a Ciresu lungo la Via Transilvanica


Siamo giunti al racconto della quarta e quinta tappa del nostro cammino lungo la Via Transilvanica, nel segmento Terra Romana. Nel post precedente vi avevamo parlato della tratta
da Valea Cernei a Obârșia-Cloșani
; qui potete leggere le impressioni delle due tappe successive, che in due giorni ci hanno condotto da Obârșia-Cloșani a Isverna (11 chilometri) e da Isverna a Cireșu (25 chilometri), in Oltenia.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA

Dopo aver salutato Maria Achim, lasciamo la cittadina di Obârșia-Cloșani e, di fronte all’edificio del Comune, imbocchiamo una salita piuttosto ripida per un paio di chilometri. Lungo il percorso incrociamo un cicloturista tedesco: pedala con i sandali nonostante il terreno pietroso. È appena andato in pensione e sta realizzando un sogno: affrontare un lungo viaggio in bicicletta, da solo, mentre la moglie è rimasta a casa.

In cima, a circa 750 metri di altitudine, attraversiamo prati fioriti in un’ampia radura, dalla quale si gode una splendida vista sulle montagne circostanti. Il vento soffia forte e ci copriamo. Poco oltre incontriamo due coppie di faggi secolari, hanno almeno quattrocento anni, davanti a loro ci sentiamo piccoli, minuscoli. Non possiamo che osservarli con rispetto.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Un attimo di esitazione: un gruppo di cani ci viene incontro abbaiando, ma il pastore li richiama subito e possiamo proseguire senza problemi, non senza prima aver tentato uno straccio di conversazione col supporto del traduttore automatico.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Il sentiero si addentra tra altissime felci, che sembrano appartenere a un mondo antico. Poco dopo rimaniamo incantati da un paesaggio rurale: cavalli al pascolo, campi appena tagliati, cicogne che passeggiano nei prati.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Un giovane cavalca un cavallo da monta e raggiunge un gruppo di contadini che stanno spargendo l’erba con forconi di legno per farla seccare. È stata appena falciata con lame affilate, che trasformano i campi in prati regolari. In genere, dopo lo sfalcio, l’erba raccolta in piccoli mucchi si secca in un paio di giorni, tempo permettendo. Poi si ergono i tipici covoni a forma di pera: si appuntisce un palo lungo circa sei metri, lo si pianta nel terreno e lo si fissa con pietre. Sopra si crea un letto di rami per favorire la circolazione dell’aria e il fieno viene disposto strato dopo strato attorno al palo. Pian piano il covone cresce e una ragazza si arrampica per sistemare la parte più alta, lanciata dai forconi. A lavoro ultimato, scivola giù lungo un palo liscio ricavato da un tronco.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Ci fermiamo a mangiare all’ombra di un albero e notiamo una ragazza seduta su un muretto lungo la stradina sterrata: medita? prega? Chissà. Dopo un po’ scompare e riappare con una falce in spalla, incamminandosi verso la collina.

Proseguiamo per alcuni chilometri, fermandoci ogni tanto a gustare delle deliziose prugnette gialle che spiccano sugli alberi. Poco dopo il sentiero incrocia una strada asfaltata all’altezza di una cappellina: ci stiamo avvicinando a Isverna. Lungo la via, dei ragazzi giocano a pallone; il traffico di auto è quasi inesistente.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Sopra un palo della luce osserviamo un grande nido, abitato da una coppia di cicogne con i loro piccoli. Ogni anno, a marzo, il maschio arriva per primo, sempre nello stesso luogo, e prepara il nido sopra un supporto concavo predisposto dall’uomo. La femmina lo raggiunge e depone le uova: la schiusa avviene tra maggio e giugno, quando nascono i piccoli. A fine agosto, quando i giovani sanno già volare, l’intera famiglia parte per un viaggio di quasi diecimila chilometri verso l’Africa. Le cicogne sono monogame e restano insieme tutta la vita. Non hanno bisogno di orologi né di navigatori GPS: incredibilmente non sbagliano mai rotta né stagione. Per monitorare i nidi, la Società Ornitologica Romena ha sviluppato insieme a una compagnia elettrica un’app chiamata Uite barza! (“Ecco la cicogna!”), che permette a chiunque di segnalarne la presenza.

