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Martedì 2 Settembre 2025 11:09

Siti sessisti, Fabris: «La violenza, non solo di genere, online è più reale che mai»



«Segno di un analfabetismo relazionale che riguarda i rapporti tra le persone, sia in presenza sia in rete», spiega il professore di Filosofia morale ed Etica della comunicazione all’Università di Pisa

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La violenza di genere viaggia online. Dopo il Gruppo Facebook “Mia Moglie”, chiuso da Meta per «sfruttamento sessuale di adulti» dopo le denunce da parte di vittime, un nuovo scandalo è venuto alla ribalta: il sito Phica.eu ha pubblicato foto di donne, stavolta anche note, come politiche, giornaliste, attrici, senza il loro consenso. Gli amministratori ora lo hanno chiuso, ma proprio per la presenza di personaggi femminili di spicco sono state forti le reazioni anche dal mondo della politica, tanto che il ministro alla Famiglia e pari opportunità Eugenia Roccella ha annunciato: «Assumeremo e potenzieremo iniziative specifiche per il monitoraggio di situazioni di questo tipo, la segnalazione alle autorità competenti, a cominciare dalla magistratura, e l’individuazione degli strumenti più efficaci per il contrasto di questa barbarie del terzo millennio». Mentre sono state avviate indagini da parte della Polizia postale e la procura di Roma aprirà un fascicolo sui siti sessisti, è evidente un problema che non tocca solo gli aspetti penali di chi partecipa a questi gruppi e siti, ma anche di difficoltà ad arginare il fenomeno e di una cultura sempre più imbarbarita, amplificata dal web e dai social media. Ne parliamo con Adriano Fabris, professore di Filosofia morale e di Etica della comunicazione all’Università di Pisa.

Quanta violenza contro le donne viaggia sul web: prima il Gruppo “Mia Moglie”, ora Phica.eu.
In “Mia Moglie” e Phica.eu c’è un’oggettivazione, una subordinazione del corpo delle donne che rimanda a modelli culturali che credevamo ormai definitivamente superati e sui quali, sia in presenza sia online, deve essere svolta un’operazione di repressione e di educazione. Ma il Gruppo Mia Moglie come il sito Phica.eu sono esempi di violenza online ai danni anche di altre categorie di persone, penso ad esempio a quelle con disabilità. Sono segno di un analfabetismo relazionale che riguarda i rapporti tra le persone, sia in presenza sia nelle relazioni mediate online.

Come bisogna agire per invertire questa pericolosa deriva?
Da un lato, occorre incidere sui nostri comportamenti in generale, per un cambio di prospettiva; dall’altro, bisogna gestire correttamente le piattaforme social. Nel primo caso, è una questione di consapevolezza e di educazione per quanto riguarda il rispetto che si deve a ogni persona e alla dignità delle persone, uomini e donne, di culture diverse, con debolezze e fragilità. Per quanto riguarda gli ambiti delle piattaforme social, sono necessari interventi che riguardano non soltanto i nostri comportamenti e la nostra consapevolezza ed educazione al rispetto, ma anche un impegno da parte delle istituzioni. La comunicazione via social è guidata da certe caratteristiche proprie dell’algoritmo, che vuole mettere in relazione persone simili, che hanno stessi gusti e caratteristiche, quindi enfatizza anche prese di posizione estreme. Si favorisce, così, una sorta di esagerazione e di fondamentalismo che favorisce la visibilità di chi la spara più grossa. Atteggiamenti che sono facilitati dalla possibilità di nascondersi dietro l’anonimato. Inoltre, molti che si rapportano alle immagini attraverso uno smartphone si sentono “meno responsabilizzati” e “meno coinvolti”.

Effettivamente, alcuni appartenenti al Gruppo “Mio Moglie” si sono “giustificati” dicendo che era una “goliardata”, uno “scherzo”.
Non si riesce a capire che quello che noi facciamo sui social è reale, si parla di realtà virtuale ma in quanto realtà ha conseguenze sulla vita concreta delle persone, come le donne in questione che si sono viste trattate come oggetti senza rispetto. Le mogli, le cui foto intime sono state postate su Fb, si sono sentite non solo svergognate ma tradite, hanno perso la fiducia in chi l’avevano riposta. Se postiamo una foto su Facebook, non è uno scherzo, qualcosa che esiste solo in un mondo a parte.

Come superare questi atteggiamenti?
I più giovani vanno educati. Si tratta di un grande impegno che le famiglie e la scuola devono assumersi. Le famiglie su questo fronte sono per lo più silenziose, non c’è un’educazione o un affiancamento ai bambini o ai ragazzi relativamente all’uso delle piattaforme, dei social, del telefonino, anzi si delega molto spesso al cellulare un’attività educativa senza rendersi conto che veicola valori, modalità di comportamento, con quali risultati lo vediamo. I ragazzi, invece, hanno bisogno di essere guidati, perché il web aumenta la capacità, la possibilità di avere informazioni, ma all’interno di tutto questo ci vuole un orientamento, che molto spesso gli adulti hanno rinunciato a dare. È uno dei problemi dell’educazione di oggi, non solo sul web ma in generale. Allora, soprattutto la scuola deve impegnarsi in questa attività educativa e ha le possibilità per farlo. Ad esempio, nella materia di educazione civica ci sono tutta una serie di attività che riguardano proprio l’educazione alla cittadinanza digitale e che devono essere sviluppate, supportate e sostenute.

