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Giovedì 4 Settembre 2025 20:09

IL SOGNO DI SCISCIONE SUL RED CARPET DI VENEZIA

A cura di Ilaria Solazzo Gianfranco Sciscione: la forza tranquilla che ha acceso l’Italia delle

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A cura di Ilaria Solazzo

Gianfranco Sciscione: la forza tranquilla che ha acceso l’Italia delle idee

Visione, sacrificio e riscatto: costruire una carriera autentica in un mondo che corre veloce

Abbiamo incontrato Gianfranco Sciscione in un momento simbolico: alle porte del Festival del Cinema di Venezia, dove sfilano celebrità, artisti, imprenditori e volti noti. Ma dietro ogni abito da red carpet, ci sono storie di riscatto, di fatica, di sogni inseguiti e conquistati. Proprio come la sua.

Fondatore di una delle più solide realtà editoriali italiane, autore dell’autobiografia Il Grande Sogno – Il ragazzo che sognava la televisione, Sciscione rappresenta oggi la figura dell’imprenditore che non ha mai perso contatto con la propria origine. Abbiamo dialogato con lui sull’importanza di costruire una carriera su basi solide, e sul valore umano che si cela dietro ogni volto del successo.

INTERVISTA A GIANFRANCO SCISCIONE

Signor Sciscione, nel suo libro racconta una lunga carriera costruita mattone dopo mattone. Cosa significa per Lei “basi solide”?
Significa costruire con pazienza. Non inseguire il risultato immediato, ma formarsi, sbagliare, imparare e tornare a provarci. Le basi solide sono fatte di valori, disciplina e di piccoli successi quotidiani. Senza queste fondamenta, anche il talento più brillante rischia di crollare al primo ostacolo.

In un tempo dominato dalla visibilità istantanea, quanto conta invece la coerenza?
Conta tutto. La visibilità può far rumore, ma la coerenza fa storia. Ho sempre cercato di essere fedele a ciò che ero, anche quando il mondo sembrava voler cambiare direzione ogni cinque minuti. Essere coerenti non significa essere immobili, ma crescere restando riconoscibili a se stessi.

Parlando di successo, anche il Festival del Cinema di Venezia è oggi simbolo di visibilità. Cosa vede Lei dietro quel tappeto rosso?
Vedo storie. Vedo persone che, spesso, arrivano da lontano. Gente che ha dormito in macchina per inseguire un provino, che ha detto no a lavori sicuri per seguire una passione. Venezia non è solo glamour. È anche una celebrazione del coraggio umano. E questo andrebbe raccontato di più.

Pensa che anche dietro i cosiddetti “vip” si nascondano storie di riscatto?
Assolutamente sì. Molti sono passati da fallimenti, dolori, lutti. Ma la società spesso vede solo il risultato, non il percorso. La vera bellezza sta proprio lì: nel fatto che anche dietro un volto noto può esserci un ragazzo o una ragazza che ha lottato per avere il diritto di essere ascoltato.

Lei ha creato un impero mediatico. Quanto conta oggi l’informazione locale e indipendente?
È essenziale. Viviamo in un’epoca in cui l’informazione globale ci travolge, ma dimentichiamo che la vita accade nei territori. Le televisioni locali, i giornali di quartiere, le redazioni indipendenti danno voce a chi non ce l’ha. E rappresentano ancora un pilastro democratico.

Il suo libro è anche un documento storico. Cosa vuole che resti al lettore?
Voglio che resti un’idea semplice ma potente: se hai un sogno e sei disposto a lavorare duro per realizzarlo, puoi farcela. Anche se non sei nato nel posto giusto, anche se nessuno ti spalanca le porte. Il “grande sogno” è possibile. Ma va costruito. Con testa, cuore e piedi per terra.

Cosa consiglierebbe oggi a un giovane che sogna di fare impresa?
Di non cercare scorciatoie. Di iniziare con quello che ha. Di farsi domande più che cercare risposte pronte. E, soprattutto, di avere una visione che guardi oltre l’interesse personale: un’impresa è qualcosa che deve restare anche quando tu non ci sarai più.