Raggiungiamo il centro del villaggio, una piazzetta con un paio di negozi e la chiesa col cimitero. Una croce sovrasta un monumento con il rilievo di un soldato che imbraccia un fucile: anche qui, come in ogni angolo d’Europa, il villaggio ha pagato il suo tributo di vite alla guerra del ’14-’18.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Un gregge di pecore dal muso nero ci taglia la strada: è la razza ovina Țurcana, rustica e adattabile, diffusa in tutta la Romania e nei Carpazi.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Ad accoglierci per la notte è la Mustafa Guesthouse, una moderna e accogliente struttura realizzata con fondi europei. Siamo gli unici ospiti, ma il servizio è ineccepibile.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Di questa tappa riportiamo a casa i faggi centenari, le felci, le praterie sfalciate, i ricordi dei caduti, le cicogne…

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA

A differenza della tappa precedente, in cui ce la siamo presa molto comoda, quella odierna impone un ritmo più serrato: è lunga e per lunghi tratti completamente scoperta.
Lasciamo il villaggio di Isverna costeggiando graziose casette colorate – rosa, verdi, gialle – con tetti spioventi, fino a raggiungere un bel sentiero.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Qui le felci arrivano addirittura alla nostra altezza. Di tanto in tanto, all’aprirsi delle praterie, il paesaggio si spalanca sui Monti Retezat, fino a scorgere il massiccio del Godeanu, che avevamo lambito anche nel nostro cammino in Terra Dacica.

Inaspettatamente raggiungiamo un piccolo villaggio, Balta, con una chiesa decorata da sfavillanti mosaici dorati. Una vecchietta velata, vestita di nero, ci osserva silenziosa all’ombra di un albero, mentre ci togliamo gli zaini e contempliamo le decorazioni: Pietro e Paolo con il modellino della chiesa, gli alberi genealogici di Cristo e della Vergine Maria.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
La sosta è breve, un sorso d’acqua e via. Costeggiamo una serie di casette, tra cui quella del “signor Cornu”, misterioso personaggio che – a giudicare da disegni, sculture e iscrizioni sulla porta e sulle pareti – fece tanti mestieri diversi.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Raggiungiamo una strada asfaltata: siamo nel Comune di Gornovița. Il paesaggio non varia – covoni, nidi di cicogne, alveari – eppure non annoia mai. Lungo un canneto scorgiamo una cerbiatta col suo piccolo che fuggono appena percepiscono la nostra presenza. Sostiamo a mangiare in una radura presso un agglomerato di tife, con gli steli lunghi e sottili che culminano nelle tipiche spighe “a tubo” marrone.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Abbiamo sete, così un signore ci invita a riempire le borracce al pozzo nel giardino della sua casa, proprio nel punto in cui sono parcheggiati alcuni carretti carretti trainati da cavalli: è sorprendente constatare come, ancora oggi, in Romania se ne vedano tantissimi.

Nel bellissimo libro di William Blacker, La via incantata (Milano: Adelphi, 2009), si legge che negli anni Novanta in Romania c’erano più cavalli che in qualsiasi altro paese europeo. Questo nonostante la politica comunista degli anni Cinquanta e Sessanta, che puntava alla modernizzazione forzata del Paese e impose ai contadini di mandare al macello migliaia di animali per sostituirli con i trattori. Fatto sta che, in molte zone rurali, i trattori non si rivelarono un’alternativa valida e i contadini tornarono a utilizzare i cavalli. Del resto, mentre il carburante andava acquistato, la biada si produceva nelle campagne e non mancava mai.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
A volte i cavalli che incrociamo lungo il cammino sono di una bellezza sorprendente. Mentre li guardiamo pascolare, mi viene in mente che potrebbero essere lontani discendenti dei cavalli lipizzani, creati tra il 1560 e il 1570 dall’imperatore Massimiliano II d’Austria incrociando robuste cavalle del Carso con uno stallone spagnolo.

