Giovedì 28 Agosto 2025 11:08
Cucina e Astrologia nell’Antica Roma! – Agosto
Benvenuti alla rubrica mensile Cucina e Astrologia nell’Antica Roma! Ispirata al libro “L’arte della tavola nella Roma Imperiale” di P. Drachline e C. Petit-Castelli, rinnoviamo l’appuntamento della rubrica culinaria per il mese di Agosto. Nell’antica Roma, sebbene non esistessero “ricette zodiacali”, si credeva che la dieta fosse influenzata dagli astri e dalle divinità. Nel Satyricon […]
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Ispirata al libro “L’arte della tavola nella Roma Imperiale” di P. Drachline e C. Petit-Castelli, rinnoviamo l’appuntamento della rubrica culinaria per il mese di Agosto.
Nell’antica Roma, sebbene non esistessero “ricette zodiacali”, si credeva che la dieta fosse influenzata dagli astri e dalle divinità. Nel Satyricon di Petronio, il celebre episodio di Trimalcione descrive un vassoio con i dodici segni zodiacali, ciascuno accompagnato da un piatto specifico, intrecciando cucina e simbolismo astrale.
Unisciti a noi ogni mese per scoprire la storia, i sapori e i segreti della cucina dell’antica Roma, celebrando le tradizioni della nostra capitale attraverso piatti che raccontano la sua ricca cultura!
Petronio nel suo scritto associa il segno zodiacale del Leone a un frutto delizioso, i fichi africani.
Scopriamo quindi un’antica ricetta romana con questo dolcissimo ingrediente! 

Ingredienti per 4 persone:
- 800 gr di arista di maiale (con l’osso)
- 25 fichi secchi
- Miele
- 2 bicchieri di vino passito
- 1 cucchiaio di pepe
- Il succo di mezzo limone
- ½ bicchieri di vino rosso
- 4 panini al latte
- 1 bicchiere di mosto
Tempo di cottura: un’ora abbondante.
Mettete un pezzo di arista di maiale a cuocere in una pentola piena d’acqua in cui avrete messo anche i fichi secchi. Quando la carne sarà cotta, scolatela, staccatela dall’osso e fatela saltare un attimo a fuoco vivo, in padella insieme i fichi ammorbiditi.
Mettetela quindi in un tegame da forno dopo averla spalmata di miele; fatela scottare in forno ad alta temperatura per il tempo necessario a indorarla bene. Intanto preparate una salsa con il passito, il pepe, il limone e il vino rosso. Versatene una metà sulla carne di maiale che avrete tolto dal forno e il rimanente sui panini tagliati a metà e riempiti di mosto. Se non trovate il mosto, potete lasciare i panini a bagno nel vino rosso per mezz’ora.

Paesaggio al chiaro di luna a Nemi, James Forres, 1766
“Nell’antica Roma quando le notti d’agosto si accendevano di mille luci sul Lago di Nemi, nasceva un rito sospeso tra mito e natura: il Nemoralia, la festa delle torce, un momento in cui uomini e dèi parlavano con la stessa voce, le acque si specchiavano nei voti più visceralmente umani, e ogni scintilla diventava promessa di rinascita. Insieme a queste, le Feriae Augusti, auguravano un periodo di riposo e di festeggiamenti. Con la cristianità, la luna lascia il suo simbolismo per una figura nuova, la Vergine Maria e Ferragosto emerge come festa amata e familiare, figlia di un passato antico, ancora vibrante nelle nostre piazze e cuori.”

Rappresentazione della Dea Diana
Immaginando una notte d’estate alle pendici dei colli romano-laziali, nel silenzio della foresta sul Lago di Nemi, fioriva un rituale sospeso nel tempo: il Nemoralia, o “Festa delle Torce”, che prendeva vita tra il 13 e il 15 agosto nell’antica Roma. I fedeli, aristocratici e schiavi, si mescolavano, uniti dai flebili bagliori delle torce che danzavano tra alberi e acque. Le loro mani intrecciavano corone di fiori selvatici e voci sussurravano preghiere legate a nastri sospesi ai rami: erano invocazioni di benessere, rigenerazione, guarigione ed insieme a questi, si compivano riti di purificazione; le donne si lavavano i capelli, li ornavano di fiori, in un gesto sacro di rinascita.
La dea Diana, madre generosa e protettrice, osservava in un abbraccio silenzioso col bosco e i suoi abitanti notturni. Era una delle feste più importanti dell’anno e in epoca più antica vi era associata Proserpina, come Dea luna nera, quando “Diana si nascondeva nelle grotte”, dentro al tempio si celava un’ara sotterrata che apriva il mondo dei Manes, cioè degli Dei ctonii.
Secoli dopo, l’imperatore Augusto plasmò agosto come mese sacro: le Feriae Augusti — un viaggio lungo trenta giorni — iniziando ufficialmente il 1° agosto del 18 a.C. con lo scopo di conciliare devozione, riposo e unità con una fitta trama di feste religiose. Tra queste emergevano i già citati Nemoralia, venerati il 13, e la benedizione silenziosa della natura che entrava in pausa: cavalli, buoi, asini e muli lasciavano il lavoro, venivano adornati di fiori, respiravano la festa tra corse e giochi. In ogni gesto, si rinnovava il patto tra l’impero e chi faticava nei campi: i contadini rivolgevano auguri ai padroni, e in cambio ricevevano un gesto di gratitudine, una mancia che aveva il sapore di dignità e comunità
Col tempo, l’antico bagliore dei Nemoralia si trasformò quando la Chiesa cattolica, nel tentativo di forgiare un ponte tra sacro pagano e rito cristiano, sovrappose la festa dedicata a Diana, al giorno dell’Assunzione di Maria. La luce delle torce si spostarono quindi in cieli sacri: una Vergine che ascende al cielo con anima e corpo, come un’evoluzione silenziosa di quell’antica luna ctonia che veniva venerata sotto gli occhi attenti di Diana. È un dialogo di simboli: la luna, simbolo rappresentato sul capo della Dea, viene calpestato dalla Vergine come simbolo di trionfo, una superstizione trasformata in speranza cristiana.

Nemoralia – la festa di Diana’ XIX secolo
Fonti:
- Pierre Drachline, Claude Petit-Castelli, L’arte della Tavola nella Roma Imperiale 110 ricette degli antichi romani riscoperte per i buongustai d’oggi, S edizioni 1984
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