E gli adulti, responsabili prevalentemente della violenza di genere su “Mia Moglie” e Phica.eu, come si educano?
Gli adulti hanno una sorta di orientamento e vivono per lo più nella loro quotidianità secondo regole, consuetudini, criteri di comportamento in buona parte condivisibili. Il problema è che poi nella realtà virtuale ritengono che queste regole, questi comportamenti condivisibili, questi criteri e principi non debbano essere applicati considerando ciò che si posta come qualcosa di fantasioso, parallelo. È necessaria, perciò, anche una educazione degli adulti sulle ricadute reali del mondo virtuale.

Lei prima accennava a un impegno da parte delle istituzioni. Concretamente che tipo di provvedimenti servono?
Quando si è trattato di donne comuni c’è stata una reazione più blanda, ora che sono state coinvolte donne appartenenti all’ambito della politica, della comunicazione, donne in vista, c’è stata una sollecitazione maggiore a prendere provvedimenti anche nel mondo politico. Ma, effettivamente, non è semplice, per questo è necessario un impegno delle istituzioni. Innanzitutto, i due episodi più noti, quello relativo al Gruppo Mia Moglie su Fb e la piattaforma Phica.eu, sono due situazioni diverse. Facebook ha un codice di autoregolamentazione e di comportamento che dovrebbe intervenire quando si verifichino specifiche trasgressioni.

In teoria… Facebook chiude gruppi o non pubblica post per una parola che ritiene scorretta, però il Gruppo pubblico Mia Moglie era aperto dal 2019. Ed è stato chiuso da Meta solo dopo le recenti denunce.
Esattamente. I social hanno dei codici di autoregolamentazione e di controllo, ma funzionano in maniera non sempre adeguata e rigorosa perché, per motivi economici, un gruppo di questo tipo convogliava tante persone indegne che si collegavano, che lo seguivano e quindi facevano aumentare il traffico e il business. Per questo, il codice di autoregolamentazione non sempre è efficace. Non solo: si sta imponendo un desiderio di deregulation che sta attraversando tutto l’uso delle tecnologie emergenti, perché sta passando l’idea che le regole blocchino lo sviluppo, l’innovazione. Lo abbiamo visto con Twitter, quando è stato comprato da Musk e si è trasformato in X. Twitter aveva il codice etico migliore di tutti i social, che è stato immediatamente cassato quando è diventato X, su cui adesso si può fare di tutto. Abbiamo visto anche per la regolamentazione dei dispositivi di intelligenza artificiale quello che ha fatto Trump. L’aria che tira è proprio quella di andare verso un “libera tutti” ed è particolarmente preoccupante, a mio parere.

Invece, come si contrasta un sito come Phica.eu?
Qui abbiamo a che fare con un sito frutto di un’iniziativa di un gruppo di persone, con ogni probabilità gestito su server esteri. L’intervento è molto più complesso, ci deve essere il collegamento delle Polizie postali di vari Stati per bloccare situazioni simili. In questo caso abbiamo visto che i responsabili del sito lo hanno chiuso, ma bisogna vedere se lo riapriranno sotto altro nome, il mondo della rete non ha un’autorità centrale a cui risponde, non c’è la possibilità molto spesso di comminare sanzioni adeguate o di intervenire tempestivamente sugli abusi che possono essere mediati dal web.

E parliamo di siti visibili a tutti; c’è poi tutto il discorso del dark web.
È proprio così ed è francamente un peccato. Una riflessione va fatta: il web che è nato per aumentare la libertà delle persone, la loro libertà di espressione, la loro ricerca di democrazia, di trasparenza, di verità, come è anche avvenuto in una certa stagione, adesso vede rovesciato il modo in cui viene usata questa libertà, c’è un abuso del mezzo, siamo pieni di fake news, deepfake e di sopraffazione degli uni sugli altri. Occorre in qualche modo individuare norme più stringenti e anche sanzioni più forti ed evidenti. C’è poi un’opera educativa e di sensibilizzazione da diffondere attraverso i mezzi di comunicazione sul fatto che il mondo online è assolutamente reale. Le due vicende di “Mia Moglie” e Phica.eu mostrano chiaramente che la violenza virtuale è reale violenza, anzi la tecnologia aumenta la capacità di violenza dell’essere umano: può diventare una delle armi che vengono oggi più utilizzate per fare del male alle persone, macchiando il buon nome delle persone, presentando le cose in maniera assolutamente falsa. Si può fare tanto male. Questa è violenza reale. (Gigliola Alfaro)

2 settembre 2025

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