In Romania, e soprattutto in Transilvania, i lipizzani hanno avuto una lunga storia: a Sâmbăta de Jos si trovava la scuderia più grande d’Europa. È facile immaginare che il loro sangue si sia diffuso nei secoli nelle campagne circostanti e, attraverso i mercati, in tutto il paese.

Le scuderie transilvane furono fondate nel XIX secolo per rifornire la cavalleria asburgica. Quando, nel 1918, la Transilvania fu annessa al Regno di Romania, non tutti i cavalli poterono essere portati via: molti rimasero qui. La casa reale rumena continuò a prendersene cura, e persino dopo la presa del potere comunista nel 1948 le scuderie sopravvissero. Solo con la Rivoluzione del 1989 lo Stato smise di finanziarle: i cavalli furono venduti ai privati e così si concluse la straordinaria storia delle scuderie lipizzane.

La grande storia non si manifesta solo nei destini dei cavalli o nelle vicende dei regni: lungo il cammino riaffiora anche nei segni di pietra lasciati per ricordare gli uomini: come un altro obelisco in memoria dei caduti della Grande Guerra, all’altezza di un bivio per una sterrata. Qui, quasi a bilanciare la solennità del monumento, la vita quotidiana ridiventa protagonista: una dozzina di Guendaline e Adeline starnazzanti ci viene incontro, mentre due cani sonnecchianti ci osservano placidi all’ombra di un carretto.

Inizia a cadere qualche goccia di pioggia, ma smette in fretta. Ogni dettaglio diventa una scusa per fermarsi: un vecchio crocifisso arrugginito sormontato da una colomba, un albero da frutto, un cespuglio di fiori.

Foto: Maria Teresa Natale, CC By NC SA
Foto: Maria Teresa Natale, CC By NC SA
Siamo ormai nel territorio di Podeni. Una vecchia sterrata pianeggiante è stata asfaltata, rendendo il cammino più monotono e faticoso. Chissà, forse ora che la Romania è entrata nell’Unione Europea, anche qui si spendono con troppa facilità fondi per asfaltare strade che un tempo erano semplici piste di terra e che tutt’oggi sono percorse da poche automobili.

Costeggiamo un cippo chilometrale con incisa una ciliegia: segno che ci stiamo avvicinando al villaggio di Cireșu, zona rinomata per la produzione di ciliegie (che in rumeno si dicono “cirese”).

Salutiamo un vecchio che attende la sua vacca al pascolo, ci attardiamo a giocare con un asinello e infine raggiungiamo il nostro alloggio. Ci vengono incontro Konstin e Neli, che ci mostrano la graziosa casetta di legno dove passeremo la notte. Non essendoci alternative per la cena, ci invitano nella loro splendida casa, costruita sul terreno che un tempo apparteneva al nonno di Konstin. Lui è informatico, lei lavora in progetti europei di sostenibilità ambientale: vivono a Bucarest ma d’estate si rifugiano qui, approfittando delle possibilità offerte dallo smart working.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Quando la loro moderna abitazione con ampie vetrate scorrevoli era in costruzione, abitavano proprio nella casetta che oggi mettono a disposizione dei camminatori della Transilvanica. Di fronte a un’ottima cena, ci intratteniamo in chiacchiere. Come sempre, il cammino è soprattutto occasione di incontri.

Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
Foto: Maria Teresa Natale, CC BY NC SA
[Maria Teresa Natale, tappe percorse il 10 e 11 luglio 2025]

Se lo desideri, puoi leggere la prosecuzione del racconto che illustra la tappa da Ciresu a Drobeta-Turnu Severin.

Informazioni utili:

  • Sito web della Via Transilvanica
  • Alloggio a Isverna:
    Pensiunea „La Mustață”
    cell. 0040741577993 (Whatsapp)
  • Alloggio a Ciresu: Konstin, cell. 0040744677

In terra Romana da Obârșia-Cloșani a Ciresu lungo la Via Transilvanica


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