Come vive il rapporto con la sua storia personale, ora che l’ha messa nero su bianco?
Con gratitudine. Raccontarsi non è facile, ma è terapeutico. Ho rivisto i miei inizi, le cadute, le rinascite. Scrivere il libro mi ha ricordato perché ho fatto tutto questo: non per vanità, ma per senso. Oggi lo vedo più chiaramente.

Infine, Signor Sciscione, se potesse dire una sola frase a chi si sente “fuori posto” nel mondo, quale sarebbe?
Direi: non sei fuori posto. Sei solo in cammino. E, a volte, le strade migliori si trovano proprio quando ci si sente smarriti. Se resti fedele a chi sei, prima o poi il tuo posto lo troverai. O lo costruirai.

In un’epoca che ha fretta di correre, la voce di Gianfranco Sciscione ci invita a rallentare, costruire, ascoltare. Il suo libro Il Grande Sogno non è solo la storia di un uomo, ma una dichiarazione d’amore per il lavoro ben fatto, per i sogni che resistono, e per una società che ha ancora bisogno di esempi autentici.

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Dalla fondazione di una piccola emittente a un impero editoriale: l’autobiografia di un uomo che ha fatto della volontà la sua arma più potente.

In un’Italia spesso raccontata attraverso le storie di chi parte già avanti, la vicenda umana e imprenditoriale di Gianfranco Sciscione rappresenta un’eccezione preziosa. Non solo perché è vera, ma perché è diventata un simbolo di ciò che si può ancora costruire nel nostro Paese con determinazione, visione e una profonda fedeltà ai propri sogni.

Nel suo libro Il Grande Sogno – Il ragazzo che sognava la televisione, Sciscione non si limita a ripercorrere 47 anni di carriera nel mondo dell’informazione, ma offre uno sguardo limpido e senza orpelli su ciò che significa davvero partire dal basso. Nel 1978, in una Terracina ancora ai margini della grande comunicazione, fondò Telemontegiove con pochi mezzi e tanta passione. Oggi, quel sogno si è trasformato in un gruppo editoriale che abbraccia televisioni, giornali, portali online e produzioni multimediali.

Ma ciò che più colpisce non sono i numeri. È la coerenza di un uomo che ha saputo restare fedele a se stesso anche quando il successo avrebbe potuto travolgerlo. Gianfranco Sciscione non racconta una scalata dorata, ma un viaggio fatto di ostacoli, porte chiuse in faccia, sacrifici familiari e decisioni sofferte. Eppure, il tono non è mai vittimista: è concreto, positivo, orientato sempre al fare.

“Volli, e volli sempre, e fortissimamente volli”, scrive Sciscione, citando Alfieri. Una frase che non è messa lì per impressionare, ma perché lo rappresenta davvero.

Il suo è il ritratto di un’Italia che lavora, sogna e resiste. Un’Italia che non cerca scorciatoie, ma sfida le regole se le sente ingiuste. Che non si arrende al monopolio dell’informazione, ma costruisce reti alternative, dà voce ai territori, investe nelle persone.

In un’epoca in cui la parola “merito” rischia di diventare un mantra vuoto, Il Grande Sogno restituisce dignità al concetto originario: la capacità di trasformare il talento in realtà attraverso la fatica, la costanza e, soprattutto, la volontà.

Quella di Gianfranco Sciscione non è solo una storia da leggere. È una storia da custodire. Perché dimostra, con i fatti, che anche in un sistema imperfetto c’è ancora spazio per chi sogna forte. E non si ferma finché non ha costruito la sua visione.

Il libro Il Grande Sogno non è un monumento al passato, ma una bussola per chi vuole ancora credere che le imprese migliori nascono dalla volontà di chi rifiuta di arrendersi. Gianfranco Sciscione non ha inseguito la televisione. L’ha costruita. E, così facendo, ha costruito se stesso.


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